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Giovani impegnati nei progetti Erasmus

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di MARIA GIOVANNA RULLO*

Caro Direttore, oggi come non mai si sente la necessità di parlare di Europa. E infatti ho deciso di farlo anche io. Voglio parlare di principi e di valori, di speranze e di esperienze che noi giovani europei viviamo quotidianamente per tenere unito questo meraviglioso continente. Quando ancora l’Europa non esisteva, il suo germe era già pronto a diventare un embrione e poi un continente. Era una entità civile e morale prima ancora che geografica.

L’EDITORIALE DEL DIRETTORE ROBERTO NAPOLETANO: DIPENDE DA NOI

UN’IDEA ILLUMINISTA

L’idea di Europa, sostiene Chabod, ha origini antiche ma è durante il Settecento che esplode e si impone con forza ai secoli successivi: “Il sentire europeo è un sentire di schietta impronta illuministica”. Era già un corpus civile, politicamente smembrato in innumerevoli Stati ma culturalmente unito da un intreccio di rapporti pubblici, usi e costumi comuni e legato dalla medesima visione di progresso scientifico. Era l’Europa degli Stati assoluti che iniziava a parlare di democrazia. Ed è proprio il concetto di democrazia – quello più recente, di Montesquieu, Voltaire e Rousseau – quel germe di cui parliamo, quello che ha dato dei confini reali alla odierna Unione Europea. Effettivamente, anche in America negli stessi anni – ci racconta bene Tocqueville – accadeva qualcosa di simile.

La democrazia arrivava nel Nuovo Continente, ma a differenza di quanto accadeva in Europa, approdava in maniera quasi pacifica, mediante un processo top down, voluto dalla sua classe politica. Infatti, a Parigi il Terzo Stato otteneva la Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen, a seguito della più importante rivoluzione della storia moderna, e a Filadelfia il Bill of Rihts arrivava direttamente dal Congresso. Due procedimenti diversi ma con la stessa origine: i lumi europei. Possiamo dirlo, il germe della democrazia è europeo e il germe dell’Europa è la democrazia. E la democrazia cos’è se non una necessità umana? la necessità di un gruppo di uomini e donne che vivono gli stessi tempi e gli stessi spazi?

NECESSITÀ COMUNE

E allora l’Europa è una necessità. Mazzini, in tempi non sospetti fu molto chiaro: la patria “è il punto d’appoggio della leva che si libra tra l’individuo e l’umanità”, e l’umanità è la patria delle patrie: è la giovine Europa dei popoli che succede alla vecchia e stanca Europa dei prìncipi. La necessità di essere Europa accompagna l’Europa in tutti i suoi momenti di vita, in quelli storici e in quelli meno noti, in quelli gloriosi e soprattutto in quelli più disastrati. È stata, ed è ancora, la necessità di stare assieme, di condividere la stessa storia, di essere più forte di ogni sua singola unità.

È la necessità di pace di cui aveva bisogno nel 1945, e che ha fatto di un disastro una rinascita e di disperazione speranza. Da Ventotene ad oggi, l’Europa è sempre stata una speranza per tutti. La speranza di pace per Altiero Spinelli, la speranza di un mondo migliore per noi giovani Erasmus. Noi, generazione di ragazzi che parliamo lingue differenti ma comunichiamo con lo stesso linguaggio. 

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Noi ragazzi con origini diverse ma uniti tutti da una stessa cultura. Noi ragazzi europei che sogniamo gli Stati Uniti d’Europa ma contestualmente lavoriamo concretamente all’unione politica di questo continente. Perché crediamo che uniti si possano affrontare le più grandi problematiche mondiali e che l’Europa se ne possa fare carico più di ogni altra entità politica e giuridica. Perché l’Europa è il Vecchio continente e i vecchi per definizione sono saggi. Anche oggi, nonostante la crisi identitaria che si vive nei confini a causa di sovranismi ed euroscetticismi, sento che questo continente è ancora il più adeguato a confrontarsi con il resto del mondo. Credo sia l’interlocutore più diplomatico e di buon senso tra i vari “eccessi” geo-politici. Credo che si possa fare carico di problematiche mondiali quali la tutela dell’ambiente e la crisi della democrazia, o la totale assenza della stessa, in alcune aree del mondo.

LIBERI IN UNA COMUNITÀ

Salvini, Orban, Le Pen, Farage hanno potuto affermarsi solo perché abbiamo lasciato loro lo spazio di trasformare il concetto di unione in quello di mucchio disordinato, di confusione, perdendo di vista quello che l’Europa è realmente: il connubio tra particolare e generale; una moltitudine di individualismi con una visione d’insieme; collaborazione all’opera comune. Varietà nell’unità. E chi è abituato alla diversità, e sa come gestirla in un unico grande spazio, può ergersi a portatore di libertà. Ma la libertà esiste solo in una logica di mediazione, che non significa stare nel mezzo, ma cedere parte del proprio orgoglio al più nobile sentimento di comunità.Un po’ come avvenne quella sera in Spagna, durante gli europei di calcio, in cui tutti e venti, davanti a una tv, tutti di nazionalità diversa, ci sentimmo liberi di esultare e di imprecare senza il timore che qualcuno si offendesse, perché comunque sarebbe finita in una bicchierata, perché in fondo eravamo tutti europei.

* Laureata in Relazioni internazionali all’Università di Calabria


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