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Papa Francesco

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Città del Vaticano: 13 marzo 2013. Il cardinale Jorge Mario Bergoglio viene eletto 266esimo successore dell’apostolo Pietro.

È il Papa delle prime volte: il primo che proviene dal Sud America, il primo gesuita, il primo che sceglie il nome di Francesco, come il Santo d’Assisi. Quel giorno, al termine del conclave, si affaccia dalla loggia della Basilica vaticana per impartire la benedizione ai fedeli. Fin qui nulla di eccezionale. Subito dopo si toglie la stola rossa (segno delle funzioni sacerdotali), si inchina davanti alla piazza e chiede ai fedeli di benedire, a loro volta, il nuovo vescovo di Roma.

È il punto di non ritorno: la Chiesa cattolica non è più la stessa. Trascorrono tre giorni, il 16 marzo il Pontefice incontra i giornalisti e si lascia scappare un desiderio che sarebbe stato il programma del suo ministero pastorale: ah come vorrei – dice – una Chiesa povera e per i poveri.

Sì, la Chiesa è davvero cambiata. Tant’è che il primo viaggio apostolico è un fuori programma: senza neanche attendere un invito ufficiale l’8 luglio dello stesso anno Francesco fa tappa a Lampedusa, sostenendosi su una croce realizzata con il legno dei barconi affondati nel mare Mediterraneo. Qualche settimana dopo, il 10 settembre, incontra gli ospiti del Centro Astalli di Roma, un servizio per i rifugiati gestito dalla Compagnia di Gesù, e lancia un appello che mai, prima d’ora, un Papa si era spinto a pronunciare: i conventi chiusi siano dati ai rifugiati, perché sono loro, gli ultimi, la carne di Cristo. Bastano pochi mesi per spostare il baricentro della Chiesa verso i Sud del mondo, verso le periferie, verso i poveri. Gli occhi della Chiesa sono puntati in direzione del popolo, del quale vescovi e sacerdoti ne devono prendere l’odore. Un nuovo sguardo che viene interpretato con la grammatica della teologia del popolo.

Ma – ci chiediamo –, a parti inverse, qual è lo sguardo del popolo nei confronti della Chiesa di Papa Francesco? Vale a dire: in che modo Bergoglio e la sua azione di riforma delle strutture ecclesiali vengono compresi dallo sguardo di chi vive condizioni di marginalità sociale ed esistenziale? Una lente (periferica) sul pontificato di Francesco è data dalle espressioni della street art. D’altronde, la Pop Theology (per riprendere l’espressione coniata nel libro del vescovo di Noto, Antonio Staglianò, edito da Rubbettino nel 2018) di Francesco fa di questo Papa anche una icona “pop”. Un’icona popolare, ma non populista…

Non è soltanto il Papa a parlare del popolo, è anche il popolo a parlare del Papa, attraverso le forme più varie dell’arte urbana. Al punto che c’è chi ha parlato di Street Theology, mettendo a confronto le opere di Giotto o Michelangelo sulla Chiesa e sul papato con quelle di artisti di strada contemporanei, a cominciare da Banksy. Facile l’accostamento tra l’arte di strada e i preti di strada, che paiono essere l’immagine simbolica di questo pontificato. Cambia la Chiesa e cambia anche il modo di rappresentarla. E non potrebbe essere diversamente. Sono i muri ai nostri giorni a raccontare la Chiesa. Pensiamo alPapa Francesco, con il pollice alzato, nella stazione di piazza di Spagna della metro A di Roma, che fa parte di una serie di affreschi di street art, realizzata nel 2014 da sei artisti francesi: C215, Alexone, Espilonpoint, Popay, Seth, Philippe Baudelocque (foto 1).

