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Il dottor Guido Galli in un momento di relax in montagna

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«Mi autodenuncio, sto violando la legge ma non me ne frega niente. Prima viene il giuramento di Ippocrate, dopo le ordinanze. Ma molto dopo…».

Nella trincea del Covid19, in questi giorni, il padanissimo e solitamente mite dottor Galli sta sfondando la linea del Coronavirus con impeto quasi supereroistico. Mio figlio piccolo direbbe che usa la mascherina sciacquata nell’amuchina come lo scudo di Capitan America, lo stetoscopio a mo’ di ragnatela alla Spiderman e il ricettario tipo martello di Thor. Forse esagera. Però, in questo momento, il Galli, te lo vedi girellare come un pazzo in ogni angolo d’una Milano ingoiata dal silenzio, a stanar pazienti; ed è lì che li visita, li palpa, li ausculta, li rivolta come un calzino e prescrive loro – nonostante la legge glielo vieti – il mitico Plaquenil, il «farmaco per l’artrite reumatodide che blocca la cascata infiammatoria dei polmoni e, almeno per un po’, evita le ospedalizzazioni».

A TESTA BASSA

Il dottor Galli non è Massimo Galli, il noto infettivologo che va alla tv. No. E’ l’ “altro” Galli. E’ il meno conosciuto dottor Guido Galli, milanese, indomito medico di famiglia specialista in cardiologia ed endocrinologia con svariate esperienze all’estero, tre matrimoni alle spalle e 1.600 pazienti a carico. Pazienti che s’è messo in testa di sottrarre al ricovero e -quando può – alla tenaglia del virus. Il dottor Galli è una sorta di simbolo sussurrato: combatte a testa bassa contro i cretini della partita doppia sanitaria, i politici inadeguati infilati tra le corsie e la burocrazia lombarda che tende a ospedalizzare qualsiasi cosa in movimento dimenticandosi del grande filtro dei medici generali.
«La gestione dell’epidemia sanitaria è come lo spegnimento di un incendio: il nucleo principale è sempre l’oggetto dell’attenzione dei primi pompieri accorsi, i focolai periferici sono considerati secondari dai soccorritori, ma potenzialmente sono più pericolosi e difficili da gestire – racconta il medico – in Lombardia il fuoco principale è l’ospedale; giusto pensare prima all’inevitabile affollamento delle terapie intensive, ma incomprensibile essersi dimenticati del territorio».
Al dottor Galli le regole stanno strette quanto i protocolli. Ha un approccio sportivo all’esistenza; d’altronde viaggia tra i 50 e i 60 ma tra arrampicate, triathlon e partite da arbitro di calcio, mostra vent’anni in meno; e se la quarantena non gli avesse chiuso i Navigli sarebbe ancora lì a spararsi la mezza maratona tre volte la settimana. Ma tant’è.

ACQUISTI DI “CONTRABBANDO”

Al dottor Galli preme molto la verità oltre le quotidiane conferenze stampa: «I focolai secondari dell’infezione non sono ancora stati bonificati, lo dimostrano i numeri, molti di noi medici generali, figli di un Dio minore, hanno provveduto in proprio alla personale sicurezza con l’acquisto quasi di “contrabbando” di mezzi di guanti e mascherine per cercare di essere il più possibile disponibili all’assistenza dei pazienti con febbre e affanno respiratorio».
Il dottor Galli ce l’ha con tutti, anche con i colleghi seduti sulla massa dei propri assistiti: «Personalmente non capisco come un laureato in medicina possa negare la visita a un ammalato, avrei precettato molto dei miei colleghi, che hanno preferito imboscarsi nel momento in cui i sindacati, in assenza di Dpi, si sono lamentati. Inforcata mascherina e mezzi protettivi, quando si arriva a diagnosi di Covid manca ogni risorsa sia diagnostica che terapeutica applicabile al domicilio del paziente; al momento non sono disponibili protocolli di intesa scientifici tra specialisti ospedalieri e medici del territorio; perciò con l’aiuto di un amico “contrabbandiere” a cui peraltro devo la vita, sono riuscito ad avere una linea guida della Società Italiana di Medicina Generale che propone un trattamento domiciliare relativamente sicuro nelle fasi iniziali a base di clorochina come approvato recentemente da Aifa».

«RICERCA ASSURDA IN TV»

Il dottor Galli ha pure cercato anche di rispondere alla “chiamata d’arruolamento” per i medici lombardi, «ma mi sono reso conto che era completamente assurdo ricercare professionalità non formate all’emergenza/urgenza attraverso canali televisivi».

Al dottor Galli – come a tutti i lombardi autentici – l’ostentazione fa venire l’orticaria: «Cosa voglio? Cosa vuole che voglia? Farmaci, linee guida precise. Noi medici di base chiediamo la possibilità di fornire farmaci e supporto con ossigeno liquido al domicilio dei pazienti, se non si spegneranno i focolai residui prepariamoci ad una estate a bordo di un Corona materassino nelle acque dell’Idroscalo».
Azzardò, l’anno scorso, il leghista Giorgetti al meeting di Cl: «Nei prossimi cinque anni mancheranno 45mila medici di base. È vero; ma chi va più dal medico di base?». Non so se l’onorevole conoscesse il dottor Galli…


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