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A dargli torto non sono certo i numeri. Anzi. Le ragioni dell’ormai ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti circa le proprie dimissioni sono proprio nei numeri, e non solo in quelli dei mancati stanziamenti della legge di bilancio.

A voler approfondire, i tre miliardi sperati avrebbero rappresentato l’iniziale correzione del pessimo stato in cui versa l’istruzione nel nostro Paese, ma anche il tentativo di superare quella che per mesi abbiamo definito “la vergogna italiana”, fotografata negli ultimi decenni da Onu, Ocse, Istat, Corte dei Conti, il Miur. Precisamente, la vergogna del Sud Italia: scuole pericolanti, dispersione scolastica, sovraffollamento, precari, fuga dei giovani laureati. Quella che – documenti ufficiali alla mano – dà il senso non solo della grave inadeguatezza della scuola italiana, ma soprattutto della gravissima diseguaglianza tra Nord e Sud Italia che quella inadeguatezza alimenta e sostiene. In questo senso, siamo davanti a una manovra “coerente”: 31,55 miliardi complessivi e 735 milioni per il Sud. Piccoli interventi per molti, ma nessun investimento strutturale.

ONU, OCSE, CORTE DEI CONTI

Lo abbiamo sottolineato più volte: il Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia la definisce «una disuguaglianza su base territoriale», ribadendo sull’Italia le «disparità esistenti tra le Regioni relativamente (…) all’istruzione per tutti i minorenni del Paese».

Le Raccomandazioni dell’Onu rivolte al nostro Stato (la cui verifica scatterà il 4 ottobre 2023) riguardano l’allocazione delle risorse, che deve essere riconsiderata nel suo impatto sui singoli territori. La Corte dei conti, a sua volta, ha sottolineato, nel Rapporto 2019 sulla Finanza pubblica, il dato Ocse riguardante la «sensibile contrazione» della percentuale di spesa pubblica dell’Italia riguardo l’istruzione: 3,9% del Pil a fronte del 5% della media Ocse e del 4,6% della media europea.

SICUREZZA DELLE SCUOLE

Cento milioni di euro è quanto prevede la manovra per il 2020 e il 2021 per il finanziamento degli interventi di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione degli edifici. «Un approccio efficiente e partecipato per l’edilizia scolastica» è invece quanto rivendica Fioramonti nel comunicato delle sue dimissioni. Tempo, evidentemente, non ce n’è stato e al Sud le scuole restano a rischio sicurezza, con meno del 50% degli edifici provvisti di collaudo e l’abitabilità e agibilità igienico-sanitaria solo nel 15% dei casi (al Nord il 63% e il 67%).

DISPERSIONE SCOLASTICA

Di un Sud “vietato ai minori” abbiamo riferito anche in merito all’abbandono precoce degli studi e alla povertà educativa, che è sicuramente fortemente correlata con quella economica.

I dati dell’aprile 2019 provengono direttamente dal Miur: nella scuola secondaria di I grado, per una percentuale di abbandono complessivo dello 0,69%, il Mezzogiorno registra una percentuale dello 0,84%, il Nord scende fino allo 0,47%.

SOVRAFFOLLAMENTO E PRECARI

In evidenza su queste pagine, nei mesi scorsi, anche il rapporto tra docenti e studenti. I dati ministeriali fotografavano un Sud dove ogni insegnante segue 10 studenti in più rispetto ai colleghi del Nord, con evidenti ripercussioni sul diritto allo studio. Per i docenti, sul totale nazionale, il 39 per cento % di quelli a tempo indeterminato sono al Nord, mentre il Sud, con il 28,6%, registra molto più precari.

UNIVERSITA’ E RICERCA

Se alcune associazioni di settore arrivano a definirla “la Caporetto della ricerca”, non prevedendo la manovra «alcuna misura a favore di dottorandi, ricercatori o della ricerca in generale», uno dei nostri approfondimenti aveva stimato (dati Svimez) che i giovani laureati fuggiti al Nord negli ultimi 18 anni costano al Sud 2 miliardi l’anno di mancati investimenti pubblici. E se si includono i giovani emigrati all’estero, la perdita sale a 3 miliardi, con una mobilità giovanile tra i 18 e i 34 anni salita ad oltre il 40%.

A conti fatti, insomma, più che le dimissioni – «irritanti», «condivisibili», «inopportune» o «coerenti» che siano – sono le parole dell’ex ministro a dover preoccupare: «Per la scuola non ci sono mai i soldi». Mai. Non solo oggi, non solo dopo l’approvazione dell’ultima legge di bilancio, non solo con questo governo. Mai. Il “mai” cronico del taglio della spesa pubblica e dei mancati investimenti nel Mezzogiorno. E, dunque, dell’Italia divisa in due da una assurda “spesa storica” che, sotto gli occhi di tutti, continua a impoverire il Sud in modo sistematico, finendo per penalizzare un intero Paese già malridotto. “Mai” è una lettura finalmente storica di quello che l’Italia da sempre (non) riserva all’istruzione e quindi alla sua unica possibilità di futuro. Ma è un “mai” che a pagare direttamente è stato fino a oggi soprattutto il Meridione.


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