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Per raccontare la sua azienda parlava di “modernissime serre riscaldate con pannelli fotovoltaici”, ma lo hanno arrestato per “sistematico sfruttamento illecito della manodopera agricola”. Il caso del sequestro della StraBerry, azienda che distribuiva fragole fresche con apecar, e del suo fondatore ha colpito duramente un altro mito lombardo: il giovane bocconiano che inventa una startup di successo.

Guglielmo Stagno d’Alcontres, 31 anni, nel 2013 e nel 2014 era stato celebrato da Coldiretti con il premio Oscar Green. E nel 2015 aveva “ottenuto il riconoscimento produttore di qualità ambientale del Parco Agricolo Sud Milano” rivendicava sul suo sito aziendale. Sembrava l’unione perfetta tra il giovane giunto a Milano per studiare alla Bocconi e il capitalismo post Greta Tunberg: era il prototipo del successo del bocconiano moderno. Il capitalismo verde e amante dell’ambiente, Guglielmo guadagnava con un commercio di prodotti sani coltivati a 15 chilometri da piazza Duomo. Inoltre, grazie ai pannelli solari delle sue serre high-tech poteva non solo rendere energicamente autosufficiente la sua attività, ma distribuiva energia “per 4mila persone” raccontava sul suo sito.

E l’idea della consegna di prodotti a chilometro zero con piccoli mezzi piaceva: la pagina Facebook dell’azienda contava migliaia di fan appassionati dall’idea e la sagra che aveva inventato il giovane imprenditore nel 2016 era stata visitata da 15mila persone. La sua iniziativa era andata così bene che se ne era interessata anche Finiper, il gigante della grande distribuzione organizzata. Sembrava andare tutto per il verso giusto al giovane imprenditore, tanto che la sua creatura fatturava sette milioni di euro all’anno. Sembrava.

A interrompere il sogno ci ha pensato la Guardia di Finanza riportando sotto la Madonnina un termine ricondotto solitamente alle coltivazioni di pomodoro nel Sud: caporalato. Nell’ambito di un’inchiesta su questo fenomeno, anche la StraBerry (dall’inglese strawberry cioè fragola, ndr) è stata sequestrata dai militari. Il decreto è stato eseguito dagli uomini della compagnia di Gorgonzola che hanno accertato un “sistematico sfruttamento illecito della manodopera agricola a danno di circa 100 lavoratori extracomunitari”.

Nel complesso gli indagati sono 7: 2 amministratori, 2 due sorveglianti, 2 impiegati amministrativi e il consulente dell’azienda che predisponeva le buste paga. Dalle indagini, coordinate dal tribunale di Milano, sono emerse “anomalie nelle assunzioni e nelle retribuzioni dei dipendenti dell’azienda” e “gravi e perduranti violazioni delle norme che regolano l’impiego dei braccianti agricoli”. I lavoratori erano costretti a turni di 9 ore dietro pagamento di 4,50 euro all’ora. Alla iniqua retribuzione si aggiungevano vessazioni durante il lavoro: una continua vigilanza da parte dei responsabili dei turni e la violazione delle norme anti Covid-19 sul distanziamento sociale per accelerare i tempi della raccolta agricola. Il tutto sotto la minaccia costante del licenziamento.

Una situazione ben lontana da quel sogno italiano del nord produttivo senza fenomeni di illegalità, un quadro “schiavista” come è stato definito dal racconto della Gdf. Con lavoratori costretti ad accettare contratti di due giorni in prova senza compenso, per approfittare della manodopera gratuita. Inoltre le indagini dei militari hanno potuto constatare “l’assenza di dispositivi di protezione individuale, di spogliatoi, di docce e di servizi igienici a sufficienza (era presente, infatti, un solo bagno chimico esterno)”.

E le mancanze toccavano tutta l’organizzazione: “Risultavano mancanti il piano di prevenzione incendi ed il piano di emergenza – ha spiegato al GdF – Veniva tra l’altro accertato il precario deposito di diserbanti e fitofarmaci – sostanze che i responsabili facevano direttamente utilizzare ai braccianti, privi di ogni formazione, esponendoli, così, ad un grave rischio per la salute – nonché di generi alimentari destinati ad essere venduti ad operatori della grande distribuzione (sono stati, infatti, sequestrati oltre 27mila barattoli di marmellata esposti al sole)”.

Ora la Procura è intervenuta con decisione e, oltre agli arresti, ha disposto il sequestro di tutti i beni della società interessata, che comprendono 53 immobili tra terreni e fabbricati, 25 veicoli e 3 conti correnti. Infine, è stato nominato un amministratore giudiziario per dare continuità all’attività dell’azienda. Ma il vero duro colpo lo ha preso una figura simbolo degli ultimi 20 anni: il giovane imprenditore sfornato dalla Bocconi, l’università che in questi anni anche a livello politico ha assunto una posizione sempre più preminente. Suoi molti consulenti in ambiti delicati, suoi anche i presidenti del Consiglio dei Ministri come Mario Monti. E Bocconi voleva dire anche molto Milano, come città dell’economia e dell’avanguardia. Il caso StraBerry però ha incrinato questo mito, riportando con i piedi per terra una città che si è sempre considerata poco italiana e molto europea.


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