X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

HA IL GUSTO della nemesi storica (se non ci trovassimo davanti a un dramma collettivo) l’idea che il Comune di Ischia, causa Coronavirus, vieti lo sbarco nell’isola a cinesi, veneti e lombardi. Eppure. Eppure, il destino sotto forma di agente patogeno Covid 19, sta compiendo, in queste ore, le sue macabre evoluzioni. Il nord Italia galleggia in una condizione di crisi sfuggita ad ogni calcolo.  Qui è tutto uno spettrale coprifuoco.  Si contano più di 150 contagi, 45 in Veneto, 9 in Emilia Romagna, con una terza morta all’ospedale di Crema (“ma era già malata di tumore”, balbettano le autorità, come se fosse un’attenuante), ma le cifre sono un verminaio impazzito, aumentano con le ore. I numeri verdi telefonici sono intasati; e perfino  l’Organizzazione mondiale della sanità annuncia che invierà pattuglie di medici in Italia, perché impressionata dal crescente numero del contagio, intendendo che qualcosa nella macchina preventiva dello Stato italiano evidentemente non ha funzionato.  

Sembra di stare in un film, dove in un’atmosfera patibolare fatta di strade e di scaffali dei supermercati più vuoti del solito, il sospetto e la diffidenza diventano scelte comportamentali; e dove le precauzioni diventano contrazione delle certezze e, al contempo, della libertà personale. Sarà l’eco mediatica, ma il  sentimento  crescente è che, il virus sia quasi uno spettro che ti cammina accanto.

Il Duomo di Milano resterà blindato al pubblico «in via cautelativa» almeno fino al 25 febbraio mentre la maggior parte dei milanesi non rinuncerà alla tradizionale settimana bianca; le partite di calcio sono sospese così come vengono chiusi i musei, i luoghi di cultura tipo il Piccolo Teatro e La Scala, i concorsi pubblici, i pub e i bar (quest’ultimi solo dopo le 18); le sfilate di moda (la prima decisione è di Armani) si terranno a porte chiuse. E tutti i luoghi di lavoro, simbolo delle milanesità più sfrenata, vengono assoggettati a misure di sicurezza: per esempio, la nuova torre milanese di Generali a Citylife, ormai una delle icone della città, sarà blindata come un aeroporto: scanner termici installati agli ingressi misureranno la temperatura di chiunque.

Eppoi c’è, per tutti noi genitori, la faccenda delle scuole. Sia in Lombardia che in Veneto che in Emilia rimarranno chiuse tutte, di ogni ordine e grado; e idem per le università. Le scuole e l’idea ancestrale del contagio sono il refrain di ogni discussione in ogni famiglia milanese nelle ultime 48 ore. E quando ho visto, sui tg regionali, le immagini del funerale andato deserto di Giovanna, la 77enne di Casalpusterlengo prima vittima del contagio scoperto post-mortem, be’ lì ho realizzato che si trattava della fotografia plastica di questo allarme inedito oramai in bilico sull’isteria di massa.  

Il problema è che anche tra gli scienziati, qui, il virus passa da visioni diametralmente opposte.  Maria Rita Gismondo, direttore responsabile di Macrobiologia clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze, in un momento di tranquillità si sfoga su Facebook dell’Ospedale Sacco scrive su Facebook: «Il nostro laboratorio ha sfornato esami tutta la notte. In continuazione arrivano campioni (finora ne sono arrivati 3000, tutti negativi, ndr). A me sembra una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale. Non è così. Guardate i numeri. Questa follia farà molto male, soprattutto dal punto di vista economico. I miei angeli sono stremati. Vi prego, abbassate i toni!».  Ma le risponde il virologo Roberto Burioni: «In questo momento in Italia sono segnalati 132 casi confermati e 26 di questi sono in rianimazione (circa il 20%). Sono numeri che non hanno niente a che vedere con l’influenza (i casi gravi finora registrati sono circa lo 0,003% del totale). Questo ci impone di non omettere nessuno sforzo per tentare di contenere il contagio». E nessuno sforzo, in realtà, in questo momento, viene omesso dal ventre dell’operoso nordovest. Ma tutti noi che ci siamo in mezzo ci chiediamo: «Perché non ci hanno pensato prima? Perché siamo arrivati a questo punto?…».


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE