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Ormai nello scrivere di politica, più che fare il quadro della situazione si fa il quadro della confusione. Sembrava che tutto fosse stato sistemato per avviare il dibattito parlamentare sulla legge di bilancio, ma non ci hanno risparmiato l’ennesimo teatrino su un provvedimento che peraltro pareva del tutto sensato.

Pd e M5S avevano proposto una norma per evitare l’evasione dell’Imu sulle seconde case, stabilendo che i nuclei familiari potessero avere la residenza solo in un luogo. Il ministro Gualtieri l’ha bloccata subito. Ci saranno sicuramente delle ragioni tecniche a causa di una formulazione inadeguata della proposta, ma resta il fatto che è l’ennesima immagine di un va e vieni senza capo né coda.

DUE RISULTATI NEGATIVI

Tutto dipende, naturalmente dalla ristrettezza dei tempi: ci sono pochi giorni per concludere l’iter parlamentare e dunque non si riesce a stabilire un filtro tecnico per la valutazione delle proposte della maggioranza.

Peccato che questa situazione risalga a mesi addietro in cui si è continuato nel balletto ispirato alla celebre tela di Penelope: propongo e disfo, disfo e ripropongo.

Il risultato è negativo da un duplice punto di vista. Il primo, ovviamente, per la credibilità di una maggioranza che si è sfilacciata nella ricerca di bandierine segna-territorio che ogni partito vuole piantare e dalla conseguente impossibilità di mostrare una capacità di tenere il timone da parte del governo.

Adesso da quelle parti si punta a dire che non è vero che è un bilancio fatto di tasse, perché anzi si sono evitate, ma l’impressione che si è data discutendo per mesi solo di micro tasse è l’opposto.

Rifugiarsi dietro il blocco dell’aumento dell’Iva è usare un argomento debole: probabilmente qualche aumento mirato su beni particolari poteva liberare qualche risorsa utile per spese più necessarie, senza che questo creasse un peso insopportabile sulle categorie colpite.

Il secondo aspetto negativo è avere ridotto una volta di più il Parlamento a una semplice Camera di ratifica della tenuta o meno della maggioranza di governo. Le lamentele dell’opposizione sulla compressione, anzi, nel caso della seconda lettura del taglio di ogni dialettica parlamentare non sono infondate.

E’ già stato fatto, anche lo scorso anno dalla precedente maggioranza, ma non è un buon motivo per insistere. Anche questo destabilizza il sistema riducendo il significato della rappresentanza a poco più che un diritto ad essere convocati nei talk show.

IL TAGLIANDO

Curioso che questo avvenga mentre si discute di riforma della legge elettorale dove si resiste alla proposta di varare un sistema che metta nelle mani degli elettori la formazione di una maggioranza di governo.

L’accordo che sembra profilarsi su un sistema proporzionale ha un senso se si pensa ad un Parlamento sede di un confronto costruttivo per trovare sintesi che coinvolgano largamente il consenso nazionale.

Immaginarlo solo per produrre un po’ di distribuzione di seggi, fra il resto probabilmente ridotti di numero, fra un certo numero di partiti non è attraente più di tanto: soprattutto perché il loro ruolo principale sembra ridursi a quello di trafficare per fare e disfare le maggioranze di governo.
Il quadro che ci aspetta non è dei più allettanti. Il premier Conte ha dichiarato che a gennaio si farà il tagliando (il termine usato non è questo) e si programmerà il “che fare” fino al 2023. Ottimismo obbligato, ma assai poco credibile, perché non si capisce per quale miracolo l’attuale confusione che domina la maggioranza dovrebbe essere magicamente spazzata via dalla Befana.

Ci permettiamo di osservare che se si andrà avanti con l’ipotesi di una legge elettorale proporzionale con soglie di collegio, il cosiddetto modello spagnolo, immaginarsi un rifiorire di armonia fra i partiti è piuttosto velleitario. Quel tipo di modello, variato fin che si vuole, suppone che si ridisegnino i collegi, cosa fra il resto assolutamente obbligata per il Senato.
Anche chi non è particolarmente esperto della materia capisce che, a seconda di come si definisce la carta geografica di un collegio, si favorisce o si danneggia questo o quello (c’è un nome tecnico per denunciare la manipolazione voluta dei collegi, si chiama gerrymandering).

I CONTRACCOLPI

Mentre si litigherà su questi aspetti, sarà facile trovare la quadra su tante altre questioni aperte? Si fa sempre conto sul desiderio dei parlamentari di evitare lo scioglimento anticipato della legislatura, ma fino a quando basterà per evitare una crisi di governo? Non sono domande retoriche. Per qualche occasione si potrà cavarsela buttando lì qualche fumogeno che confonda la scena. Così sembra si sia orientati a fare per la mozione sul Mes che dovrebbe accontentare i Cinque Stelle promettendo discussioni su punti controversi e al tempo stesso tranquillizzare l’Europa facendo capire che c’è un via libera sostanziale all’accordo sul meccanismo di stabilità.

Non è però una tattica che può reggere a lungo e, soprattutto, dubitiamo che possa contenere i contraccolpi che arriveranno dall’esito delle regionali in Emilia e Calabria. Comunque vadano, verranno lette per trarne indicazioni sul futuro di tutti i partiti e sulla loro spendibilità immediata. Dubitiamo che dopo per il governo Conte sarà facile programmarsi a lunga scadenza.


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