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Luca Zaia e Attilio Fontana

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L’ULTIMO scontro è quello tra Regione Lombardia e governo. Ma è ormai un’abitudine. A provocarlo questa volta è stato il presidente lombardo Attilio Fontana, lo stesso che in diretta Facebook ebbe una certa difficoltà a indossare la mascherina. Un altro che vorrebbe fare sempre di testa sua. E non è l’unico: in Veneto si va casa per casa per fare il tampone, in Emilia-Romagna no ma si disinfettano le biciclette, in Campania si vietano le corsette, in Puglia non si gioca più a briscola.

IL DIETROFRONT DI FONTANA

Ogni governatore dichiara una sorta di calamità personale e pianifica una sua strategia per combattere il virus che sta mettendo in ginocchio il Paese. Con ospedali che scoppiano, personale allo stremo, medici e infermieri che si infettano a vicenda, posti di terapie intensiva vicino al tutto esaurito. La Lombardia, la Regione più produttiva e più ricca d’Italia è il centro della pandemia mondiale che sta sconvolgendo il pianeta, quella in cui si contano più contagiati e vittime. C’è finita per un insieme di cause e concause che si capiranno quando tutto, si spera, sarà risolto. E ora vuole uscirne da sola. Fontana, che nei primi giorni chiedeva, anzi implorava, di lasciare acceso, sia pure al minimo, il motore della piccola e media industria padana, ora tira il freno. È diventato più realista del re. Dietrofront.

LA GIRANDOLA DEI COMITATI BIOETICI

La parola magica è sempre la stessa: autonomia. Il federalismo delle corsette, della libera bici in libero stato, dei parchi aperti o chiusi a seconda dell’umore del governatore o del sindaco. Il federalismo dei comitati di bioetica regionali ai quali spetta l’ultima parola sulla sperimentazione di un farmaco.

In teoria tutti dovrebbero fare capo al coordinamento del Comitato etico (CE) nazionale, l’organo che regola e autorizza l’uso terapeutico di farmaci sottoposti a sperimentazione clinica. Nelle strutture sanitarie pubbliche e negli istituti di ricovero a carattere scientifico (Irccs) è prevista l’istituzione di un comitato etico tenuto a sua volta con le indicazioni della regione. Ma torniamo agli enti locali e a Fontana. Un’ordinanza non si nega a nessuno. E poco importa se questo vuol dire andare incontro al nemico in ordine sparso. Ci si muove nel labirinto del Titolo V.

Per battere il Corona virus bisogna chiudere tutto, ora dice Fontana, leghista come il suo collega veneto Luca Zaia. Entrambi chiedono misure più strette e chiedono di sperimentare l’Avigan, il farmaco antiinfluenzale che in Giappone, secondo un video che ha spopolato sul web, avrebbe risolto il problema guarendo il 90% dei positivi al Codiv-19.

IL VIDEO SUL FARMACO ANTINFLUENZALE

Anche Fontana ha visto il video e si è dato subito da fare. Prima ha inviato una nota formale al ministro dell’Interno Lamorgese, che poco prima aveva sentito al telefono, poi, non contento, ha pensato bene di dichiarare la sua totale indipendenza da Palazzo Chigi: «Ho raccolto il parere dell’ufficio legale e dei giuristi della Regione: la nostra ordinanza che prevede restrizioni maggiori deve prevalere sul Dpcm».

E la lettera al ministro? «L’ho scritta perché in questo momento non si deve creare alcun conflitto». «Da domani (oggi per chi legge, n.d.r.) – ha annunciato il governatore – grazie alle nostre pressioni e all’intervento del nostro assessore alla Sanità Davide Caparini. Non sappiamo se funzionerà ma verrà testato l’Avigan». E le altre regioni? In attesa del via libera dell’Oms il virologo Roberto Burioni ha comunque gelato le aspettative: «Tutti desideriamo che arrivi un farmaco e scacci questa malattia e tutti vorrebbero avere questa buona notizia. Ma la buona notizia arriverà dalle autorità e non dai social». Servono dati concreti, scientifici.

ORDINANZE A RUOTA LIBERA

Ma un’ordinanza, come si diceva, non si nega a nessuno. Anzi. Divieti che si sommano ad altri divieti, altri in conflitto permanente con attività permesse. E sì, perché le regole fissate da un sindaco potrebbero sempre entrare in collisione con il governatore della porta accanto. E quest’ultimo potrebbe a sua volta scavalcare o annullare un provvedimento governativo.

Il sindaco di Bologna Virginio Merola ha sigillato i parchi senza aspettare i decreti vari, ma la sua collega di Riccione Renata Tosi è andata oltre: ha fissato un tetto massimo di uscite alle passeggiate con il cane. Il sindaco di Monopoli Angelo Annese ha dovuto emettere un’ordinanza ancora più specifica e particolare: ha chiuso la piazza principale perché troppi anziani incuranti del pericolo giocavano a scopa e a briscola sulle panchine. I sindaci di Pisa e Viareggio hanno vietato l’accesso alle spiagge, Nardella a Firenze dopo aver chiuso e gettato via le chiavi del parco delle Cascine ha tolto l’acqua alle fontanelle e impedito l’accesso agli orti sociali perché anche la coltivazione dell’insalata e delle zucchine era diventato motivo d’assembramento.

Giro di vite anche nei Comuni di Bari e Foggia. Nel capoluogo pugliese il primo cittadino Antonio Decaro, presidente Anci, ha messo fuori uso i distributori automatici di bibite e merendine: troppo affollamento. E il suo collega foggiano lo ha seguito a ruota. Niente snack, tutti a casa.


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