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The Beatles

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A fine anno – anno orribile questo 2020, sì lo so – se ne andrà anche un pezzo della nostra storia molto importante. Si chiuderà l’ultimo mezzo secolo, quello che aveva visto la luce il 1 Gennaio del 1970. Cinquant’anni sono un bel periodo. Ma gli anni ’70, mitici, resteranno per sempre a testimonianza di un’epoca di grandi cambiamenti; un decennio ricco di storie, stimoli, avvenimenti che hanno segnato per sempre i nostri destini.

Per me, i mitici anni ’70 hanno significato molte, moltissime cose. Ho fatto gli esami di maturità, mi sono laureato, sono andato a vivere altrove, ho cominciato a lavorare, ho preso il primo aereo, ho comprato il primo videogioco (quanti si ricordano di Pong, quell’aggeggio che si collegava alla Tv e permetteva di simulare una partita a tennis con due righe verticali e un piccolo trattino che simulava una pallina? Pochi, scommetto…)

Raccontare quello che hanno significato gli anni ’70 soprattutto ai più giovani, non può prescindere dal ricordare alcune cose fondamentali. Nell’ordine: per telefonare, c’erano le cabine telefoniche che funzionavano con i gettoni telefonici (che valevano anche come soldi, e come i soldi c’erano anche i miniassegni, carta straccia praticamente, per sopperire alla mancanza di moneta spicciola. Un delirio. Ma questo è un altro film); per sapere se qualcuno era a casa, si andava e si suonava il campanello; per vedere le foto, bisognava andare dal fotografo con il rullino che sviluppava e stampava dopo qualche giorno, solitamente, a meno di non essere fra i fortunati che possedevano una Polaroid, e quindi in questo caso ci si metteva tutti davanti alla scanalatura predisposta sulla macchina fotografica in attesa, in 3-4 minuti, di questo cartoncino lucido plastificato. Per ascoltare la musica c’erano i mangiadischi, a pile, che si portavano anche in spiaggia per ascoltare i 45 giri stando attenti a non rovinarli con la sabbia. Io ne avevo uno di plastica arancione. Tutto ciò per dire che era, veramente, un mondo diverso.

Ma sono stati, come abbiamo detto, anni di grandi cambiamenti. Intanto da un punto di vista sociale e politico, con l’onda lunga partita nel ’68 che si è prolungata per tutti i primi anni ’70. Il grande spirito pacifista che aveva pervaso i giovani si è pian piano trasformato in una radicalizzazione delle posizioni che ha portato alla nascita di movimenti estremisti di ogni sorta, da destra a sinistra, culminati in alcune stragi e con l’omicidio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Anni difficilissimi, anni di piombo.

Ma gli anni ’70 sono anche fortemente legati a molte icone e a un mix di culture, mode e modi di vita che ne fanno, innegabilmente, un unicum irripetibile.
Creatività, voglia di trasgressione, uno sguardo sul futuro e su un’ipotesi di progresso rincorso a tutti i costi (anche avviando una lunga fase di sfruttamento delle risorse che a distanza di molti anni diventerà una delle icone di nuove battaglie ambientaliste): gli anni Settanta sono quelli degli hippies, del mito del “coast to coast” americano, di Andy Warhol e della pop-art, delle camicie con i fiori e dei jeans a zampa, ma anche dei primi computer e dello sviluppo di un’idea di marketing pubblicitario, agevolato dalla nascita delle prime emittenti televisive private, che vede le campagne diventare sempre più innovative e spregiudicate.

Insomma, se gli anni ’60 sono passati alla storia come “i favolosi”, i ’70 si candidano al titolo degli anni della rivoluzione creativa e del progresso. Mitici.

Sono veramente tantissimi gli avvenimenti che hanno caratterizzato questo decennio miliare nella nostra storia. E, fra i tanti, alcuni meritano forse un ricordo più forte.

Ne cito alcuni, senza ordine di graduatoria, così come riemergono dalla mia memoria. Si scioglie uno dei gruppi che ha fatto la storia della musica e non solo, The Beatles: incredibile ma vero. I quattro baronetti, all’apice della carriera – breve e fulminante, peraltro – decidono di lasciar andare il gruppo che forse è stato il più rappresentativo per molte generazioni: stiamo parlando di Michelle, Yellow Submarine, Yestarday, Get back, Something e cose così. Se ci penso, ancora mi dispiace. Tutti e quattro proseguono, con successo, come solisti e uno in particolare raggiunge risultati importantissimi: è John Lennon, con la sua Imagine su tutte, di cui l’8 dicembre prossimo si celebra il quarantesimo della scomparsa.

A velocità supersonica, si susseguono le novità nell’elettronica e nell’informatica: arrivano i primi computer e i microprocessori; e poi i floppy disk e la prima console per videogames Odyssey, che aprirà la strada a quelli più evoluti, Space Invaders e PacMan su tutti. Ero un campione nel gioco della lotta ai fantasmini che, schema dopo schema, diventavano sempre più veloci e voraci. C’era un non so che di magico nell’avere la meglio.

E la crisi petrolifera e l’austerity? E chi se la dimentica più? La crisi energetica, il costo del petrolio che schizza verso l’alto e, all’improvviso, domeniche a piedi ma soprattutto bar e ristoranti con chiusure in orari da coprifuoco. Un disastro, soprattutto per chi, come me, era uno studente universitario fuori sede (che loro, gli studenti universitari fuori sede, amano la notte, solitamente…). L’inizio della coscienza collettiva su un problema, quello delle risorse ambientali, che ci accompagna ancora oggi.

E poi gli avvenimenti politico-sociali. La fine della guerra del Vietnam, innanzitutto. Una cosa che pareva non dovesse mai accadere, che era oramai diventata una costante nelle notizie che arrivavano dal sudest asiatico al telegiornale, una cosa che molti pensavano non sarebbe terminata mai. Venticinque anni e circa 3 milioni e mezzo di morti in posti allora tutto sommato ancora molto lontani perché non era ancora cominciato il turismo di massa. E invece, un giorno, accadde: gli americani si ritirarono sconfitti da Saigon, liberando il sud del paese oggi riunificato.

E poi il golpe del Cile, la caduta di Salvador Allende per mano del generale Pinochet, un evento che all’epoca mise in luce il lontanissimo – e ai più sconosciuto – paese latinoamericano. Sono gli anni degli Inti Illimani e de “El pueblo unido jamás será vencido” che diventa l’inno alla lotta contro la democrazia.

E per chiudere il cinema, che vede negli anni ’70 alcuni colossal ancora oggi di tendenza: Il Padrino I e II, con Marlon Brando e Robert de Niro a prestare rispettivamente il volto ai primi capitoli della saga. E poi in rapida successione L’esorcista, Rocky, Il cacciatore, Star Wars, Lo squalo, La febbre del sabato sera. Serve altro?

Ultimo sguardo alla Tv, da sempre specchio dei tempi. Negli anni ’70 termina Carosello, una pietra miliare delle trasmissioni. “A nanna dopo Carosello” è una frase che tutti i bambini di quegli anni, almeno una volta, si sono sentiti rivolgere dai genitori, e comincia invece la trasmissione dei programmi a colori. Una vera rivoluzione. Anni ruggenti insomma, gli anni ’70. Anni di grandi speranze – anche frantumate – e di grande creatività. Si intravedeva, tangibile, una concreta speranza di futuro. Erano, davvero, begli anni.


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