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Lo storico hotel Post a Dobbiaco

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NON IN meridione, non a Napoli, non in luoghi ritenuti propizi per l’abusivismo, ma in Alto Adige, a Dobbiaco, bella e ricca città in Val Pusteria, detta la “porta delle Dolomiti”. Qui è accaduto, davanti agli occhi di tutti, il crimine. Dobbiaco è una città piena di poesia, ed è divisa in due parti dallo spartiacque alpino della serra di Dobbiaco. Ha anche il privilegio di essere bagnata dal fiume Drava che, pur essendo piccolo, sfocia nel Danubio.

La storia moderna di Dobbiaco è legata al turismo con la costruzione di case, ville e grandi alberghi. Nel 1871 una linea ferroviaria collegava Vienna alla valle dell’Adige, attraversando la Val Pusteria. Ulteriore ragione dell’incremento turistico fu l’edificazione di un nuovo e grande albergo, il Grand Hotel. Durante gli anni la fama di Dobbiaco come luogo di cura e di villeggiatura crebbe. Dalla fine dell’Ottocento sia Dobbiaco sia San Candido furono frequentate mete terapeutiche. Ce lo ricorda il poeta crepuscolare Sergio Corazzini in “Toblach”. Ce lo ricorda la musica di Mahler, il suo “Canto della terra”, composto a Dobbiaco. “Qui è meraviglioso e rinvigorisce sicuramente l’anima e il corpo….”, così scrisse Mahler durante il suo soggiorno estivo a Dobbiaco. Dal 1908 al 1910 il famoso compositore boemo trascorse le estati a Dobbiaco presso il Maso Trenker, a Carbonin Vecchia. Qui compose anche la “Nona Sinfonia”, la “Decima Sinfonia” (rimasta incompiuta). Durante la Grande Guerra la Pusteria fu territorio di operazioni, e Dobbiaco molto esposta . Il 28 febbraio del 1916 iniziarono i primi bombardamenti sul paese, che si sono protratti fino ad oggi con l’abbattimento dell’hotel Post voluto dall’amministrazione comunale.

Dopo la guerra come segno di rinascita fu costruito l’Hotel Post, oggi distrutto. In quello stesso momento si inaugurò il collegamento ferroviario tra Dobbiaco e Cortina: la ferrovia delle Dolomiti; e, poiché Dobbiaco è molto vicino al confine di Stato con l’Austria, dal 1939 venivano costruite fortificazioni per impedire l’invasione dell’Italia da parte dei nazisti.

Non si poteva pensare che i nazisti fossero in casa, pronti a bombardare nel 2020, per una indecifrabile follia dei suoi amministratori. E questo nonostante che a Dobbiaco, e in tutta l’Alto Adige, non vi siano stati, prima di oggi, combattimenti e bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Nel 1948 lo statuto di autonomia separò il Trentino Alto Adige dall’Italia e da molte delle sue leggi fondamentali. Questa separazione ha indebolito le garanzie e reso l’Alto Adige una terra in pericolo, per la tutela dei monumenti, al contrario di quello che è avvenuto in tutte le altre regioni italiane dove non un solo grande albergo di tradizione, addirittura costruito 100 anni fa come il Post di Dobbiaco, è mai stato abbattuto.

Da Milano a Firenze a Roma a Napoli, a Taormina, i grandi alberghi sono stati tutelati. In Alto Adige per la distrazione delle autorità provinciali e per l’ignoranza del sindaco di Dobbiaco si è arrivati al più incredibile e violento atto di barbarie che da molti anni si ricordi. E non è la prima volta, se questo accadde anche con l’abbattimento della bella e dignitosa pretura di Monguelfo, sostituita da un ridicolo scatolone. Allo stesso modo, a San Candido, un gigantesco cumulo di cemento è stato costruito davanti alla Collegiata.

Orrori contro la civiltà, e contro la volontà dei cittadini. Anche l’abbattimento dell’hotel Post di Dobbiaco è inqualificabile. Tutti conoscono e riconoscono il prestigio e l’importanza, per la tutela del patrimonio artistico e monumentale Italiano, del Fai (Fondo Ambiente Italiano), creato da Giulia Maria Crespi, personalità ovunque ammirata e da poco scomparsa. La sua prima impresa, proprio in Trentino Alto Adige, fu il restauro e la restituzione del Castello di Avio. Il rigore e l’impegno del Fai hanno un profondo significato istituzionale e, oltre che espressione di ignoranza, è un insulto alla sensibile attenzione dei funzionari dell’ente, e alla memoria della Crespi, avere ignorato che l’Hotel Post di Dobbiaco era nella lista dei “luoghi del cuore” del FAI, come ha ricordato Paolo Conti sul “Corriere”. Tutta l’Italia che difende la bellezza si rivolta contro la violenza dell’amministrazione provinciale di Bolzano, con il suo irresponsabile presidente Arno Kompatscher, e dell’amministrazione comunale di Dobbiaco, con il suo inutile e dannoso sindaco.

Non c’è chi non veda che quello che è accaduto in questi giorni è un vero e proprio bombardamento, uno stato di guerra, immotivato, altro che dalla ignoranza e dalla indifferenza. Oggi il lacerto che resta in piedi è la più grave denuncia dell’azione criminale condotta, nonostante la totale contrarietà della popolazione di Dobbiaco. Da ciò che resta si intende che la struttura centenaria era solida, e che il sindaco ha mentito quando l’ha detta destinata all’abbattimento per l’abbandono. Sarebbe stato sufficiente, per evitarlo, una sua ordinanza o un vincolo della omissiva soprintendente. Oggi resta l’insulto. Bombardamento istituzionale senza ragione, e nella storica piazza del Duomo, la principale di Dobbiaco.

Giustamente Claudia Plaikne, presidente del Heimatpflegeverband, ha protestato chiedendosi perché l’edificio non fosse stato inserito nella “lista di tutela degli insiemi” della piazza. E, davanti all’evidenza di una bellezza carica di storia e di memoria, l’inaudito progetto sostituivo è una miserabile scatoletta, inespressiva e priva d’aura, una geometria uscita da una scatola di Lego. Chi non è in grado di intendere la differenza fra storia, memoria, civiltà e un insignificante magazzino, non può fare il sindaco di una città come Dobbiaco, abbattendo l’Hotel Post. Il sindaco Rienzner, sorridente caricatura di Renzi, ha compiuto un crimine contro l’umanità. C’è chi ha detto che l’abbattimento del Post equivale a quello della Frauenkirche di Dresda. Ma a noi non risultava che l’Alto Adige fosse in guerra con la civiltà. Oggi vediamo le rovine e i resti di quel bombardamento.


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