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LE ULTIME operazioni sono state annunciate ieri. Unicredit ha annunciato di aver erogato un prestito di 3 milioni con garanzia Sace alla Osa, una cooperativa che si occupa di servizi sanitari in sei regioni fra cui Puglia, Sardegna Abruzzo e Sicilia. È la terza operazione effettuata dalla banca guidata da Jean Pierre Mustier. Poco dopo è arrivata Banca Intesa:10 milioni a Tesmec, una società che si occupa di distribuzione di energia elettrica. E’ la prima garanzia Sace in Lombardia. I due protocollo si aggiungono alle precedenti diciassette. Importo erogato: 150 milioni su richieste per 18,5 miliardi. Vuol dire che Fca, da sola, vale più di un terzo del totale.

GRANDI DINASTIE

Ma non c’è solamente l’azienda che fa capo alla famiglia Elkann-Agnelli. Altre grandi dinastie si stanno mettendo in fila per fare il pieno di liquidità a basso prezzo. E comunque, se va male, paga lo Stato. La Sace, infatti, offre la prima garanzia. Poi busserà alle casse del ministero del Tesoro per farsi rimborsare. Il gruppo Benetton si prepara a chiedere due miliardi per tutte le sue principali aziende : da Autostrade per l’Italia ad Aeroporti di Roma, da Autogrill alla stessa United Colors. E’ abbastanza chiaro che il virus ha dato una bella mano a sostenere il patrimonio della dinastia di Treviso. Autostrade è in difficoltà dal giorno in cui è caduto il Ponte Morandi. È già tanto se riuscirà a conservare la concessione. La vecchia United Colors, culla della ricchezza della famiglia, è in cronica perdita, tanto che il vecchio Luciano è stato costretto a tornare in sella. L’epidemia ha impattato solo su Autogrill e Aeroporti di Roma.

Il salvagente ci sarà per tutti. Non finisce qui. C’è Costa Crociere, Maire Tecnimont, Api, Alpitour, Magneti Marelli, Kos, Sogefi, Unieuro, La Rinascente, Ovs, Ariston, Safilo. Probabilmente Eataly. Tutti in fila a chiedere soccorso allo Stato per sanare posizioni critiche che in molti casi non nascono adesso. In molti casi il virus non è stata una pandemia, ma una benedizione.

STRATEGIE E COINCIDENZE

Da quello che si vede, infatti, la maxi-garanzia Sace per i grandi gruppi ha due obiettivi principali: dare una mano alle aziende indebitate e salvare il bilancio delle banche da possibili rischi. In molti casi per problemi di vecchia data. A cominciare dalla stessa Fca. C’è una strana coincidenza. Exor, la holding di testa del gruppo, aveva in programma di vendere per circa 9,3 miliardi Partner Re, una società di riassicurazione che aveva comprato un paio d’anni fa per sei miliardi. Sicuramente un grande affare che dimostra l’abilità di John Elkann negli affari. Una durezza che rivaleggia con quella del nonno Gianni. Allo scoppio dell’emergenza virus il gruppo francese che aveva comprato dichiarava l’intenzione di onorare la sua firma. Dopo pochi giorni la retromarcia: contratto stracciato e affare saltato. Immediatamente dopo arriva la notizia del maxi-prestito chiesto a Banca Intesa con garanzia Sace.

LE OPPORTUNITÀ

I problemi dell’auto, però, non sono nati adesso. Il virus lo ha certamente aggravato. Da disgrazia è diventato opportunità. Ma soprattutto ha dato alle banche la possibilità di togliersi il pensiero. I debiti dei clienti non sono più un problema. I cordoni della borsa possono aprirsi a volontà e nel calderone finiscono i debiti di domani ma anche quelli di oggi e di ieri Probabilmente in una situazione analoga si trova l’Api della famiglia Brachetti Peretti. Un mese fa, per la prima volta nella storia, il prezzo del petrolio è diventato negativo. Il venditore, cioè era disposto a pagare il cliente perché ritirasse il barile. Per tutte le aziende del settore oil è stata una disgrazia. Poter contare sul bancomat per avere denaro a volontà e a basso costo è un’occasione irripetibile. Lo stesso, probabilmente, vale per il vulcanico Oscar Farinetti che da tre anni cerca di quotare Eataly senza fortuna.

Gli analisti puntano i piedi e il futuro non è facile per chi si occupa di ristorazione. E gli esempi potrebbero continuare. Per capire basterà qualche numero. Si vedrà subito che per i grandi gruppi con qualche problema di bilancio (e per le banche che li finanziavano) il virus è stata una benedizione.

IL RISPARMIO

Le società industriali italiane per finanziarsi a 10 anni – la previsione iniziale di sei anni saranno estesi a 10 in sede di conversione – pagavano, prima della pandemia, tassi spesso sopra il 5%. I nomi più rischiosi si avvicinavano al 10%. Il costo scende vistosamente se lo Stato garantisce al 70-80% le banche dalle perdite sui mancati rimborsi. Il decreto impone solo uno 0,50% di commissione annua al Tesoro per le garanzie, cui va aggiunto il tasso bancario, per una forbice complessiva stimata da fonti attive sui dal 2 al 3% annuo.

Un bel risparmio che, inevitabilmente vale anche sui finanziamenti precedenti. Certo, la recessione che ha travolto l’Italia rischia di non far tornare all’ovile bancario almeno un 5% dei 200 miliardi del decreto di aprile: e all’Erario toccherebbe il 70-80% della perdita. Ma nel governo si parla di «rischio calcolato», volto a ridurre il più possibile i fallimenti di piccole, medie e grandi aziende nel post Covid-19. Ma non è tutto così semplice.

LE PMI

Per le imprese di dimensioni più contenute che non godono della protezione Sace, l’iter è complesso. Serve l’istruttoria della banca (l’autocertificazione antimafia, l’ultimo bilancio, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata con le esposizioni già in essere e i debiti scaduti da oltre 90 giorni solo per dire delle principali richieste). «Anche se il Fondo di garanzia ha avuto una reazione immediata, alcuni istituti caricano più operazioni, altre meno», ha ammesso Laura Aria, direttore generale per gli incentivi alle imprese del ministero dello Sviluppo davanti alla “Commissione banche”. Al ministero non nascondono la preoccupazione per quello che potrà accadere: «Il rischio che il credito non venga rimborsato potrebbe riguardare un imprenditore su tre».

Per questo il Fondo di garanzia accantona il 30% di quanto erogato e ha chiesto maggiori risorse fino a 3-4 miliardi di euro per soddisfare il flusso di domande arrivate e in arrivo. La metà della garanzia in arrivo per Fca.

Il turismo, grande motore dell’economia meridionale è del tutto dimenticato. Il bonus vacanze da 2,4 miliardi appare come una formidabile presa in giro. Vale pochi spiccioli solo per i redditi fino a quarantamila euro. Purtroppo i guadagni sono quelli dell’anno scorso. La crisi, invece, è molto fresca. C’è da scommettere che in quella fascia di reddito ben pochi avranno voglia e soldi per andare in vacanza.


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