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Una delle iconiche immagini di Mina per Volevo scriverti da tanto: primo estratto da Maeba, marzo 2018

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LA voce inconfondibilmente sua, lo sguardo bistrato, i gesti delle braccia e delle mani che sembrano disegnare arabeschi nell’aria, le gambe bellissime da gazzella, la seduzione in un sorriso malandrino, in un muovere di ciglia senza scoprire un centimetro di pelle: Anna Maria Mazzini, per sempre Mina.

Un’icona che ha scritto e continua a scrivere da protagonista la vita da romanzo di un’artista e di una donna che scegliendo di “sparire” ha moltiplicato la sua immagine e la sua leggenda fino ad annullare le coordinate spazio-temporali in cui si muovono le vite ordinarie. A parte l’indiscutibile e celebrato talento, la preziosissima voce, le millecinquecento canzoni e i centocinquanta milioni di dischi venduti di cui si continua a parlare, anche le sue scelte hanno fatto notizia (così si dice in gergo giornalistico). E se ad una signora non si dovrebbe mai chiedere l’età, le ottanta candeline della “tigre di Cremona” e certi spartiacque di cui si è resa protagonista non hanno mai smesso di fare rumore, proprio come i suoi attesissimi lavori discografici preceduti da un tam tam di annunci e indiscrezioni che puntualmente fanno di ogni uscita un evento.

Anna Maria Mazzini è nata il 25 marzo del 1940 a Busto Arsizio. Famiglia borghese, una nonna cantante lirica che da bambina la convince (per poco) a prendere lezioni di pianoforte; mentre il papà a tredici anni la iscrive alla Canottieri Baldesio, società sportiva frequentata dalla buona borghesia cremonese. Nella sua vita non mancheranno i dolori precoci e terribili come quello per la perdita dell’amatissimo fratello Alfredo o quello per la morte di Virgilio Crocco, padre di sua figlia Benedetta, giornalista de “Il Messaggero” di Roma, con cui Mina si era sposata nel 1970 per poi separarsi.

Una vita col cuore che batte forte in petto quella di Mina, dove non mancano i grandi amori. Non ultimo il lungo legame col cardiologo Eugenio Quaini. Coppia longeva e rodata: sposati nel 2006, stanno insieme da quarant’anni poco più, poco meno. Lei, Mina l’italiana amatissima che ha scelto la Svizzera come buen retiro, ha lasciato le scene il 23 agosto 1978 in Versilia. L’ultimo concerto al “Bussoladomani”. Addio ai palchi senza smettere mai di essere protagonista. Riesce a pochi di scomparire, di mettere un punto e restare però così presente, proprio come è accaduto e accade con la magnifica “assente”. Come se il diaframma che la separa ormai da anni dai palpiti live del pubblico, fosse solo un dettaglio di poco conto.

Niente corpo, solo anima e voce. Anche questo, però, nel caso di Mina non è completamente esatto. Le copertine dei sui dischi nel tempo, i video, i ritratti della signora fanno del suo viso, dei suoi capelli tirati sulla nuca o raccolti in una treccia, dei suoi occhiali a goccia fin sugli zigomi, della sua bocca socchiusa un’icona da pop art. Una figura plastica di quelle che tanto sarebbero piaciute a Andy Wharol o Roy Liechtenstein. E così Mina è anche una faccia da serigrafia come lo è una Marilyn di Andy.

«Ma chi è dunque questa ragazza che in nemmeno due anni è diventata una specie di mito degli italiani giovani e vecchi, poveri e ricchi, babbei e intelligenti, comunisti e cattolici, e in un minuto guadagna quanto guadagna un magistrato in un mese (centocinquantamila rotonde), in una settimana colleziona sei copertine di settimanali autorevoli, e se dite di non averla mai vista cantare vi trattano alla stregua di un ignorante, di un traditore della patria o di un cretino? È un tipo molto, molto singolare. Io la guardo. In questa Sanremo dove affoga tutto lo squallore di un Festival denso di urli, di vanità provinciali, di peccati mediocri che tuttavia non la toccano, e più la guardo meno capisco chi è […] », scriveva Oriana Fallici il 5 febbraio del 1961 su “L’Europeo” in un memorabile pezzo sulla cantante a Sanremo in quell’anno. Chi è Mina? L’interprete non ha bisogno di presentazione né attestati, la donna è certamente di quelle che spiazza, scompiglia le regole del gioco e le riscrive.

Lo fa a 22 anni in un’Italia benpensante che grida allo scandalo quando sceglie di vivere la storia d’amore con Corrado Pani e vive in albergo per scansare una denuncia per concubinato. Lo fa quando diventa ragazza-madre negli anni Sessanta con la nascita di Massimiliano figlio dell’attore e viene messa all’angolo per un periodo dalla Rai. Salvo poi tornare e riprendersi tutto e anche di più. Lo fa quando sceglie le canzoni da interpretare anche quelle con i testi più scivolosi, dove seduzione, tradimento, amore folle non fanno paura. Lei è Mina, può. Lo è anche e soprattutto quando decide di diventare Sua maestà la magnifica “assente”. Decisione che, ad esempio, prenderà anche Lucio Battisti o in letteratura J.D. Salinger. Nel 1953, due anni dopo l’uscita e il successo de  “Il giovane Holden”, lo scrittore lascia New York e si ritira nella campagna del New Hampshire. Scomparire, ritirarsi e forse proprio per questo vincere la sfida più grande: non rinunciare a se stessi e dettare le regole della vita che si è scelto di vivere.


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