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Dopo gli “affetti stabili” e il “paziente zero”, il vocabolario della pandemia sdogana un’altra parolina suscettibile di varie interpretazioni: «l’inadempienza probabile». Un granello di sabbia che si è inserito negli ingranaggi del sistema bancario e sta bloccando prestiti e sostegno economico. Tutto ruota intorno alla lettera “g”, una piccola clausola del decreto liquidità pensato per rilanciare i settori i colpiti dal Codiv-19.

L’INTOPPO IN UNA “G”

«Stanno facendo una valutazione sul merito creditizio e questo è un problema. Non vanno a vedere la situazione attuale, ma quella pre-Covid, per cui al Fondo di garanzia arrivano domande da imprese che ora non sono sane, ma che lo erano prima», ha ammesso Laura Aria, direttore generale per gli incentivi alle imprese, la task-force del ministero dello Sviluppo.
E non è l’unico “intoppo” venuto fuori nel corso dell’audizione di ieri mattina. La Commissione bicamerale sul sistema bancario che l’aveva convocata ha chiesto i motivi per cui in quelle terapie intensive che sono diventate le nostre aziende non arriva ossigeno a sufficienza. Dopo 2 mesi di apnea c’è il rischio soffocamento.

«L’inadempienza probabile» è l’ossimoro. Ma ci sono anche altri nodi intricati da sciogliere. Ad esempio, l’assenza di una rete di filiali territoriali del Fondo centrale di garanzia. «Per le attività di minori dimensioni» – ha messo il dito nella piaga la presidente della Commissione, la deputata del Movimento 5 Stelle Carla Ruocco – questo è un problema serio».

LE POSTE ESCLUSE

Al momento non è previsto alcun ampliamento in aggiunta agli sportelli bancari. Qualcuno aveva proposto di utilizzare, oltre alle banche, anche la rete degli sportelli postali. «La legislazione nazionale ed europea al momento non lo consente – ha escluso questa possibilità la dirigente del Mise – La procedura sarebbe comunque molto lunga e noi siamo in emergenza». La Ruocco e gli altri membri della Commissione hanno preso spunto dalle tante segnalazioni ricevute. Ognuna descrive uno stato di calamità personale. Bisogna fare presto. Ne va della sopravvivenza delle imprese travolte dalla pandemia. La medicina salva-vita non è arrivata: il decreto liquidità esclude le imprese fuori dal temporary framework” adottato dalla Commissione europea il 20 marzo.

IL PROBLEMA DEI PROBLEMI

«Ma qual è l’impresa che in questo momento non si trova in difficoltà?», ha chiesto la Ruocco alla dirigente della task-force. «È il problema dei problemi – ha risposto Arìa – nel Fondo di garanzia la distinzione tra chi è in sofferenza non è così netta. La decisione però deve essere politica».
«Da una parte c’è il Fondo di garanzia che ha avuto una reazione immediata. Dall’altra c’è tutto il sistema bancario, che si è dovuto mettere a correre e ancora sta correndo» ha spiegato ancora Laura Arìa, salvo ammettere: « Alcuni istituti caricano più operazioni, altre meno. Ci abbiamo messo tutta la passione al di là del mero impegno burocratico. Stiamo facendo un servizio al Paese in questo momento emergenziale».

Un contatore scorre senza sosta e aggiorna le domande. Il Fondo di garanzia per le Pmi viene monitorato continuamente. È vero che sull’erogazione del finanziamento di 25 mila euro sono arrivate tante segnalazioni – ha ammesso Arìa – un po’ è dipeso dal fatto che la norma, essendo auto-applicativa, ha avuto necessità di implementazione dalle banche che erano meno abituate ai prestiti personali. Credo che quello che vada monitorato sia soprattutto la quota di erogato. Noi oggi sappiamo le domande che arrivano al Fondo, sappiamo che la legge consente alle banche di erogare prima di avere la garanzia pubblica, ma sappiamo l’effettivo erogato soltanto in momento successivo.

I CORRETTIVI

Sarà il Parlamento a introdurre eventuali correttivi. Si pensa ad allungare la durata del prestito da 25 mila euro: dai 6 anni più 2 di ammortamento ora, a 8 più 2 ma prima bisogna sempre notificarlo alla Ue. Possibile anche una rivalutazione della quota di fatturato su cui calcolare il finanziamento che ora è fissata per chi chiede 25 mila euro a 100 mila euro.

Arìa ha confermato che il mondo delle partite Iva è molto variegato. «Alcune sono dormienti, altre movimentano poco». E in ogni caso bisogna dimostrare i ricavi dell’anno precedente. Se sono bassi la richiesta risulta poco appetibile.

Risultato: le domande finora sono molte poche, cosicché la fascia dei 25mila euro finora è molto ristretta. «Probabilmente servono anche altri tipi di interventi ad hoc. Il Fondo è abbastanza generalista, ma non così da incontrare le esigenze di tutto il tessuto molto variegato che ha l’Italia, diversamente da altre nazioni che hanno categorie più piccole».

I numeri diffusi da Mediocredito centrale parlano di 175mila domande di finanziamento. Il Fondo garanzia sta accantonando il 30% di quanto erogato. «Una media – ha spiegato il direttore generale per gli incentivi alle imprese – tra chi potrà restituire il finanziamento e chi non potrà restituirlo». E come per incanto si torna alla casella di partenza.


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