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Paolo Arata

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L’eolico, l’energia rinnovabile, oppure i «pali», come dice intercettato Totò Riina al suo interlocutore, durante la socialità, nel carcere milanese di Opera, nel 2013. Quei «pali» a cui sono tanto interessati Cosa Nostra, e Matteo Messina Denaro, il superlatitante di Castelvetrano a capo della cupola mafiosa. 

Bisogna seguire questa sorta di filo di Arianna, e non perdere mai di vista la politica, per orientarsi nel «labirinto» che inizia a Genova e finisce a Trapani, passando per Roma, e per comprendere il modus in cui si struttura l’attività illecita relativa all’inchiesta su un presunto giro corruttivo, attuato per ottenere autorizzazioni finalizzate a chiudere affari nel settore dell’eolico e del bio-metano. Ecco, la politica. 

L’inchiesta rischia di avere ripercussioni sulla tenuta del governo (guardando allo scontro in atto tra Lega e M5S) perché, dopo le vicende relative all’ex sottosegretario Armando Siri, all’ex viceministro Edoardo Rixi (che ha lasciato dopo una condanna), e in attesa della sentenza per il viceministro dell’Economia Massimo Garavaglia prevista per il 17 luglio, nelle scorse ore è finito in cella un uomo considerato vicino al Carroccio.

L’OPERAZIONE

 L’operazione ha infatti portato all’arresto dell’ex deputato genovese di Forza Italia ed ex consulente della Lega, per l’energia, Paolo Arata. In carcere è finito anche il figlio di quest’ultimo, Francesco. 

I due sono accusati di corruzione, autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni. Stessa sorte è toccata all’imprenditore trapanese Vito Nicastri (già detenuto) e al figlio Manlio. Il gip ha invece disposto i domiciliari, per l’ex funzionario regionale dell’Assessorato all’Energia, Alberto Tinnirello. Stando alle ipotesi d’accusa formulate dalla Procura, Arata e il figlio sarebbero «soci occulti» dell’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri. Quest’ultimo è ritenuto vicino al boss Matteo Messina Denaro. L’inchiesta segue principalmente due filoni. 

Una tranche nei mesi scorsi è finita a Roma, per la questione della mazzetta da 30mila euro, che, si evincerebbe da alcune intercettazioni telefoniche, Arata avrebbe «indirizzato» all’ex sottosegretario alle Infrastrutture (della Lega), Armando Siri. In cambio dei soldi, Siri avrebbe presentato un emendamento al Def, che però non è stato mai approvato. 

Si trattava, di un emendamento relativo agli incentivi legati al mini-eolico, segmento in cui Arata aveva investito. Ricordiamo inoltre, che Armando Siri (indagato per corruzione) è stato licenziato dal premier Giuseppe Conte, su input di Luigi Di Maio, nonostante Matteo Salvini lo avesse fortemente difeso. 

ARATA JR. E GIORGETTI

Abbiamo scritto, all’inizio del pezzo, che per comprendere questa vicenda, bisogna guardare sempre alla politica e all’importanza dei contatti (in questo caso di colore verde). A questo punto va pure sottolineato che un altro figlio di Paolo Arata, Federico (estraneo all’inchiesta in oggetto), è stato assunto a Palazzo Chigi da Giancarlo Giorgetti, sottosegretario leghista alla Presidenza del Consiglio. Lo stesso Federico Arata, mediatore dei rapporti con l’ideologo Steve Bannon, è stato in più occasioni, con Siri, a Londra. 

Ancora a proposito di Siri, «tra i fatti di reato, nel corso delle indagini erano emersi anche ipotizzati accordi corruttivi raggiunti a Roma nel settembre 2018 da Paolo Arata, dal figlio Francesco e dell’attuale senatore Armando Siri, e che determinavano quest’Ufficio a trasmettere i relativi atti alla competente Procura della Repubblica di Roma, ufficio con il quale è in corso pieno e proficuo coordinamento investigativo che ha consentito tra l’altro, lo scorso 18 aprile, l’esecuzione congiunta di attività di perquisizione e sequestro nei confronti di alcuni indagati iscritti sia nell’ambito del presente procedimento che nell’ambito di quello pendente innanzi alla Autorità Giudiziaria di Roma», è scritto nell’ordinanza. Il gip sottolinea inoltre la contiguità di Arata con il Carroccio quando osserva che «dalle indagini è emerso che Arata ha portato in dote alle iniziative imprenditoriali con Nicastri gli attuali influenti contatti con esponenti del partito della Lega, effettivamente riscontrati e spesso da lui sbandierati», contatti ereditati dall’avere «fatto tesoro della sua precedente militanza politica, in Forza Italia per trovare canali privilegiati di interlocuzione con esponenti politici regionali siciliani». Rapporti di cui Arata parlava apertamente dicendosi «sponsorizzato» dal presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè.

