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La Cappella degli Scrovegni a Padova

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UN AMICO coltivato che non si è mai privato di vedere un quadro al giorno, entrando nei musei che oggi sono incredibilmente e vergognosamente interdetti, mi scrive di come sente sacrificata la sua vita, in nome di un folle delirio di protezione sanitaria: “Non ce la faccio più, questa mancanza di libertà mi distrugge lentamente. Io che amo la notte, rinchiuso come un vampiro in una bara. Non una cena, non uscire più con una donna la sera, non vederle perché mascherate, non poter viaggiare, andare ad un museo, al cinema, a caccia! Ma che vita è diventata? Mi sembra di essere in un allevamento di mucche da latte. Altro che la “task force” di questo governo di idioti, io stanotte sto impazzendo”.

Non sembra credibile o accettabile che la Cappella degli Scrovegni a Padova, con gli affreschi di Giotto sia, da mesi, inaccessibile. La sua chiusura equivale a una censura che ci impedisca di leggere la “Divina Commedia”. Lo stesso si può dire, ed è tanto più grave, trattandosi di un altro Stato, della cappella Sistina e i Musei Vaticani.

La cupa ignoranza e la profonda incultura di chiusure come queste è una terribile autodenuncia che ci isola da tutti i paesi civili, che pure vivono una situazione difficile come la nostra. La National Gallery di Londra è aperta. Il Metropolitan Museum of Art di New York è aperto.

Il Museo del Cairo è aperto. Il museo del Louvre, chiuso dal 29 ottobre, riapre il 15 dicembre. In Italia tutti i musei sono chiusi e, misura incomprensibile, anche i siti archeologici, ovvero meravigliosi spazi all’aperto come Segesta, Selinunte, Siracusa, Pompei, Paestum, Velia, tutte le aree etrusche, i Fori a Roma, Alba Fucens e Sepino. Tutti, inspiegabilmente, chiusi. E anche i Nuraghi, nella selvaggia Sardegna. Soltanto per Pompei avrebbe avuto senso un contingentamento degli ingressi. Non certo per Oplonti o per Egnatia o per Sibari.

Queste irragionevoli chiusure sono una violenza imperdonabile, alla quale si sono opposti numerosi direttori di musei coordinati da Sergio Risaliti, Salvatore Settis , con un appello al Ministro Franceschini sul “Corriere della sera” e io, con un ricorso prima al TAR (respinto) e oggi al Consiglio di Stato. Nessun dubbio che la natura di “servizi essenziali” attribuita ai musei, con la legge del 21 novembre del 2015, sia colpevolmente tradita da un governo sostenuto da una maggioranza ignava o ignorante.

D’altra parte, in alcune regioni le limitazioni alla circolazione da comune a comune avrebbero automaticamente ridotto l’accesso a mostre e musei, le cui aperture prevalentemente non superano le ore 18. È umiliante e insieme mortificante questa misura incomprensibile. Perfino le chiese sono costrette a limitare le visite turistiche, la cui condizione spirituale è contestuale, per limitare l’accesso alle sole funzioni religiose.

Mai la barbarie si è spinta così avanti. Non se ne rendono conto, mentre la diffusione della paura arriva a mortificare un bambino autistico senza mascherina, che non è stato fatto entrare in un supermercato È quanto è accaduto, qualche giorno fa, a un ragazzino minorenne a Bisceglie, in Puglia, dove ora le associazioni locali sono insorte, ricordando che le stesse norme anticovid prevedono la possibilità di non indossare la mascherina in caso di disabilità.

“La cosa più grave è stata la totale mancanza di sensibilità in una situazione di evidente necessità”, hanno denunciato dall’associazione Time-Aut. Nessun rispetto della fragilità del bambino. La rinuncia alla ragione, il fanatismo imposto dalla paura, nonostante che perfino il deprecabile dpcm preveda che il cosiddetto “dispositivo di sicurezza” è incompatibile con la disabilità di un ragazzo autistico. Fra un po’ ci proibiranno di leggere i libri, e, a chi si ribellerà, ignoranti in veste di politici chiederanno di “sostenere le misure restrittive che stanno permettendo il calo dei contagi, quelle stesse misure denigrate da Sgarbi mancando di rispetto al grande lavoro svolto dai medici e dalle tante vittime del covid”.

Ecco il ricatto, giustificare le stolte misure del governo con l’attività utile e necessaria dei medici, nella elaborazione di una deputata depensante come Gabriella di Girolamo, per la quale camminare per le strade di Sulmona è una spavalda provocazione. Così, quando esco di casa, e vedo le strade vuote, provo una profonda malinconia e una rabbia che non si placa. Non li perdoneremo , e chi ne ha condiviso le scelte si pentirà. Mettere il bavaglio a Giotto e a Michelangelo è un peccato mortale.


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