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Sara Papa

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QUESTA è una storia di cui puoi sentirne persino l’odore. Ed è il profumo del pane appena sfornato. Familiare e al contempo arcaico. È un attimo e – insieme a quella scia di fragranze – riaffiorano i versi di una poesia di Gianni Rodari: “S’io facessi il fornaio/ vorrei cuocere un pane/ così grande da sfamare/ tutta, tutta la gente/ che non ha da mangiare./ Un pane più grande del sole,/ dorato, profumato/ come le viole. […]”.

Maestra di cucina e chef, grande esperta di panificazione, Sara Papa è stata una delle prime a parlare di farine integrali macinate a pietra, a valorizzare e far riscoprire il lievito madre. Su Facebook ha più di 80.000 follower. Non si fa mancare neanche un gran seguito su altri social, così come sul suo canale YouTube. Ha all’attivo sette libri bestseller con Feltrinelli. Il primo, con oltre 25.000 copie vendute è stato tradotto anche in inglese. Da anni collabora con il programma Geo&Geo di Rai 3 ed è spesso ospite di trasmissioni quali Buongiorno Benessere, Tempo e Denaro, Web& Food, Mi manda Rai 3, La vita in diretta, Unomattina, Rai Community e Agorà. Il battesimo sul piccolo schermo avviene alla Prova del Cuoco nel 2009. Poi, arriva Alice TV e un centinaio di puntate di Pane amore e fantasia. Non solo televisione per la vulcanica signora che ha fatto mettere le mani in pasta ai suoi innumerevoli seguaci. Sulle frequenze di Rai Radio 1, eccola ospite a Eta Beta , Vittoria , Mary Pop e Fuori Gioco .

Calabrese di nascita e romana di adozione, la maestra di cucina è nata a San Nicola da Crissa, in provincia di Vibo Valentia, ed è cresciuta lì fino ai vent’anni. Poi è volata a Roma. Il padre faceva l’agricoltore e la madre era il “carabiniere” della famiglia, colei che gestiva praticamente tutto. Nel corso della sua vita, Sara ha fatto diversi lavori mettendo insieme esperienze anche molto differenti tra loro. Un esempio? Ha fatto la costumista ma le è anche capitato di fare da baby sitter ai figli di Anthony Quinn, il suo primo lavoro nella Capitale.

Sara Papa, per riprendere il titolo di un suo libro, cos’è “Il pane della vita”?

«Il valore che ha il pane nella nostra alimentazione quotidiana non nasce dal nulla, ma è il punto di arrivo di un lungo processo che parte dal chicco di grano. Anche se oggi la consapevolezza è aumentata, è ancora diffusa l’abitudine di scegliere e acquistare questo alimento senza preoccuparsi di conoscere tutte le trasformazioni che ha subito, senza chiedersi nulla sul luogo di origine delle materie prime».

Lei è stata tra le prime ad aver parlato di farine integrali macinate a pietra e ad aver valorizzato e fatto riscoprire il lievito madre, con i suoi aromi e benefici. Durante il lockdown i suoi tutorial dedicati alla panificazione (e non solo) hanno ottenuto un vasto seguito. Tornare alle origini a tavola con l’uso dei social per imparare a far da sé, sta segnando in un certo senso questo difficile momento storico?

«In parte è scattato per necessità, non credo che i social siano da prendere come insegnamento. Oggi sono tutti tuttologi senza averne le competenze».

Dalla collaborazione con Massimo Bottura al Refettorio Ambrosiano a Milano è nato il libro “Il pane è oro”. Il volume propone pasti di tre portate concepiti da 40 dei più grandi chef del mondo (da Alain Ducasse a Carlo Cracco, da Davide Oldani a René Redzepi e Ferran Adrià), che hanno trasformato ingredienti umili in piatti d’autore. Un totale di 150 ricette per dire no allo spreco alimentare: perché oggi è importante parlare di spreco?

«Per proteggere l’ambiente, prenderci cura di noi stessi e tutelare la nostra salute. Non solo è importante parlare di spreco ma anche mettere in campo delle azioni per ridurlo il più possibile. Ad esempio, mi sto dedicando a un progetto innovativo, insieme a “Casa Emma”, che prevede l’utilizzo in cucina di una nuova eccellenza gastronomica: la polvere di vinaccia, una straordinaria scoperta con una versatilità incredibile nella cottura ma anche cruda. Dalla lavorazione degli scarti della vendemmia, attraverso un processo di ottimizzazione, si ottiene questa prelibata polvere alimentare di altissima qualità e ricca di importanti proprietà nutrizionali, che permette quindi di riutilizzare un prodotto destinato allo scarto e che fa anche bene alla salute».

Il 4 aprile 2016 è stata indicata come opinion leader e personaggio dell’anno 2015, attraverso il sondaggio annuale di “Italia a tavola”. Quanta responsabilità c’è nel dettare una tendenza anche dal punto di vista alimentare?

«La responsabilità di chi come noi si occupa di cucina e non di “ricettine” è determinante per tutelare la salute delle persone e poi dell’ambiente».

Lei figura tra gli autori di punta della casa editrice Feltrinelli sui temi della cucina e della panificazione (tra i suoi libri, solo per citarne alcuni: “Tutti i colori del pane”, “Il pane della vita”, “Lievito madre vivo”), ma c’è un libro che considera una sorta di Bibbia del cibo, della tavola e della cucina?

«Ogni libro è come un figlio, non saprei quale. Se parliamo di pane, tutti; “In cucina con Sara Papa”, ad esempio, è un libro completo ma non più in stampa».

Quando e come è nata la sua passione per il pane?

«Prima di parlare di passione vorrei soffermarmi su ciò che ho respirato in casa sin da piccola, il cibo semplice e naturale coltivato dalla mia famiglia: vino, cereali, frutta e ortaggi. Se poi si è così fortunati da aver avuto, come nel mio caso, una figura carismatica come la mia mamma che ha influenzato il mio modo di essere (non solo nella cucina), il passo è breve per arrivare alla passione. L’input del fare il pane è nato quando ho preso coscienza che il pane comprato qualche giorno prima nel supermercato era stato prodotto chissà con quale diavoleria, in quanto presentava una muffa dal colore rosa salmone mentre il mio ricordo di muffa era quello classico del grigio-verde. Da lì a qualche giorno si sono susseguiti una serie di scandali nel settore nei dintorni della Capitale. Questa è stata la molla che mi ha fatto percepire l’esigenza di riprendere in mano quell’arte – ritornata alla mia memoria di bambina – del riappropriarmi di quegli odori e sapori che solo un pane fatto con materie prime di qualità sa scatenare».

In prima battuta, però, aveva scelto di fare la costumista per il cinema?

«Le scelte a volte avvengono quasi sempre per caso, ho il dono di avere una grande creatività e nello stesso tempo la curiosità; ed è proprio questa che mi predispone a imparare e mettere in pratica qualsiasi tipo di attività. È come un vortice che alimenta continuamente le motivazioni che mi spingono a imparare tutto quello che in quel dato momento della vita mi dà gioia e vitalità».

C’è un odore e un sapore della sua infanzia che si porta dietro ancora oggi nella Sua quotidianità?

«Sarò brevissima: tutta la mia quotidianità ha il sapore dell’infanzia, perché ciò che si assorbe da piccoli rimane scolpito nella memoria se vissuto in un contesto che rispetta la natura e la stagionalità».

E una parola che la fa tornare a casa?

«Non saprei, non ce n’è una in particolare. Forse direi “scialare” (divertire, ndr)».


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