IL FILONE  SICILIANO

L’altra tranche dell’inchiesta, invece, è rimasta a Palermo; si tratta dell’indagine sul giro di corruzione alla Regione Sicilia. Gli indagati, secondo i pubblici ministeri palermitani, sarebbero coinvolti in un giro di tangenti. 

Dietro la corresponsione di mazzette (dagli 11 ai 115mila euro) l’imprenditore Nicastri e il suo socio occulto Arata, avrebbero ottenuto le autorizzazioni necessarie per i propri affari. L’ex consulente della Lega, è indagato, per avere, in concorso (con il figlio, e con Vito e Manlio Nicastri), «e previo accordo tra loro (quali titolari e/o soci, occulti delle società compartecipi dei progetti di costruzioni di impianti di bio-metano formalmente riferibili alla Solgesta srl, partecipata dalla Solcara), promesso e dato, a causa e per l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri, a Tinnirello Alberto, pubblico ufficiale responsabile del Servizio III Autorizzazioni e concessioni del Dipartimento Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica utilità dell’Assessorato regionale all’energia ed ai servizi di pubblica utilità, somme di denaro (allo stato non quantificate)», è possibile leggere nell’ordinanza. 

I SEQUESTRI

Nell’ambito dell’inchiesta il gip ha disposto il sequestro preventivo di otto aziende, affidandole a due amministratori giudiziari. 

Le società in questione sono: la Etnea srl; la Alqantara srl; la Solcara srl; la Solgesta srl; la Bion srl; la Ambra Energia srl; la Greta Wind srl; la Intersolar srl. 

Le aziende rappresentano il fulcro delle indagini, poiché spiegano i magistrati, «le indagini sino ad ora svolte hanno consentito di ricostruire con indubbia chiarezza, la creazione di un reticolo di società, tutte operanti nel mercato delle energie rinnovabili, facenti capo solo formalmente alla famiglia genovese degli Arata (oltre a Paolo, ex parlamentare nazionale, anche al figlio Francesco ed alla moglie Rollino Alessandra), ma di fatto riferibili all’imprenditore alcamese Vito Nicastri, vero regista delle strategie societarie, considerato dal medesimo Paolo Arata “la persona più brava dell’Eolico in ltalia”».

I PRECEDENTI

Nicastri, annotano gli inquirenti nell’ordinanza, «oltre ad avere un’indubbia competenza ed abilità nel settore eolico, è un imprenditore in passato condannato in via definitiva per i reati di corruzione e truffa aggravata, commessi agli inizi degli anni 2000 proprio in relazione ad iniziative imprenditoriali nel settore delle rinnovabili; poi, in ragione anche dei suoi datati rapporti con l’organizzazione mafiosa, gli è stata applicata, nel 2013, la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, nonché quella reale della confisca di un ingentissimo patrimonio». 

Nicastri, lo ribadiamo, considerato vicino al superboss latitante, Matteo Messina Denaro, poteva continuare ad operare in maniera occulta, anche e soprattutto attraverso il suo prestanome, vale a dire Arata. 

Che faceva da «interfaccia» per «una fitta rete di relazioni con dirigenti e politici regionali al fine di ottenere (in un caso anche dietro versamento di denaro) corsie preferenziali e trattamenti di favore nel rilascio di autorizzazioni e concessioni necessarie per operare nel settore. 

Inoltre, il sorvegliato speciale alcamese (Nicastri), oltre a spendere la propria competenza tecnica nel settore delle rinnovabili e le sue conoscenze nei gangli amministrativi», ha potuto far affidamento sulla importante rete di rapporti istituzionali facente capo proprio a Paolo Arata


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