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Il Parlamento auropeo

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Dal Piano Sud 2030 presentato 40 giorni fa allo scippo dei fondi europei per rimediare agli effetti dell’emergenza Coronavirus? Il rischio che il Mezzogiorno sta correndo in queste ore è altissimo. Benché il Ministro competente in materia Giuseppe Provenzano neghi qualsiasi “scippo” ed anzi annunci investimenti nell’infrastruttura digitale per annullare il divario tra Nord e Sud, la certezza è che il premier Giuseppe Conte debba farsi scomputare dalla Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ben 20 miliardi di cofinanziamento nazionale. Solo così l’Italia potrà spendere velocemente i 49,9 miliardi residui dei programmi Ue 2014-2020.

Come riportato da Il Sole 24 ore, l’Unione Europea potrebbe chiedere di rimodulare la spesa. «Ma non sarà necessario, occorre fronteggiare gli impatti su tutto il territorio nazionale, presentando gli investimenti che sono l’unica leva per ripartire, superata l’emergenza», si è affrettato a precisare sempre Provenzano. La palla, come sempre nei casi in cui si deve decidere l’allocazione delle risorse, sta nelle mani della politica. Se i fondi si chiamo di “coesione”, tali devono rimanere. Se servono a ridurre il gap tra le diverse parti d’Italia, non gli va cambiata la destinazione d’uso.

IL RISCHIO

Che cosa rischia il Sud in concreto? Quali e quanti soldi potrebbe vedersi sottratto per dare una mano alle regioni settentrionali maggiormente colpite dal Covid-19? Dei 74,1 miliardi dei programmi Ue, ben 46,6 miliardi sono destinati al Mezzogiorno, ovvero oltre il 62%. Quindi, come fa notare Andrea Del Monaco su Huffington Post, le maggiori spese che le regioni del Nord affrontano per il Coronavirus devono essere pagate sforando il deficit e non con Fondi europei per il Mezzogiorno. Insomma, nessuno quindi tocchi le risorse destinata alla coesione sociale, allo sviluppo della scuola, alla formazione professionale nonché all’occupazione dei giovani. Una parola in merito dovrà dirla anche il Parlamento, in primis la Commissione Finanze che sotto la presidenza di Carla Ruocco aveva lanciato un’operazione verità sui conti territoriali che questo giornale ha fatto venire alla luce ribaltando vecchi luoghi comuni e pregiudizi.

I NUMERI

I numeri hanno parlato chiaro ed ora la pur sacrosanta mano che va tesa a chi è rimasto senza nulla in tasca non deve avere una vittima indiretta. Si ricordi, per esempio, che secondo la Svimez oggi la spesa annua del Settore Pubblico Allargato pro-capite al netto degli interessi nel Sud è pari a 13.394 euro, nel Centro-Nord è pari a 17.065 euro. «Tale divario nella spesa storica deve essere colmato e non aggravato», aggiunge l’esperto di fondi europei Del Monaco.

I TRE ASSI

La Commissione europea la scorsa settimana ha dato l’ok per utilizzare una parte dei fondi strutturali per la coesione (Fse e Fesr) per l’emergenza Coronavirus. Subito disponibili circa 800 milioni, poi ulteriori risorse potranno derivare dai fondi non ancora impegnati della programmazione 2014-2020. Sanità, lavoro e sostegno alle imprese dei settori più colpiti, a partire dal turismo, saranno i tre assi di intervento. Purché valga per l’intero Paese. Nello specifico i fondi europei saranno spesi per l’acquisto di servizi, strumentazioni e macchinari sanitari ma anche in formazione e utilizzo del personale medico; il secondo asse riguarda il fronte economico, quindi interventi in favore di Pmi, per il capitale circolante e per sostegni diretti ai settori più colpiti; il Fse dovrà servire infine per avviare politiche attive del lavoro, forme di compensazioni salariali per i lavoratori, anche collegate alla riduzione dell’orario di lavoro. Altro che furto a chi ha di meno, qua siamo in guerra e più di prima si deve garantire la piena solidarietà.


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