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Il contenimento da Coronavirus, che per molti è solo una limitazione della propria libertà, per altri è una vicenda cupa e tormentosa. Non a caso nella task-force voluta dal governo e messa in piedi da Vittorio Colao in vista della ripartenza c’è anche lo psichiatra Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute mentale della Ausl di Modena e consigliere dell’Associazione Luca Coscioni. La comunità scientifica è divisa su tutto. Converge però su un punto: la quarantena lascerà conseguenze. Aumenteranno purtroppo i casi di angoscia e depressione.

Come affrontare allora la paura del virus, quella che Adelia Lucattini, psichiatra e psicanalista ha definito “angoscia da sequestro”? La sensazione claustrofobica di sentirsi incarcerati, quel senso di estraniamento dalla realtà?. La terapia online può produrre effetti positivi, evitare che si vada in tilt. Esistono anche centri di ascolto gratuiti come quello della Società psicoanalitica italiana, rimedi utili per prevenire i disturbi emotivi che potrebbero presentarsi al momento della ripresa.

La psicologa Elisa Caponetti, psicologa dell’età evolutiva e specialista in psicologia giuridica, è un punto di riferimento nello studio e nel trattamento delle dipendenze. La Caponetti, consulente e perito del Tribunale, ha raccolto per noi quattro storie di ordinario disagio da Coronavirus. Con una premessa: proprio quelle che fino ai ieri si consideravano dipendenze, oggi si prestano ad una analisi nuova. Come vivremmo questi giorni da reclusi senza la Rete? Il surplus di ore che passiamo connessi, lo screen time, faranno parte forse della nostra vita per sempre? La risposta potrà darcela solo il tempo, la capacità quel genere di anticorpi che sviluppa la psiche e non si studiano in laboratorio.

L’ANSIA DELL’INSEGNANTE

Patrizia è una donna di 51 anni, sposata, due figli. Insegna in un liceo a Roma. Il marito lavora per una grande azienda. È di origine pugliese. Suo padre, di 82 anni è vedovo e vive a Bari. Negli ultimi giorni vive delle costanti crisi di ansia. È continuamente agitata e ha iniziato a soffrire di insonnia. Avverte le pressioni da parte della scuola. Ha difficoltà a adeguarsi alla nuova modalità di insegnamento con le piattaforme telematiche e le videoconferenze. È in uno stato di profonda angoscia. Non può andare a trovare il padre. Il marito non sta più lavorando. Con il coronavirus la sua vita è stata letteralmente rovesciata, stravolta. Ha paura di poter perdere il padre senza potergli stare vicino. Vive nel terrore del contagio. Teme per il suo futuro e quello della sua famiglia. Ha problemi economici.

IL MARITO VIOLENTO

Francesca ha 39 anni, è sposata da 12 anni. Ha un figlio di 14 anni. Il rapporto con suo marito negli anni si è caratterizzato da cicli di violenza sia fisica che verbale con momenti di apparente tranquillità e promesse di cambiamento. Francesca non ha mai avuto la forza di denunciarlo. Per un lungo periodo ha pensato di essere lei ad attivare gli agiti violenti di lui, perché era questo che le veniva fatto credere. Soltanto nell’ultimo anno si è resa conto che non è così e ha iniziato a pensare di voler uscire dall’inferno della sua vita familiare. Non ha però indipendenza economica. Per questo ha iniziato a cercare lavoro e a pianificare la sua vita senza il marito. Negli anni è riusciva comunque a mantenere una sorta di equilibrio e a capire come provare ad evitare gli agiti violenti. Il marito è un imprenditore e trascorre molto tempo fuori casa. Questo limita momenti di contatto con lui e limita la violenza. Con il coronavirus l’apparente equilibrio è saltato completamente. I suoi progetti lavorativi hanno subito un drammatico blocco. Lui non esce più per andare a lavorare. È nervoso e la violenza si è scatenata nuovamente.

LA PROFESSIONISTA OSSESSIONATA

Letizia ha 43 anni, è un’affermata professionista. Sposata, non ha figli. Ha sempre avuto una vita estremamente attiva, sia lavorativamente che socialmente. All’inizio ha reagito positivamente ai primi decreti di restrizione e isolamento. Finalmente avrebbe avuto un po’ di tempo per sé stessa. Col trascorrere dei giorni, è subentrata un’angoscia pervasiva, fino ad arrivare ad un profondo stato depressivo. Letizia pian piano ha iniziato a non avere più sonno addormentandosi solo intorno alle 3 di notte. Ha perso il piacere per fare qualunque cosa. Il suo quotidiano è ormai pervaso da una totale passività e dal terrore di poter essere contagiata. Non è più uscita di casa. Manda il marito a fare la spesa e al rientro, gli fa seguire ossessivamente una serie di rituali (la spesa va rigorosamente lasciata in corridoio, lui deve subito cambiarsi, lasciare le scarpe fuori e farsi una doccia. Subito poi la lavatrice. Gli alimenti vengono riposti utilizzando dei guanti, ecc.). È convinta che è solo questione di giorni, verrà contagiata e morirà.

LA CRISI NEI RAPPORTI

Roberto ha 45 anni, è sposato con Giulia 43 anni. Hanno un figlio di 15. Con la diffusione del coronavirus si sono ritrovati costretti all’isolamento forzato. Non erano abituati a trascorrere tutto questo tempo in famiglia. Hanno iniziato a sviluppare una forte conflittualità ed irrequietezza, non riuscendo più a trovare alcun punto di contatto. Ogni cosa è diventata elemento di fastidio, al punto da arrivare a mangiare in orari diversi pur di evitare di stare insieme. Le litigate sono continue. Il figlio quindicenne sta risentendo ancor di più di tutto questo. Da un momento all’altro si è visto privare delle sue relazioni sociali ed è stato catapultato in una realtà familiare che non riconosce più. Assenza di dialogo totale. Ora trascorre tutto il suo tempo chiuso in camera collegato al pc, pervaso da uno stato costante di malessere, ansia e noia. Ha iniziato a sviluppare una dipendenza da internet. Vive solo connesso.


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