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Sarah Jessica Parker

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Ogni mattina, in Italia, quando sorge il sole, una giornalista si sveglia e sa che dovrà correre più veloce dell’ennesimo episodio di “Sex & The City”, o verrà travolta da una cascata di lustrini e versioni edulcorate della vita da scrittore: da un lato il rumore felice del tacco che batte sull’asfalto della movida di Manhattan; dall’altro, il ticchettio frenetico del computer e la corsa alla notizia.

Dal primo lato i pranzi, le cene, le feste e le borse da centinaia di dollari, dall’altro le notti passate a impaginare il giornale, le paghe altalenanti, la tastiera che scrive e cancella.

Ben approdati nel magico mondo delle serie tv, dove i mestieri si fondono alle trame istrioniche, facendo impallidire ogni volta di più il mondo vero e decisamente più irto di difficoltà.

È Carrie Bradshaw la protagonista della nostra analisi odierna: la bella e carismatica scrittrice al centro dell’indimenticata serie televisiva “Sex & The City”, animata dalla sua vita frenetica e dalla vitalità delle sue amiche: la pragmatica avvocatessa Miranda, la sfacciata PR Samantha e la romantica gallerista d’arte Charlotte. “Sex & The City” deve il suo titolo all’omonima rubrica curata da Carrie nella rivista di fantasia “The New York Star”, uno spazio che la protagonista si ritaglia per parlare di relazioni, sesso e piccoli, grandi drammi quotidiani che ruotano intorno al quarto segreto di Fatima: l’amore. Ad aiutarla in questa impresa ci sono le sue amiche, le cui vite e relazioni le offrono spesso importanti spunti per sviluppare le tematiche della rubrica. Intorno alla vita di Carrie s’intreccia quella di Mister Big, campione olimpico in carica di slalom tra le relazioni amorose, nonché il suo grande amore, al quale la lega una storia fatta di alti e bassi, odio e amore che si protrae per tutta la durata della serie, un eterno – quanto surreale – rincorrersi che dura ben sei stagioni, con buona pace del cuore delle fan, indebolito da cotanta incostanza, ma che termina con il lieto fine che si conviene ad ogni storia d’amore che si rispetti.

Le giornate di Carrie si articolano tra aperitivi, pranzi e aneddoti raccontati dall’occhio attento delle quattro osservatrici della vita di New York. Il linguaggio di “Sex & The City” è volutamente esplicito e provocatorio, una risposta “in rosa” alla convinzione che “non sta bene” che una donna parli così apertamente di sesso. L’obiettivo degli episodi è quello di scardinare l’idea che le donne possano trattare il sesso come un qualunque argomento di discussione, privo di tabù e di convenzioni sociali, esattamente come gli uomini.

La vita di Carrie Bradshaw è quella che ogni giovane giornalista sogna: libera come l’aria e distante anni luce da giornate tetre e sfinenti alla Rosso Malpelo. Un po’ di shopping a cui non si può proprio resistere perché quelle scarpe (rigorosamente Manolo Blahnik, le preferite di Carrie) ti chiamano da dentro la vetrina con il potere affabulatorio di Giorgio Mastrota, anche se costano cinquecento dollari al paio. Il sogno del grande amore svanisce di fronte alla possibilità di far fuori cinquecento verdoni in una calzatura taglia trentasei, per poi scrollare le spalle con aria innocente una volta incontrate le tre amiche e, insieme a loro, dirigersi verso la dodicesima festa della settimana.

Il caleidoscopio delle serie tv ci catapulta in un mondo in cui l’editoria è fruttuosa e fioccano meraviglie: una sola rubrica settimanale ti consente di mantenere un appartamento al centro di New York e uno stile di vita alto e pretenzioso. Come altro potrebbe essere dipinto il celebre “sogno americano”?

Almeno una volta abbiamo desiderato tutte che la nostra preoccupazione più grande fosse tentare di far ragionare l’uomo di cui eravamo innamorate, cercando per tutto il giorno e con tutte le nostre forze di avvicinarlo all’idea di una relazione stabile con la calma e le strategie psicologiche con cui si parla a un rapinatore che ha preso in ostaggio il personale di una banca; abbiamo sperato tutte, almeno una volta nella vita, che prendere a sassate la vetrina di Gucci non fosse l’unica alternativa considerabile per entrare in possesso di una borsa all’ultimo grido.

Tra i giornalisti e le giornaliste italiane ci sarà anche chi vorrebbe concedersi il lusso di ubriacarsi in un locale lasciando l’articolo a metà, perché tanto al cuore non si comanda, insegna Carrie, figurati all’ispirazione: arriverà in un lampo quando meno ce lo si aspetta. Purtroppo, però, le scadenze delle redazioni corrono più veloci dei taxi che ti portano in centro.

La vita scintillante di Carrie Bradshaw è come un medicinale: va assunta a piccole dosi. Quel tanto che basta per sognare e non dimenticare che le nostre giornate successive saranno fatte di metro in ritardo, ascensori rotti, incontri di dubbio gusto con altri esseri umani e quel portafogli che urla “pochi, maledetti e subito”.
Se ciascuno è libero di credere a ciò che preferisce, Carrie Bradshaw è il Babbo Natale del secolo: ben vestita, famosa e circondata dagli oggetti del desiderio di chiunque, quel qualcuno che tutti dicono “non esiste”, eppure crederci non fa del male a nessuno.


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