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Matteo Salvini

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Il Direttore del Quotidiano del Sud commenta le scorribande salviniane nelle spiagge del Sud ricordando al “curioso” (in senso partenopeo) Capitano i suoi debiti in sofferenza, e quel discreto profumo di rubli nel quale una certa vulgata lo avvolge.

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Ciononostante le folle del Sud sembrano acclamare le argomentazioni del capopopolo e applaudono (sarà vero?!) l’inno all’autonomia che il barbudo (per ordine di scuderia) intona affinché Zaia e Fontana sentano e… consentano. E per non lasciar dubbi al serenissimo Zaia e al pallido prosaico Fontana l’irsuto, sudato Capitano chiama ladri e parassiti quelli del Sud che non condividono l’invito a tuffarsi nel virtuoso bagno promesso. 

In realtà la guerra lampo che doveva instaurare “questa” strampalata autonomia lombardo-veneto-emilano-romagnola (dono delle sciagurate preintese del moribondo governo Gentiloni) è finita con una sonora battuta d’arresto. Ma è stata la “casta” e non la politica, incapace di fare il suo mestiere, a smantellare le velleità di una ministra che fidava su numeri “addomesticati” per convincere e vincere. Ma la partita è tutt’altro che chiusa, anzi arrivare a “qualcosa” è ora più urgente e necessario che mai e l’ obiettivo dall’en plein prospettato dalle preintese, riveduto e corretto, è oggi parimenti esiziale per il Paese (Nord e Sud!).

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Come sarebbe (sarà) la Repubblica a valle di “questa” eventuale autonomia? È abbastanza semplice figurarcelo: una confederazione di regioni che si autoproclamano “virtuose” (dalla Liguria al Friuli) potrà – a norma dell’ articolo 117 della Costituzione – varare con leggi regionali organi di governo comuni, controllando (secondo le loro richieste) risorse fissate da una spesa storica che di fatto garantisce un “abnorme privilegio” nell’uso delle risorse erariali. Residuerà un Centro-Sud con una Toscana incerta se inseguire il Nord che pure la vorrà arruolare o nobilitare con la sua forzata presenza il derelitto Sud che attende ben presto Marche e Umbria in rapida via di avvicinamento.

Se tutto ciò avvenisse, con il conferimento di funzioni e risorse collegate, lo Stato centrale diverrebbe un curioso paguro senza peso ed autorità ed il Capitano sarebbe non un re ma un viceré… travicello che, conquistato il Sud, potrebbe al più concordare con la confederazione del Nord qualche spazio, in cambio di un controllo social-demagogico che non sembra proprio il mestiere che gli è proprio, specie nel lungo periodo. 

È un fatto evidente che la confusa capacità di leggere e trarre lezione da indizi sempre più chiari e severi è il “retrostante” che guida “questa” autonomia extra-costituzionale verso la disgregazione del sistema Italia. Lo testimonia il crescente nervosismo di governatori abbastanza improbabili per senso della storia e capacità di vaticinare un futuro al loro progetto. Lo spazio loro concesso è fornito dal vuoto della politica e di tanta intellighenzia sia al Nord che al Sud.

Al Sud assistiamo esterrefatti alle reazioni dandy di intellettuali, specie partenopei, benaltristi d’occasione che in questa vicenda non vedono una battaglia ma lamentano semmai quanto sia improprio e petulante pretendere di conoscere e discutere i termini di questioni – volgari – che -via le regole sulla distribuzione delle risorse  – investono diritti e doveri di cittadinanza. Ovviamente il tema è da loro risolto per default chiamando alla sbarra la “classe dirigente” che ormai, ma non se ne sono accorti , è morta e sepolta da queste parti risucchiata dalla patologica propensione estrattiva brillantemente imposta al Sud dai ceti dominanti del Nord.

E le promesse del Capitano dettate da Zaia e Fontana sulle sorti magnifiche e progressive che l’era della “loro” autonomia avvierà, copre la forse inconsapevole ma crescente angoscia del Nord che più vede allontanarsi l’Europa, tanto più preme e chiede trasfusioni al Sud per tenersi in un’illusoria rincorsa che da oltre quindici lo vede inchiodate tra il negativo e una risicatissima crescita.

Dopo cinque secoli, il vicereame del Mezzogiorno tornerebbe tributario non della famelica Spagna, ma di un Nord in patologico declino. La desertificazione umana ed industriale del Sud, non deve infatti far dimenticare la parallela deindustrializzazione di un Nord che si meridionalizza e al quale oggi è sempre più ridicolo lamentare il ruolo di palla al piede delSud come freno a queste locomotive ansimanti.


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