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Papa Francesco

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Francesco torna a paragonare il populismo e le “politiche selettive” al nazismo: lo fa con un’intervista al giornalista britannico Austen Ivereigh, che è anche suo biografo, pubblicata da varie testate tra le quali “Civiltà cattolica”.

Stavolta quel paragone lo propone in vista del dopo pandemia: al quale – secondo Bergoglio – dovremmo prepararci progettando una nuova economia, mirando all’unità della famiglia umana e mettendo da parte esclusivismi e sovranismi.

Queste sono le parole in cui richiama il nazismo: «Oggi, in Europa, quando si cominciano a sentire discorsi populisti o decisioni politiche di tipo selettivo non è difficile ricordare i discorsi di Hitler nel 1933, più o meno gli stessi che qualche politico fa oggi».

È almeno la quarta volta che Francesco propone questo paragone, che puntualmente gli procura l’accusa di fare affermazioni generiche, mirate al sostegno di forze politiche di sinistra. E’ vero che il Papa, com’è suo costume, non argomenta compiutamente quell’affermazione, ma essa non è affatto generica se la leggiamo nei contesti in cui la viene formulando.

Interrogato l’agosto scorso dal quotidiano la Stampa precisò che il suo riferimento a Hitler mirava a segnalare la pericolosità del sovranismo in quanto promotore di “isolamento” e ispiratore di slogan del tipo “prima noi”.

E ancora: «Il sovranismo è chiusura» ed è «un’esagerazione che finisce male sempre: porta alle guerre».

In settembre, di ritorno da un viaggio internazionale, ha aggiunto l’indicazione che i populismi, come il nazismo, «cavalcano le xenofobie».

Francesco ha proposto quel paragone contundente perlopiù in conversazioni improvvisate, ma c’è stata un’occasione in cui l’ha svolto in modo più puntuale, il novembre scorso, parlando all’Associazione internazionale di diritto penale. Disse che il dilagare oggi della «cultura dello scarto e dell’odio», favorito da dichiarazioni di responsabili politici, ricorda l’Hitler del ’33 e del ’36 soprattutto perché identiche sono le vittime d’allora e di oggi, che elencò così: ebrei, zingari, omosessuali, stranieri, immigrati.

È una fortuna che nell’attuale rimescolamento dei popoli sul pianeta, e anche in vista del dopo pandemia, sia Papa e possa farsi ascoltare da tutti un uomo che viene dal Sud del mondo. Cioè che disponga della più alta autorità morale uno che può porsi del tutto naturalmente ad avvocato degli ultimi. «Degli spogliati», dice in questa intervista, ovvero dei popoli della fame, dei rifugiati, dei portatori di tutte le povertà.


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