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Zlatan Ibrahimovic

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Il mondo del calcio, e non solo, si spacca. Dopo un susseguirsi di voci arriva l’ufficialità: nasce la Superlega che allarga il solco fra il calcio dei ricchi che in Italia coincide con i grandi club del Nord e quello meridionale che avrà sempre più difficoltà ad accedere al ricco piatto dei diritti tv.

Le dodici società che aderiscono all’iniziativa sono: per l’Italia Inter, Juventus e Milan; per l’Inghilterra Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United e Tottenham; per la Spagna Atletico Madrid, Barcellona e Real Madrid. 

Al parterre potrebbero unirsi le tedesche Bayer e Borussia (che tuttavia hanno già detto che non ci stanno) e i francesi del Psg che appaiono più titubanti. 

Un terremoto annunciato che suscita anche la reazione di Palazzo Chigi.  Dopo Emmanuel Macron e Boris Johnson, anche Mario Draghi annuncia che il governo «sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport».

Contro l’iniziativa scendono in campo compatte le tre federazioni calcistiche principali (inglese, spagnola e italiana) e le relative Leghe (Premier League, Liga e Serie A). Minacciano di adottare «tutte le misure a disposizione, a tutti i livelli, sia giudiziario che sportivo».

Lo scenario che si prospetta vede i 12 club coinvolti contro tutti. «Queste squadre che aderiscono al progetto hanno una grande responsabilità, rischiano di uccidere il campionato nazionale», ha tuonato Giovanni Carnevali, amministratore delegato del Sassuolo, che si fa portavoce del malcontento di tutti i club minori: «C’è grande conflittualità su tutto, sui fondi d’investimento, sui diritti tv, ci sono state anche sette società che hanno sfiduciato il presidente della Lega Paolo Dal Pino. Ora tutto questo può avere una spiegazione, capiamo che c’era un progetto completamente diverso. Probabilmente siamo stati presi in giro»

I “supericchi” d’Europa sono pronti a dare vita a un torneo d’elite dove di volta in volta saranno ammesse altre cinque squadre «che verranno selezionate sulla base dei risultati conseguiti nella stagione precedente». Le squadre che però intendono continuare «a competere nei loro rispettivi campionati nazionali, preservando il tradizionale calendario di incontri a livello nazionale che rimarrà il cuore delle competizioni tra club». 

Presidente della neonata Superlega è Florentino Perez, con Andrea Agnelli – che ha rassegnato le dimissioni dalla guida dell’Eca e rinunciato al posto nell’Esecutivo Uefa – e Joel Glazer come vice. Il nuovo torneo annuale «fornirà una crescita economica significativamente più elevata ed un supporto al calcio europeo tramite un impegno di lungo termine a versare dei contributi di solidarietà senza tetto massimo, che cresceranno in linea con i ricavi della lega – assicurano i 12 club – Questi contributi di solidarietà saranno sostanzialmente più alti di quelli generati dall’attuale competizione europea e si prevede che superino i 10 miliardi di euro durante il corso del periodo iniziale di impegno dei club».

Le società che hanno dato vita alla Superlega incasseranno «un contributo una tantum pari a 3,5 miliardi di euro a supporto dei loro piani d’investimento in infrastrutture e per bilanciare l’impatto della pandemia Covid-19». Ecco, la Superlega come risposta alla pandemia. Ma tutti gli altri non ci stanno. Dopo lo scisma, è pronta la guerra.


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