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Attilio Fontana

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Va bene l’autonomia differenziata prevista dalla Costituzione, ma dopo aver letto le bozze dei disegni di legge sulle intese tra il governo le tre regioni, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (che il Quotidiano del Sud ha potuto visionare) viene da chiedersi cosa resti della Repubblica unitaria. La volontà di procedere all’approvazione dei disegni di legge sull’autonomia, prevista dal contratto di governo, prima che siano definiti gli elementi basilari per percorso che sono i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e i fabbisogni standard, pone una serie di rischi sui risultati dell’operazione, in termini di equità, solidarità e, appunto, unitarietà della Repubblica, che va comunque garantita.

I FRENI 

Inoltre, le funzioni oggetto di trasferimento dallo Stato a livello locale sono così ad ampio raggio (dall’istruzione alla tutela dell’ambiente, dalla tutela del lavoro alla protezione civile, ai trasporti) che le regioni sembrano acquisire le sembianze di “staterelli”’ indipendenti, poco orientati a confrontarsi con il resto del Paese, se non il minimo indispensabile che serve a salvare l’apparenza. L’orientamento prevalente delle regioni sembra comunque quello di assicurarsi il trasferimento delle competenze e la gestione delle risorse per svolgerle, cercando di accaparrarsi ogni spazio finanziario possibile. Dall’altro lato, il vaglio del ministero dell’Economia, che deve garantire la compatibilità finanziaria globale del percorso, sta ponendo vari freni.

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Visionando le bozze è chiaro che i testi sono ancora in alto mare. Numerosi gli aspetti controversi su cui non c’è ancora accordo tra ministeri e regioni. Alla regione Lombardia, nella bozza del disegno di legge che recepisce l’intesa intercorsa, sono attribuite 20 materie. Oltre alle principali, già citate, figurano i rapporti internazionali, il commercio con l’estero, le professioni, la ricerca scientifica e il sostegno all’innovazione, l’alimentazione, l’ordinamento sportivo, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia, la valorizzazione dei beni culturali.

DOV’È LO SCIPPO

Dove si consuma lo scippo di risorse dal Sud verso il Nord? È illustrato nell’articolo 5 della bozza dedicato alle risorse finanziarie. Inizialmente il riconoscimento di risorse per l’espletamento delle funzioni trasferite dallo Stato avviene secondo la spesa storica. Entro un anno dall’entrata in vigore dei decreti attuativi dell’autonomia, dovranno essere definiti i fabbisogni standard per ogni singola materia, fatti salvi i livelli essenziali delle prestazioni. Qualora, entro tre anni dai decreti attuativi i fabbisogni standard non siano  stati adottati, l’ammontare delle risorse assegnate alla regione non può essere inferiore al valore medio nazionale pro capite della spesa nazionale per l’esercizio delle stesse funzioni. Questa la versione dei Ministeri alla quale la regione chiede di apportare una modifica per accelerare l’entrata in vigore dei fabbisogni. In ogni caso, lo scippo rischia di avvenire col principio del valore medio nazionale pro capite che per diverse funzioni, come l’istruzione, in regioni come la Lombardia risulta più altodella spesa storica. E poiché il trasferimento di funzioni deve avvenire senza oneri aggiuntivi per il bilancio statale, vuol dire che per altre regioni, sicuramente quelle del Sud, resterà meno di quanto viene oggi attribuito.

Ma c’è di più. La Lombardia si vuole tenere la sua cassa, fare spese da Paperone e se per caso le mancano i soldi paghiamo noi. Le risorse per lo svolgimento delle funzioni trasferite e per gli investimenti vengono riconosciute alla Lombardia attraverso la compartecipazione al gettito Irpef (o aliquote riservate) e di altri tributi. Ma cosa succede qualora a livello statale si decidano interventi per ridurre la pressione fiscale, che riguardano la base imponibile, interventi che possono portare ad un calo del gettito della compartecipazione? La regione deve poter contare sullo stesso introito e propone una clausola di salvaguardia per la completa compensazione (modifica dell’aliquota di compartecipazione e attribuzione di altri tributi). Insomma, se lo Stato può fare a meno di risorse e cala le tasse, la Regione Lombardia deve avere sempre la stessa cifra.

LA CACCIA AL TESORO

Una richiesta specifica che avanza la Lombardia, presente nella bozza e ancora in discussione, riguarda le politiche ambientali. Si chiede di attribuire alla regione la gestione di un fondo pluriennale, appositamente costituito per la Lombardia dallo Stato, per garantire un flusso annuale certo di risorse per le politiche energetiche e ambientali in materia di rifiuti e bonifiche regionali, tutela delle risorse aria, acqua, suolo, difesa dall’inquinamento.

Si batte cassa anche per il trasporto pubblico locale. La proposta della Lombardia, anche questa ancora in discussione, prevede il finanziamento del trasporto pubblico locale attraverso l’assegnazione del gettito delle compartecipazioni ai tributi erariali in sostituzione della partecipazione al riparto del fondo nazionale. Come dire, meglio mettersi al riparo da eventuali tagli al fondo nazionale, che si ripercuoterebbero anche sulla quote della Lombardia, e fare affidamento sul gettito fiscale di una regione ricca.

Soldi si cercano anche dai fondi pensione. L’articolo 37 della bozza attribuisce alla Lombardia la potestà legislativa sulle forme collettive di previdenza complementare istituite nella regione. A questo si aggiunge una disposizione chiesta dalla stessa regione secondo cui è attribuita alla Lombardia il gettito dell’imposta sostitutiva sui rendimenti dei fondi pensione.


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