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Maria Ruhnau, foto inedita gentilmente concessa dall’archivio storico tedesco dei Testimoni di Geova

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MARIA e Mafalda, la serva e la padrona. Eppure tra loro nacque una relazione speciale che durò fino alla morte della principessa di casa Savoia, avvenuta il 28 agosto del 1944, nel campo di concentramento di Buchenwald in Germania, dove fu internata con il falso nome di Frau von Weber.

Alla figlia del re Vittorio Emanuele III, arrestata a Roma il 23 settembre del 1943, le SS assegnarono un’aiutante, Maria Ruhnau, che era una delle tante testimoni di Geova perseguitate e imprigionate per sua fede. Sapendo che la donna era guidata da elevati princìpi morali e che per questo diceva sempre la verità, i nazisti speravano di raccogliere informazioni confidenziali sulla famiglia reale, ma Maria non tradì mai Mafalda e anzi, diventò la sua confidente, la sarta che le adattò i vestiti recuperati nel campo e che le cedette persino le sue scarpe. La principessa le si affezionò al punto tale che prima di morire lasciò in dono all’amica l’unica cosa che le rimaneva: l’orologio che aveva al polso.

I nazisti in preda al loro delirio di onnipotenza, presero di mira milioni di persone a causa della loro razza, nazionalità o ideologia politica. Tra questi ci furono migliaia di testimoni di Geova, che furono perseguitati per la loro fede cristiana. I Testimoni di Geova, allora conosciuti come “Studenti Biblici”, furono gli unici sotto il Terzo Reich a essere perseguitati unicamente sulla base delle loro convinzioni religiose. Il regime nazista li bollò come nemici dello Stato per il loro aperto rifiuto di accettare anche gli aspetti più marginali del nazismo contrari alla loro fede e al loro credo: si rifiutavano di fare il saluto “Heil Hitler”, di prendere parte ad azioni razziste e violente o di arruolarsi nell’esercito tedesco. Inoltre, nelle loro pubblicazioni identificavano pubblicamente i mali del regime, incluso ciò che stava accadendo agli ebrei.

I Testimoni furono tra i primi ad essere mandati nei campi di concentramento, dove portavano un simbolo sull’uniforme: il triangolo viola. Dei circa 35.000 Testimoni presenti nell’Europa occupata dai nazisti, più di un terzo subì una persecuzione diretta. La maggior parte fu arrestata e imprigionata. Centinaia dei loro figli furono affidati a famiglie naziste o mandati nei riformatori. Circa 4.200 Testimoni finirono nei campi di concentramento nazisti con l’intenzione dichiarata di eliminarli dalla storia tedesca. Si stima che morirono 1.600 Testimoni, di cui 370 per esecuzione.

I nazisti cercarono di infrangere anche le loro convinzioni religiose offrendogli la libertà in cambio di una promessa di obbedienza. A nessun altro fu data questa possibilità. La dichiarazione di abiura (emessa a partire dal 1938) richiedeva al firmatario di rinunciare alla propria fede, denunciare altri Testimoni alla polizia, sottomettersi completamente al governo nazista e difendere la Patria con le armi in mano. I funzionari delle prigioni e dei campi spesso usavano la tortura e le privazioni per indurre i Testimoni a firmare, ma un numero estremamente basso abiurò la propria fede. Maria, una “bibelforscher”, una studentessa biblica, rimase fedele ai suoi principi e diventò il punto di riferimento della principessa Mafalda, colpevole di essere italiana e di appartenere alla famiglia reale. Le due donne alloggiavano nella Baracca 15, riservata agli “internati speciali”, ed era composta da dieci camerette e divisa in due parti da una piccola separazione. In entrambe le parti si trovavano una cucina e un bagno. Intorno alla baracca c’era un giardinetto circondato da un muro alto circa tre metri e mezzo, sormontato da un filo spinato inclinato verso l’esterno.

Da un rapporto inviato a Sua Maestà Vittorio Emanuele si ricavarono alcune importanti informazioni sulle condizioni di vita nel campo di Mafalda e Maria che poterono godere di una condizione privilegiata rispetto agli altri internati: il letto era fatto con semplici tavolette sulle quali era posto un saccone riempito di “paglia di legno” come materasso. Il vitto poteva considerarsi sufficiente come quantità (pane nero, margarina, surrogato di caffè non zuccherato, zuppa d’orzo e carne insaccata). Ma Mafalda era dimagrita in maniera impressionante e per lungo tempo non ricevette alcun cambio di vestiario.

Il 24 agosto del 1944, a mezzogiorno in punto, gli aerei alleati bombardarono il campo colpendo anche la baracca 15 e Mafalda fu ferita gravemente. La principessa poco dopo morì e di Maria non si seppe più nulla.


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