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Gianni Infantino

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ROMA – “Un anno Mondiale”. Così Gianni Infantino definisce un 2022 che è appena cominciato e che passerà alla storia del calcio per la prima Coppa del Mondo invernale della storia che si disputerà in Qatar.

Nel suo intervento ai microfoni di Radio Rai per il programma Radio Anch’io Sport, il numero 1 della Fifa affronta tanti argomenti, ma va da sé che la proposta di organizzare i Mondiali ogni due anni rubi la scena.

L’inizio però è dedicato a un grande del calcio che non c’è più, ma che non verrà mai dimenticato, ancor di più se lo stadio Olimpico di Roma davvero porterà il suo nome, anche se c’è chi non è d’accordo.

«Ma come si fa a essere contrari, non esiste. Tutti gli italiani e mi ci metto anche io come italiano all’estero, dobbiamo sostenere questa idea e questo progetto, nessuno ha avuto un impatto così positivo come Rossi su tutta una generazione di italiani, ha dimostrato che l’impossibile può diventare possibile – dice Infantino -. Avevo 12 anni, ricordo benissimo quel Mondiale del 1982 che ha rappresentato qualcosa di eccezionale e che ha permesso a noi italiani all’estero di essere guardati in maniera diversa. Per me lo stadio principale d’Italia va intitolato in fretta a Pablito e mi complimento con chi porta avanti questa iniziativa, i giovani devono ricordare la storia di Pablito».

Un anno importante per la Fifa, un periodo storico per il calcio che potrebbe cambiare tante cose e che in questi giorni si divide tra chi sostiene l’idea del Mondiale biennale e chi non è nemmeno sfiorato dall’idea di modificare la cadenza quadriennale.

«Non è una proposta di Infantino, 166 paesi hanno chiesto uno studio di fattibilità e l’88% ha votato a favore di questo studio – precisa il numero 1 della Federcalcio internazionale -. Per la Fifa che sia il Mondiale biennale o qualcos’altro ad aiutare lo sviluppo del calcio è uguale, ma l’importante è che la crescita sia a livello globale, che coinvolga tutti i Paesi. Lo studio dice che dal punto di vista sportivo l’idea funzionerebbe, ci sarebbero meno partite per le Nazionali, ma più partite che emozionano. L’impatto della partecipazione a un Mondiale per un Paese è fortissimo, molti non hanno questa fortuna, quando 100 anni fa fu deciso di giocare il torneo ogni 4 anni c’erano 40 Paesi che giocavano a calcio, adesso le cose sono diverse. L’impatto economico sarebbe positivo, ci guadagnerebbero tutti. Andrebbe anche a protezione dei campionati nazionali, ci sarebbero meno soste per gli impegni delle selezioni, proteggerebbe anche i calciatori, dopo il Mondiale ci sarebbe una pausa lunga di almeno tre settimane per permettere agli atleti di recuperare».

Infantino insiste sul concetto dello «sviluppo del calcio a livello globale. Se oggi ai Mondiali andassero 5 paesi europei e 13-14 africani i pareri sarebbero diversi. Gli studi fatti anche con i tifosi lo confermano, in Europa si è contrari perché il calcio è di alto livello, ma bisogna includere tutti. Io sono contento di aver messo sul tavolo il discorso delle Nazionali, si è parlato troppo di club che sono sicuramente importantissimi, ma lo sono anche le selezioni. Prenderemo il tempo necessario per discutere, l’importante è rispettare le opinioni di tutti, non deve essere un ristretto numero di persone a decidere il futuro del calcio».

E per chi teme che il Mondiale ogni due anni possa togliere interesse ad altri storici tornei continentali, Infantino garantisce che così non sarà: «Gli Europei potrebbero aver luogo ogni due anni, come sempre, anche con il Mondiale biennale». Intanto a fine 2022 si va in Qatar a giocare un’edizione storica, ma accompagnata dalle polemiche per i diritti umani.

«Sono tanti i progetti già messi in atto, non solo per i lavoratori ma per tutti, sono state cambiate delle leggi, sono stati introdotti i minimi salariali, senza l’impatto del Mondiale questi progressi in Qatar non ci sarebbero stati ed è importante riconoscerlo. Vale lo stesso discorso del Mondiale ogni due anni, portare il torneo in un Paese come il Qatar è un fatto di inclusione, farà vedere al mondo che ci sono stati cambiamenti positivi in pochi anni», ha aggiunto Infantino.

Infantino fa l’in bocca al lupo all’Italia di Mancini costretta agli spareggi («Già nel 2018 purtroppo non si è qualificata, non farcela ancora sarebbe brutto per una generazione di calciatori, ma anche di bambini e ragazzi») e poi parla di altre possibili novità legate ai regolamenti del calcio, come quella del tempo effettivo.

«Un’ipotesi che va studiata. Oggi uno dei problemi maggiori è che se c’è un piccolo fallo su un giocatore di una squadra che sta vincendo, questo va giù come se venisse colpito da un fulmine, cosa che non succede nel calcio femminile che andrebbe preso come esempio – sottolinea Infantino -. Il tempo effettivo potrebbe essere una soluzione, almeno 60 minuti ci vogliono, oggi se ne giocano 47-48, non so se è la strada giusta, ma io ero contrario alla Var, ma poi abbiamo visto che aiuta gli arbitri e che ci sono dei benefici. Ben venga ogni cosa che possa aiutare il calcio, come per esempio la regola del fuorigioco dando un po’ più vantaggi agli attaccanti, è un’altra cosa che si sta studiando».

Sì alla tecnologia, a patto che si riesca «a trasmettere l’emozione del calcio ai ragazzi, dobbiamo cercare di essere competitivi con le competizioni e con le regole. Ok la Var ma con il buonsenso, deve essere sempre l’arbitro a decidere, deve rimanere l’aspetto umano ed emotivo, dobbiamo invogliare i ragazzi e le ragazze a mettere da parte il telefonino per andare a giocare a pallone. Come farlo? Con le emozioni che trasmettono i club ma anche le Nazionali».

In collaborazione con Italpress


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