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La riapertura dei cantieri può essere il primo passo

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Il tema è capire quale è il giusto equilibrio tra ripartenza e sicurezza . Alcuni ricercatori ritengono che non si debba riaprire fin quando vi siano focolai di contagio. O addirittura fin quando non ci sarà un vaccino. Molti politici si sono barricati sulla posizione: «meglio essere molto prudenti come dice la maggior parte dei ricercatori». In realtà in una visione molto egoistica i politici hanno il maggior vantaggio a lasciare chiuso il Paese. Perché potrebbero non pagare in termini elettorali il danno che faranno rispetto alla crisi economica. Potranno sempre addebitarlo all’Europa, che non ci ha aiutato, o alla sfortuna di una epidemia mondiale.

Nel caso contrario invece, se dovesse ripartire un focolaio e ci fossero altri morti o si fosse costretti ad una successiva chiusura, la responsabilità sarebbe attribuita al loro comportamento, in quel caso, facilmente ritenuto superficiale! Purtroppo siamo in presenza di politici che pensano alle prossime elezioni e non di statisti che pensano alle prossime generazioni e quindi il percorso prevalente sarà quello della chiusura! Blindiamoci a casa ad aspettare come dice Eduardo De Filippo che “passi a nuttata”.

La cosa strana è che dietro ad una richiesta forte di riaprire dell’imprenditoria lombardo-veneta-emiliana-romagnola quella dell’imprenditoria meridionale appare meno pressante. Il silenzio di molta parte della realtà meridionale dà la sensazione che non ci si renda conto degli ulteriori danni economici, oltre quelli alla vita umana fatti e potenziali, che potrà fare il virus. Né il Governo centrale ha una strategia graduale di ritorno alla normalità! Sopraffatti dai molti virologi, alcuni che inizialmente hanno preso degli abbagli tremendi, come la Gismondi del Sacco che al 28 febbraio ridimensionava l’allarme sostenendo: «Fra una settimana non parleremo più di coronavirus, ne farò un ciondolo».

La valutazione di Svimez ci dice che ogni mese saranno 10 i miliardi che il Mezzogiorno perderà e 37 il Centro Nord. La strategia del Governo sembra essere quella di aspettare, con un analogo approccio per tutto il Paese, dimenticando che i dati del Mezzogiorno sono completamente diversi rispetto a quelli del Centro Nord. Fosse stato il contrario il Centro Nord avrebbe già aperto tutto, il Sud invece sta a guardare come le stelle di Cronin. È così difficile fare un test campionario rappresentativo per capire in che situazione siamo! L’Istat fa l’indagine continua sulle forze lavoro intervistando 200.000 famiglie sui 20.000.000 di famiglie italiane, con margine di errori risibili.

Perché non si procede? Per avere qualche dato affidabile rispetto a quelli farlocchi che ci propinano ogni giorno sui morti e sui contagi che dipendono molto dal numero di tamponi eseguiti e dalle dichiarazioni di morte che poi vengono smentite dai Comuni, nei quali peraltro la mortalità è aumentata di percentuali inimmaginabili. Ciò per quanto attiene alla dimensione del problema. Per quanto riguarda le azioni, visto che a Genova si riesce a continuare a costruire il ponte in sicurezza, perché non sarebbe possibile far ripartire i lavori pubblici nel Mezzogiorno. Perché non ci si può mettere a lavorare nella messa in sicurezza delle scuole, perlomeno in alcune zone, visto che sono chiuse e non riapriranno, quelle li certamente, prima di settembre. Perché non adottare una politica graduale privilegiando la ripartenza delle donne, che dai dati pare si ammalino di meno ed i giovani, lasciando in sicurezza anziani e pensionati! Perché non fornire aiuti per babysitteraggio, in modo da liberare le mamme e farle andare al lavoro. Che cosa impedisce all’artigiano che lavora da solo o con qualche aiutante di poter continuare l’attività?

Certo tutto questo creerebbe problemi di mobilità e renderebbe più difficili i controlli, ma non sempre è più opportuno quello che è più facile. E infatti gli altri Paesi stanno adottando strategie diverse. Nessuno ha fatto tanti tamponi come la Germania, che attualmente viaggia al ritmo di quasi 400 mila test la settimana e si sta attrezzando per arrivare a 100 mila al giorno. Ma soprattutto, il testing di massa ha consentito di tracciare i contagi e quindi di intervenire subito con terapie e quarantene: «Prima abbiamo una diagnosi, più alte sono le chance di sopravvivenza» sostengono.

Entro fine aprile si verificherà l’immunità dei pazienti guariti. Nessuno pensa di arrogarsi il diritto di individuare quale può essere la strategia più corretta, ma certamente non può essere quella della chiusura all’infinito. Anche l’idea di spostare alcune produzioni al Sud potrebbe essere una soluzione, visto che pare che le polveri sottili siano un elemento di trasporto del virus. Polveri che nel bresciano – lodigiano – bergamasco saliranno non appena si riprenderà la produzione! Questo Paese è grande ed è utilizzato solo in una parte. Per fare questo è necessario un salto di approccio un pensiero orizzontale che mi pare complicato e difficile da adottare ma di cui avremmo bisogno.


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