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Mara Carfagna

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«Se l’autonomia rimane così, Forza Italia non la voterà». A dirlo è Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e coordinatrice di FI in tandem con Giovanni Toti.

Per FI è un momento di transizione, ha un coordinatore del Nord e una coordinatrice del Sud. Sull’autonomia avete una posizione univoca?

Fatemi chiarire: Forza Italia ha due coordinatori nazionali, non un coordinatore del Nord e una del Sud. Esistono provenienze geografiche e sensibilità diverse ma un unico partito per l’intera Nazione. Detto questo, Forza Italia è a favore dell’autonomia perché implica una maggiore assunzione di responsabilità di ogni singolo territorio. Ma questo deve avvenire senza alcuna penalizzazione per i diritti dei cittadini che vivono nelle regioni meno ricche.

Dell’autonomia proposta dalla ministra Stefani cosa pensa?

Penso che l’autonomia sia una facoltà costituzionale da riconoscere per alcune specifiche competenze, non in modo generalizzato. È legittimo aspirare all’autonomia sui beni culturali e la tutela del territorio, o sul sostegno delle pmi, ma che senso ha frammentare tra regioni la politica energetica, le reti infrastrutturali o la scuola pubblica? Inoltre, prima della facoltà concessa dalla Costituzione va rispettato l’obbligo – anch’esso costituzionale – alla perequazione, cioè al sostegno fiscale dei territori più in difficoltà. Il ministro Stefani dice che il Sud percepisce più di quanto paga in tasse. Peccato che si riferisca alla cosiddetta “spesa statale regionalizzata”, che è solo la ripartizione per territorio delle Spese del bilancio dello Stato, meno di un terzo del totale. Sono escluse, per intenderci, il bilancio Inps e degli enti territoriali. Se includiamo queste voci la tesi del ministro purtroppo cade: secondo Svimez, il Veneto ha una spesa pubblica pro capite di 8200 euro, la Campania poco meno.

L’ufficio legislativo di Palazzo Chigi ha rilevato il rischio che l’autonomia porti via soldi alle regioni ordinarie. Forza Italia la voterebbe comunque?

Così come è, no. Noi siamo a favore dell’autonomia prevista dalla Costituzione, non a quella portata in consiglio dei ministri. Ogni italiano deve poter godere degli stessi diritti dovunque viva. In intere province del Sud il trasporto pubblico è una chimera, la formazione e la riqualificazione professionale non hanno risorse se non quelle dei fondi europei, mancano del tutto i servizi alla maternità e alla conciliazione lavoro famiglia. Eppure si tratta delle Regioni dove più occorre investire. O pensiamo che i problemi del Sud si risolvano con il reddito di cittadinanza o, peggio, con la rassegnazione all’emigrazione dei nostri figli migliori? Qui non parliamo di territori a cui mancano risorse perché chi li ha amministrati le ha sprecate. Parliamo di fondi nazionali che vengono ripartiti sui territori sulla base di criteri che penalizzano il Sud.

In questi mesi il Quotidiano del Sud ha pubblicato inchieste sui veri numeri della Spesa pubblica: il Sud riceve un 6% meno del dovuto. Che idea si è fatta?

State portando avanti una grande battaglia. Sono favorevole all’autonomia, come sempre dichiarato, ma a condizione che le Regioni che la richiedono accettino anche la sfida di fare meglio dello Stato, risparmiando e garantendo maggiore efficienza. Usare i meccanismi costituzionali per mettere in atto forme più o meno velate di secessione è una follia. Chi gioca a scimmiottare la Catalogna, sarebbe responsabile di un caos paragonabile a quello della Spagna.

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La presidente della Commissione Finanze, Carla Ruocco, ha annunciato un’indagine conoscitiva proprio su questi numeri. Il suo partito l’appoggerà?

Quando bisogna capire come vengono distribuiti e spesi i soldi degli italiani noi siamo sempre favorevoli. Aspettiamo di sapere come Carla Ruocco intenda impostare l’indagine conoscitiva, poi decideremo. Di certo, non serve essere un indovino per rendersi conto, ad esempio, che la spesa per investimenti al Sud è molto inferiore alla quota di popolazione residente. Di Maio dice No alla Tav Torino-Lione in nome delle infrastrutture meridionali: ad oggi, non vediamo né la prima, né le seconde.

