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Maurizio Sarri

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L’ironia, dicono quelli che hanno fatto le scuole alte, è come il baciamano: se non riesce, il sottile velo che divide stile e goffaggine precipita e si finisce nell’album delle figuracce.

Povero Maurizio Sarri, allenatore tormentato della Juve, intristito e mesto per non riuscire a trovare la chiave del cuore per sedurre la Vecchia Signora. Voleva fare un esempio: chi fa l’allenatore di calcio è sempre sotto esame, chi non vuole stare sotto la lente delle pressioni sceglie le Poste. Come ormai accade ogni istante, da quando ci sono più tastiere che teste, si è scatenato il putiferio.

Ma non dei tifosi. No, quelli rosicano già per conto loro. A indignarsi sono stati i manager delle Poste, i quali ci hanno tenuto a francobollare che anche la loro azienda compie esami, controlli e preme sui dipendenti non efficienti.

Scambio di corrispondenza chiuso? No, mica finisce così. Il mugugno è dei malcapitati che aspettano lettere, bollette, avvisi, i quali vedono più spesso un segnale dal cielo che il postino appalesarsi davanti al loro uscio. Ma non suonava due volte? Sì, in passato e nei film, ora con i tagli è più difficile avvistare il portalettere che Di Maio e Salvini in libreria. Rari come la foca monaca, le linci, le promesse mantenute di Renzi. E sfogliando gazzette e siti non risultano postini esonerati per la sindrome di Ulisse, in giro senza mai trovare la cassettina. Fatti delle Poste: insieme con le Ferrovie inserite da Giulio Andreotti in cima alla lista delle gestioni oltre i limiti umani.

Ma una tiratina di orecchie Sarri la merita, proprio perché lui si ritiene uomo di letture, oltre che cultore e studioso di schemi pallonari. L’errore non è stato sfruguliare quelli delle Poste, ma quello di non aver capito, dopo quattro anni all’ombra del Vesuvio, che gli esami per tutti, non solo per lui, anche per i postini, non finiscono mai. È uno degli architravi del pensiero di Eduardo, l’ultima sua grande commedia scritta qualche anno prima della morte. Una considerazione amara ma veritiera, reale. Siamo tutti sotto esame, perché c’è sempre qualcuno che ci guarda, ci giudica, non rinuncia al gusto e al cinismo di darci un voto, un giudizio.

Oggi soprattutto, con i social, ogni istante di vita è un test. Ma è stato così sempre, altrimenti non sarebbero nati i circoli dei pettegoli e delle maldicenze. Non accontentiamo mai tutti e anche quando ci riusciamo, quelli dai quali otteniamo consenso e benevolenza, non risparmiano commenti, battute, critiche. Altro che le Poste. Non c’è scampo. E senza neanche i compensi di un allenatore di calcio di successo.


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