Porta la firma di Banksy l’opera realizzata con vernice spray e stencil che raffigura Papa Francesco benedicente in sella ad una vespa, comparsa la notte del 24 giugno 2014 sui ponteggi della Chiesa di Santa Maria in Traspontina, in Via della Conciliazione (foto 2). In realtà, l’azione non è mai stata rivendicata dal noto writer inglese. Ma trattandosi di street art, e quindi di riappropriazione artistica di spazi di pertinenza pubblica o privata, il confine con la legalità formale è molto labile, ed il processo di riconoscimento dell’opera come autentica non è per nulla semplice. D’altronde, è nello stile di Banksy (del quale ad oggi è ignota persino l’identità) generare una certa confusione sulla paternità delle opere, per rendere la vita difficile ai mercanti dell’arte. Ed ecco che anche l’immagine di Papa Francesco – che in più occasioni ha condannato il capitalismo come “economia che uccide” – diventa occasione e strumento per prendersi beffa del mercato dell’arte.

Qualche mese prima, nel gennaio 2014, era comparsa su un muro di Borgo Pio, a pochi passi dal Vaticano, l’opera che consacra il pittore italiano Maupal (Mauro Pallotta) come artista di strada, pure a livello internazionale. Papa Francesco assume le sembianze di un supereroe, pronto a girare il mondo con i suoi poteri ed una valigetta che porta la scritta “valores” (foto 3). Un’opera che è piaciuta dentro le mura leonine e Maupal si è trovato faccia a faccia con il suo supereroe preferito, il Papa. Sempre a Borgo Pio Maupal ad ottobre 2016 disegna Francesco intento su una scala a giocare a tris con i simboli della pace, mentre una guardia svizzera gli fa da palo (foto 4). A vincere la partita – sia chiaro – è proprio la pace. Il terzo “blitz” dell’artista arriva a febbraio 2019, ancora nello storico rione romano ad una manciata di metri dal Vaticano, con l’installazione dal titolo “Papale Papale” (foto 5), che vuole lanciare un messaggio di accoglienza: da un edificio viene fuori un cartonato di Papa Francesco che getta un salvagente verso i passanti .

È esplicito il riferimento a Superman nel murales che appare l’11 maggio 2017 in Piazza Navona, realizzato dall’artista TV Boy (Salvatore Benintende). Nella maglia blu sotto la talare bianca, all’altezza del petto, orgogliosamente ostentata da un Papa Bergoglio con l’aureola in testa, la “S” dell’eroe è sostituita dalla “F” di Francesco (foto 6). Lo stesso giorno, per mano sempre di TV Boy, i passanti in via del Banco di Santo Spirito hanno potuto ammirare un altro murales, con Papa Francesco vestito da angelo, ancora con l’aureola, intento a baciare Donald Trump (foto 7) con le sembianze di diavolo, poche settimane prima dell’incontro in programma tra il Pontefice e il presidente degli Stati Uniti d’America. Il messaggio che sta dietro questo bacio è positivo, come si legge anche nella scritta in inglese sulla cintura del Papa: “the Good forgives the Evil” (Il bene perdona il male, ndr).

Nel novembre del 2017 lo stesso artista utilizza l’immagine di Francesco – che scrive la prima enciclica dedicata alla cura della Casa comune, la “Laudato Si’” (2015) – per lanciare un messaggio contro l’inquinamento atmosferico (foto 8), mentre, l’anno successivo, ad aprile 2018, nel comune di Pompei, ritrae in un poster Bergoglio con un cuore in mano, (foto 9) con i colori dell’arcobaleno, simbolo dei diritti “Lgbtqi”, e con la scritta “Love wins stop homophobia” (L’amore vince, ferma l’omofobia, ndr) .

Nel marzo 2019 TV Boy affronta la delicata questione degli abusi sessuali su minori commessi da chierici: in un graffito in vicolo degli Osti a Roma il Papa porta sulle spalle un bambino a cavalcioni che scrive, con uno spray rosso: “stop abuse” (foto 10). Un graffito nel graffito; un meta-graffito, in altri termini, che richiama l’attenzione che Bergoglio dimostra verso un argomento che fino a pochi anni addietro era considerato un tabù nella Chiesa .

