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Un anno esatto. E siamo al punto di partenza. Praticamente tutta l’Italia in lockdown. Anzi no, ora si dice zona rossa. Cambiano nomi e definizioni, ma le restrizioni e i divieti sono gli stessi. Ricordate marzo 2020? Tutti a casa, attività chiuse salvo quelle essenziali. Si può uscire solo nel proprio quartiere, con l’autocertificazione e per motivi seri, necessari, tipo fare la spesa o andare in farmacia. Niente sport, nemmeno più lezioni di aerobica sui tappetini fitness comprati da Decathlon magari online.

L’altro giorno passeggiavo in un parco vicino casa, bella mattinata con tanto sole. E ho visto una serie di persone, per lo più donne devo ammettere, sistemate in circolo su un prato verde, tutte a fare gli stessi esercizi indicati da un istruttore che evidentemente ha pensato di raggranellare così qualche spicciolo visto che le palestre è una vita che sono chiuse. Non si potrà più fare nemmeno questo, non in gruppetti anche se distanziati. Sport consentito vicino casa e individuale, con la mascherina.

Mi aspetto di vedere di nuovo tanti padroni di cani portarli a fare i loro bisogni più volte al giorno, per la felicità (chissà) dei vari Fido. Spero di non dover fare più lunghe file fuori dai supermercati come accadeva regolarmente a marzo e anche aprile dello scorso anno. E, detto tra noi, spero di non sentire più le persone tutti i pomeriggi alle 18 in punto affacciate ai balconi per cantare ed esporre striscioni con scritto su “tutto andrà bene”. La prima volta fu una sorpresa (frequento poco i social e cosi l’ho scoperto sul momento), la seconda fu piacevole, la terza – mentre  ero davanti al mio pc – mi chiesi che cosa avrebbero cantato. La quarta ho chiuso la finestra per non sentirli, non riuscivo a concentrarmi sul lavoro. E poi adesso mi sembrerebbe tutto così retorico.

È passato un intero anno, sono morte solo in Italia oltre centomila persone, 317 ancora oggi. Ci avevano detto: fate i bravi, seguite le nostre istruzioni/imposizioni e riusciremo a sconfiggere il nemico invisibile. In estate ci avevamo quasi creduto. Poi siamo ripiombati nell’incubo. Non ci dicono più: “buoni, state buoni, che a Natale  potremo riabbracciare i nostri cari”. Il 25 dicembre e poi il 26 e anche il 31 la maggioranza di noi li ha passati chiusi in casa, al massimo con i parenti conviventi e gli altri li abbiamo visti e salutati attraverso gli schermi dei telefonini e degli ipad. Pasqua sarà uguale. Ci siamo rassegnati.

È passato un intero anno e sembra tutto uguale. Ma a pensarci bene non è così. Sono arrivati i vaccini e, a essere sinceri, nessuno ci credeva che li avremmo avuti a disposizione così presto. Ancora una volta gli italiani si sono dimostrati un popolo che impara subito e presto: Ptifzer, Moderna, Atrazeneca, Sputnik, Jhonson. E ancora una volta, come in una qualunque partita del campionato di calcio, siamo tutti “allenatori” esperti. Meglio questo che quest’altro, “mi raccomando  cerca di schivare quello” che tanto serve a poco. Da quando si temeva che bisognava “convincere”  gli italiani a farsi vaccinare siamo passati all’impazienza, ai soliti furbetti, che sono riusciti a farsi inoculare la dose prima di altri. Il Covid non è riuscito a prevalere sui soliti vizi italici.

Gli esperti, quelli veri, hanno continuato ad azzuffarsi tra di loro in tv. Poi sono arrivate le notizie ferali: “morto poche ore dopo il vaccino”. Uno, due, tre in Italia e così in altri paesi. Sono morti collegate al vaccino?  No, non lo sono, assicurano. Ma c’è un lotto di Astrazeneca incriminato, che viene ritirato e bloccato praticamente  in tutta Europa. E noi, che non siamo esperti, che i virologi prima del marzo 2020 quasi non sapevamo manco chi fossero, noi che non siamo allenatori di niente se non della nostra mente, ora viviamo nella confusione più totale.

Ci possiamo fidare davvero? Non abbiamo risposte e ci chiudiamo sempre più in casa, zona rossa o gialla o arancione. Non possiamo fare altro che prendere ad esempio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e aspettare , senza scalmanarci più di tanto,  il nostro turno. Quando arriverà faremo il vaccino. Incrociando le dita e sperando di non essere in quello 0,001 per mille che svilupperà un micidiale effetto collaterale.

Le alternative d’altronde sono solo due: vivere sepolti nella nostra casa, o peggio ingrossare l’interminabile lista dei morti per Covid. E noi invece abbiamo un solo grande desiderio: ritornare a oltre un anno fa, alle nostre vite incasinate e a volte anche complicate. Ma erano le nostre. E le rivogliamo.


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