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Carla Ruocco

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Il problema delle sofferenze bancarie sarà certamente l’emergenza economica e finanziaria dell’anno prossimo. L’allentamento delle protezioni allestite dal governo mostrerà le vere ferite di cui è rimasto vittima il sistema delle famiglie e delle imprese.

Carla Ruocco, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario aveva proposto degli emendamenti alla legge finanziaria che avrebbero potuto limitare l’impatto sui debitori e anche sui bilanci delle banche. Le modifiche, però non sono state accolte dal ministero dell’Economia per lasciare posto alle nuove regole della Bce che rischiano di aggravare i problemi delle banche anziché risolverli.

Le sofferenze bancarie sono destinate a crescere in maniera esponenziale nel corso del 2021. Nella legge finanziaria però non sembrano esserci interventi specifici al riguardo. Come mai questa scelta di stampo negazionista da parte del governo?

«Si è preferito lavorare, cercando di migliorarle, sulle soluzioni tradizionali (in particolare le procedure esecutive sui patrimoni di famiglie e imprese) che sono ampiamente conosciute dal settore bancario. Mio malgrado, ho riscontrato mancanza di volontà da parte delle strutture tecniche del Ministero dell’Economia. Non hanno voluto approfondire e, eventualmente riformulare, gli interventi che avrebbero potuto facilitare la “gestione” da parte del sistema bancario delle posizioni deteriorate a vantaggio del tessuto produttivo. Occorre salvare le imprese intervenendo tempestivamente per non farle morire. Tanto meno attendere le crisi bancarie dovute ai fallimenti di imprese e clienti».

Lei come presidente della commissione banche aveva proposto un percorso per combattere la speculazione nata sulla cartolarizzazione delle sofferenze bancarie Ci può spiegare di che cosa si tratta e come mai, secondo lei non è stata accolta?

«Nel disegno di legge di bilancio avevo presentato due emendamenti. Il primo voleva favorire accordi transattivi tra debitori e banche. Era finalizzato anche a superare i significativi ritardi e le sospensioni delle procedure giudiziali ordinarie determinati in questo periodo dalle misure di distanziamento sociale. Inoltre era previsto un sistema di calcolo “ragionevole” per limitare il moral hazard dei debitori Venivano cioè penalizzati in maniera più pesante i soggetti che più hanno violato le obbligazioni contrattuali».

E il secondo emendamento?

«Il secondo incentivava l’utilizzo di fondi immobiliari riservati, per favorire una soluzione di mercato che concedesse “respiro” al debitore (canone di locazione agevolato per 10 anni, prezzo di acquisto predeterminato e costante nel tempo). Voglio sottolineare che entrambi gli emendamenti prevedevano soluzioni improntate al generale principio dell’autonomia delle banche e degli altri intermediari finanziari, per cui l’adesione avveniva su base volontaristica».

Ci sono proposte alternative alla sua?

«Sul punto mi limito a richiamare un recente report dell’European Banking Authority (EBA) “Risk assessment of the european banking system – december 2020” che nell’affrontare la nota problematica delle conseguenze della pandemia, si sofferma – in un significativo passaggio – sui rapporti tra banche e clientela colpita dall’emergenza economica affermando, tra l’altro, che “Le banche dovrebbero anche impegnarsi, il prima possibile, con mutuatari in difficoltà per trovare soluzioni attraverso la pazienza o misure simili” . Di proposte innovative (leggasi or similar measures) oltre quelle già citate non ne ho viste».

A gennaio entreranno in vigore le nuove norme Bce per il cosiddetto calendar provisiong che impone alle banche tempi più stretti per la copertura delle sofferenze. Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca ha definito questa norma come una bomba atomica sotto i bilanci delle banche. Qual è la sua opinione al riguardo?

«Il calendar provisioning della Bce che dispone accantonamenti automatizzati per le sofferenze bancarie, e le nuove regole Eba (l’autorithy di Vigilanza sul credito) sulla classificazione della clientela imporranno a partire dall’1 gennaio alle banche di considerare automaticamente inadempiente un privato o un’impresa che presenta un arretrato di novanta giorni anche per importi di entità pressoché irrilevante. L’adozione di queste regole avrà un impatto importante sul patrimonio delle banche e le costringerà a necessarie ricapitalizzazioni. Si apriranno così le porte a scalate ostili oppure a salvataggi pubblici. Tutto avrà effetti restrittivi sull’offerta di credito e spingerà verso la rapida chiusura delle posizioni problematiche aggravando le condizioni dei debitori. Soprattutto quelli che potrebbero riprendersi ristrutturando le posizioni».

Il governo ha deciso di stanziare nuovi fondi a favore di Mps sia come aumento di capitale sia sotto forma di credito d’imposta nonostante le perplessità del suo partito: come mai tanta caparbietà da parte del Mef?

«Sul punto mi sono espressa già diverse volte. Colgo l’occasione per ribadire che lo scenario post Covid è drammaticamente diverso da quello di tre anni fa. Non a caso l’Europa ha, per la prima volta, abbandonato la politica dell’austerity. Personalmente ritengo che non c’è solo la cessione come unica soluzione al problema Mps. Si potrebbe, ad esempio, dare alla exit strategy del Tesoro anche una prospettiva diversa e di medio-termine seguendo le procedure adottate in Spagna con l’unione tra Bankia e CaixaBank. Ad oggi, mi risulta che Amco (la bad bank pubblica) sia sprovvista di licenza bancaria. Ciò limita il suo ruolo strategico e di creazione di valore anche per lo Stato nell’ambito del processo di gestione dei portafogli di crediti deteriorati dall’acquisizione allo smaltimento».

La Bce ha deciso di scongelare solo parzialmente i dividendi delle banche. La decisione ha scontentato gli azionisti a cominciare dalle Fondazioni che avranno difficoltà a sussidiare il territorio proprio nel momento in cui il bisogno è maggiore. È d’accordo con le Bce o con le Fondazioni?

«Ritengo che quello dei dividendi sia un falso problema. Continuare ad applicare regole pro-cicliche come il calendar provisioning della Bce e le nuove regole, introdotte dall’Autorità Bancaria Europea in tema di default non potrà far altro che porre in difficoltà gli equilibri economico-patrimoniali delle imprese bancarie. A mio avviso occorre un netto cambio di passo attraverso l’allentamento e la revisione di misure non più ragionevoli per il contesto economico che stiamo vivendo. L’obiettivo principale di tutte le istituzioni, politiche e non, dovrebbe essere finalizzato a favorire la gestione da parte del sistema bancario delle posizioni deteriorate piuttosto che “abbandonarle” definitivamente nell’insolvenza. Solamente attraverso il ritorno in bonis di imprese e famiglie potrà essere assicurata la redditività delle banche, la distribuzione dei dividendi e la tenuta del sistema finanziario e produttivo».

Come commissione banche a gennaio chiamerete qualcuno del Tesoro o della Banca d’Italia per farvi spiegare quello che accade?

«Posso affermare che l’Ufficio di Presidenza ha convenuto circa la necessità di estendere il ciclo di audizioni in corso, relativo al mercato dei crediti deteriorati, ad altri soggetti. L’obiettivo è quello di approfondire l’impatto sul sistema bancario e sul tessuto produttivo delle normative europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche. In tale contesto si è collocata l’audizione dell’Abi del 14 dicembre. Sono in corso interlocuzioni con il Mef e con la Banca d’Italia per definire la data delle rispettive audizioni».


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