A Budrio (Bologna), nel 2016, in un poster murale di una mano rimasta anonima Papa Francesco addirittura dice “no” al referendum costituzionale (foto 11) . Nell’occhio degli artisti di strada vi è pure il gesto di Papa Francesco che la sera del 31 dicembre 2019 reagisce ad una fedele che lo strattona. Pochi giorni dopo, l’artista Harrygreb, in vicolo della Campanella, nel centro di Roma, realizza due murales. Il primo “Kill Pope” raffigura Papa Francesco con pantaloni gialli e katana nello stile di Beatrix Kiddo (Uma Thurman) nel film “Kill Bill” di Quentin Tarantino (foto 12).

Nel secondo, invece, Papa Francesco è di spalle pronto a lottare con Bruce Lee (foto 13). In realtà, il tema può essere inteso come una “variante” di Papa Francesco “pugile” (foto 14) raffigurato nel 2015 su alcuni poster di Gianluca Raro affissi a Scampia, quartiere di Napoli . L’immagine riprende quanto sostenuto da Bergoglio in riferimento ai fatti di Charlie Hebdo (“… se un mio amico dice una parolaccia contro mia mamma si aspetti un pugno”), contestualizzandolo a Scampia, che è da immaginare – dice l’artista – come un enorme ring. Poche settimane addietro, nel maggio 2020, Papa Francesco è testimonial della “carità”, rappresentato da aleXsandro Palombo come un clochard davanti alla Chiesa di San Gioachimo, (foto 15) nel centro di Milano, intento a chiedere l’elemosina con dei bicchieri rossi in cui campeggia la scritta “Caritas”, secondo lo stile del logo della Coca-cola, il simbolo del consumismo.

Una provocazione al sistema economico occidentale. Così come una denuncia al nostro modello di sviluppo d’impronta capitalistica appare il murales che compare intorno al 2015 (pur portando la data del 2017: come mai?) all’uscita Cipro della Metro A di Roma, con un papa Francesco che piange lacrime di sangue , richiamando così il miracolo della Madonna di Civitavecchia (foto 16). Lo sfondo è quello di uno scenario apocalittico, e qualche tempo fa sulle chiavi di San Pietro è stata aggiunta la scritta: “Vittoria Gloria Eterna. Gesù Cristo Dio Re. Gratis Salva Tutto il Mondo”.

Papa Francesco è icona pop. Ma sarebbe meglio parlare di icona neo-pop, in quanto sfida la stessa essenza della street art. L’arte urbana nasce come critica nei confronti delle istituzioni. In questo caso ci troviamo di fronte al Capo di un’istituzione religiosa globale, la Chiesa cattolica. Eppure, l’azione di Papa Francesco viene sostenuta, nel complesso, dagli artisti di strada. Inoltre, l’Urbe, la Città eterna, ha fatto sempre i conti con il potere temporale del Pontefice. Siamo davvero lontani dalla contestazione alla Roma dei Papi.

Papa Francesco è un personaggio positivo. Che non rinuncia l’attività di committenza propria dei Pontefici, e fa entrare l’arte di strada quale manifestazione espressiva dell’istituzione ecclesiale. E così a Maupal – le cui opere sono state cancellate dai muri di Roma per oltraggio al decoro urbano – il Vaticano chiede di realizzare un murales ad Albano, in occasione della visita di Papa Francesco (21 settembre 2019). Il titolo dell’opera è “Exemplum Omnibus” (foto 17) e Bergoglio acquisisce le vesti di un inusuale operaio che si appresta a purificare il nostro cielo dallo smog e dall’inquinamento prodotto ogni giorno dall’uomo. Insomma: se nel 1506 Papa Giulio II pensa a Michelangelo per decorare la volta della Cappella Sistina, nel 2019 Papa Francesco commissiona un murales a Maupal. Si sa, i tempi cambiano, la Chiesa pure. Ma l’arte rimane sempre arte.


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