Il drenaggio di risorse che ogni anno vengono sottratte al Sud vale 61 miliardi di euro l’anno, una cifra che si traduce in carenza di servizi per molti Comuni meridionali: a Casoria, per fare un esempio, la spesa per gli asili nido è zero.

Conosco la vicenda di Casoria, hanno aperto il primo asilo nido pochi mesi fa. All’inaugurazione è andato persino il presidente della Regione. Siamo arrivati al paradosso che l’apertura di un asilo nido di un Comune di quasi 80mila abitanti sembra meritare l’attenzione delle massime autorità istituzionali, quasi fosse l’inaugurazione delle Olimpiadi. Secondo gli standard europei dovrebbero esserci circa 33 posti per ogni 100 bambini, ma in Campania ne abbiamo circa 6 per 100 bambini, in Calabria 9 e in Sicilia 12. Di contro, in Emilia Romagna sono 35 e in Lombardia 27. Capisce perché chiediamo equità tra i cittadini meridionali e quelli delle regioni che richiedono l’autonomia?

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Zaia e Fontana hanno giustificato questa sproporzione di trasferimenti sulla base di presunti residui fiscali a favore delle loro regioni. Ha senso fare valere la regola secondo cui chi paga di più deve avere di più?

Si pagano le tasse da cittadini italiani, dovunque si vive. Un ricco siciliano o campano non paga meno di un ricco veneto o lombardo. Perché, allora, una famiglia meridionale meno abbiente dovrebbe avere meno servizi di una famiglia del Nord altrettanto povera? Concentriamoci sugli sprechi, invece. Un km di ferrovia o una siringa al Sud costano più che al Nord? Se questo accade, per inefficienze o fenomeni di corruttela, siamo di fronte a un malaffare che va combattuto, ma questo non ha nulla a che vedere con i diritti sociali dei cittadini meridionali. Se invece al Sud si danno meno soldi perché si fa prevalere il criterio della spesa storica, allora siamo di fronte al tentativo di spaccare l’Italia in due.

Toti ha fatto domanda per l’autonomia della Liguria, lei ha ribadito il no a secessioni mascherate. Siete sicuri di fare parte dello stesso partito?

La visione di Forza Italia è chiara: si all’autonomia, a patto che si garantiscano a tutti uguali diritti e uguali prestazioni. Si alle amministrazioni che accettano la sfida della responsabilità e della trasparenza. No a un’Italia che si spacchetta in tre: regioni a statuto speciale, regioni autonome e regioni ordinarie.

Sabato per Forza Italia c’è un appuntamento cruciale, la riunione indetta da Toti al grido di: “Primarie o me ne vado”. Come sarà Forza Italia domenica mattina?

Non ho la sfera di cristallo. Quello che so è che a Giovanni e me è stato affidato un compito: coordinare Forza Italia fino al congresso e contribuire a scrivere le regole di questa nuova fase del nostro partito. E’ un bagno di democrazia per noi, un’occasione che dovremmo sfruttare per rilanciare sui contenuti, invece vedo troppi scontri interni, sembra una resa dei conti infinita. È una guerra fratricida che non ci fa bene per nulla, anzi ci danneggia profondamente.

Nell’eventuale Forza Italia senza Toti, Salvini e Meloni sarebbero ancora gli alleati naturali?

Mi sembra un processo alle intenzioni. Parliamo invece di quali sono i punti programmatici da cui dovremmo ripartire: crescita, sviluppo, attenzione alle famiglie, agli imprenditori, ai commercianti. Noi vogliamo dare risposte e le nostre risposte non si basano sulla paura, ma nascono dalla speranza. Detto questo Forza Italia è e resta radicata nel centrodestra quindi la Lega e Fratelli d’Italia sono i nostri alleati. Ora, per favore, chieda anche a Salvini e Meloni se Forza Italia è ancora il loro alleato naturale…


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