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La sede della Regione Lombardia

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Se c’è un insegnamento dalle pandemie, è quello di imparare dal passato per non farsi soggiogare nel futuro. «Si impone un’attenta riflessione e analisi per procedere a un’eventuale “manutenzione” del piano pandemico, affinché si faccia tesoro delle criticità insorte»: così recitava il cosiddetto allegato di Valutazione in merito a un’accorta delibera del 22 dicembre 2010 – allora presidente il “Celeste” Roberto Formigoni con assessore alla Sanità Luciano Bresciani. Delibera che la Regione Lombardia preparò per consegnare ai posteri un articolatissimo piano d’emergenza in caso di contagi. Attenzione, si parla di un “piano pandemico” di ben 10 anni fa.

L’OCCASIONE SPRECATA

Era il tempo in cui si stava diffondendo il virus H1N1, la “febbre o influenza suina”. Che si rivelò, alla fine, una malattia assai meno letale del temuto, e che ebbe poi un «modesto quadro clinico e non stressò i servizi sanitari».

La suina non provocò in Italia i morti che fece contare in altre parti del mondo, però, indirettamente, diede modo alla Regione Lombardia di sviluppare un protocollo predittivo: di poter testare cosa avesse funzionato e cosa no, di fronte a un virus sguinzagliato per le strade e non esaminato in laboratorio.
Bene. Quel piano è rimasto – come ricorda il Corriere della sera che confina la notizia solo nelle pagine milanesi – per i dieci anni successivi nel cassetto. Non si capisce se per calcolo o negligenza, ma non fui mai applicato. E quel piano atteneva allo sviluppo di competenze e strategie che oggi sarebbero stati essenziali alla lotta contro il Covid19. Tra le molte inascoltate voci del suddetto piano risultano: la definizione di «accordi-quadro con le residenze per anziani per l’aumento di assistenza medica e infermieristica»; l’accordo con i gestori di telefonia per sms con informazioni urgenti (oggi, traslato, l’accordo si poteva fare sulla tracciabilità attraverso i social); e soprattutto la definizione di «accordi con i medici di medicina generale» per «l’ampliamento dell’assistenza in fase 6» (quella di pandemia dilagata).

In quest’ultimo caso, si indicava come tassativo lo sviluppo dell’assistenza domiciliare, l’implemento del lavoro fondamentale dei medici di base laddove, nell’epidemia del 2010, fu individuata una completa “Assenza di azioni”.

IL PUNTO DOLENTE

L’assistenza a domicilio è il punto più dolente. La rete capillare dei medici generali, i classici medici di famiglia, avrebbe dovuto essere davvero l’elemento fondante per individuare, con le giuste dotazioni, i malati all’inizio, i casi sospetti e gli asintomatici; isolandoli e curandoli prima che vi fosse necessità di ricovero.

Il piano, insomma, prevedeva indicazioni sacrosante mai eseguite fino al 23 marzo scorso, data in cui è stato fornito ai medici di famiglia uno straccio di linea guida attraverso una delibera regionale che li inserisce praticamente nel “sistema”.

Ma forse è già tardi. I medici generali, oggi, fanno quel che possono. Essendo considerati liberi professionisti atipici e non “ospedalieri” non vengono riforniti né di tamponi, né di mascherine (che debbono comprarsi loro), né di guanti. Non possono prescrivere (ma alcuni di loro lo fanno, violando le procedure per il bene del paziente) farmaci come il Plaquenil usato per l’artrite reumatoide ma del quale è acclarata l’efficacia sulla prevenzione della “cascata infiammatoria” a livello polmonare. E se si diagnosticano degli infettati di Coronavirus, be’, devono lasciarli a casa.

LA PANDEMIA DOMESTICA

Ed ecco il motivo per cui, sempre più, in Lombardia si stanno accendendo centinaia e centinaia di “focolai domestici”. È’ infatti questa la nuova fase del virus: la pandemia domestica derivante da una quarantena sbagliata in famiglia di contagiati accertati o di soggetti asintomatici i quali continuano a passano il morbo agli altri componenti del nucleo casalingo. E i più colpiti, in questo caso, sono ovviamente i nonni.

Insomma, se il piano di emergenza dell’“altro Coronavirus” del decennio scorso fosse stato applicato nel decennio successivo, probabilmente i lombardi avrebbero contenuto di più i danni. Danni che oggi sono i seguenti: 458 morti nelle ultime 24 ore (ieri erano 416), per un totale di 6.818. Un bollettino che vorremmo smettere di riportare…


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