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La sede romana di Valentino

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Ci sono pure i capitali arabi che bussano alla porta dello Stato italiano per ottenere la garanzia della Sace su nuovi prestiti. Secondo le indiscrezioni Mozah bint Nasser al Missned, madre dell’emiro del Qatar, sta trattando con un pool di banche guidate da Intesa per ottenere una linea di credito garantita da 200 milioni per la maison Valentino di cui è proprietaria. Ottenerlo sarebbe sicuramente un bel risparmio perché permetterebbe alla griffe di abbattere il costo sull’attuale debito che ammonta a circa 280 milioni.

Insomma, la strada aperta da Fca si sta dimostrando una autostrada. E non in senso figurato. La famiglia Benetton infatti si prepara a chiedere un sostegno di 1.250 milioni per Autostrade per l’Italia (due miliardi per tutto il gruppo). Una situazione che definire bizzarra è ampiamente riduttivo.

INVERSIONE A “U”

Due anni fa il premier Conte e tutta la vociante squadra grillina volevano praticamente far fallire la società togliendole la concessione governativa. Un sequestro che avrebbe mandato in pezzi il patrimonio della dinastia. Adesso lo stesso presidente Conte e i ministri grillini approvano un decreto per salvare Autostrade garantendo con soldi pubblici i suoi debiti e la sua piena sopravvivenza.

Niente di male per carità, non si scherza con il lavoro delle dodicimila persone occupate nel gruppo. Però un po’ di stupore è consentito. Lo Stato che garantisce i prestiti ad Autostrade e a tutto il gruppo Benetton appare quanto meno contraddittorio. È come se il marito, dopo aver annunciato il divorzio, concedesse una ricca fidejussione alla moglie che lo ha tradito. Sembra quasi una farsa.

Che fine hanno fatto le accuse all’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci in cui si parlava senza mezzi termini di omicidio? E le responsabilità per i 43 morti del Ponte Morandi? Tutto dimenticato. L’indignazione del premier Conte: «Subito via la concessione. Non possiamo aspettare l’inchiesta»? Cancellata. E Grillo che tuonava: «Torni tutto allo Stato»? Parole smarrite. E le polemiche feroci, le parole di fuoco perché la famiglia Benetton a Ferragosto del 2018 avevano fatto il loro tradizionale pranzo a Cortina anziché correre a Genova? Tutto finito. L’indignazione grillina e quella del premier verranno buone per un’altra volta. Tutto quanto è un po’ buffo.

GRANDI AZIENDE IN FILA

E così l’elenco delle aziende che chiede l’accesso al beneficio si fa sempre più lungo. Alla fine sarà difficile che qualcuno rinunci. Secondo i dati diffusi da Sace, in istruttoria presso le banche ci sono 250 operazioni per un valore totale di 18,5 miliardi.

Adesso alle varie Costa Crociere (500 milioni), Alpitour (300 milioni), Api (300 milioni) Autogrill (250 milioni), Magneti Marelli (200 milioni). Unieuro (150 milioni), Ovs (100 milioni) e Eataly (100 milioni), si starebbero per aggiungere in particolare le aziende del settore moda e lusso. C’è Valentino, c’è Benetton con United Colors. Safilo si sarebbe rivolta all’istituto guidato da Jean Pierre Mustier per chiedere 150 milioni. Somma che il gruppo nautico Azimut Benetti è interessato a ottenere dal Banco Bpm.

I DIVIDENDI FCA

Ma a fare da battistrada resta sempre Fca. Due giorni fa parlando all’assemblea di Exor, la holding del gruppo, John Elkann ha detto il gruppo automobilistico ha tagliato il dividendo ordinario da 1,1 milioni previsto per quest’anno. Viceversa quello straordinario da 5,5 miliardi legato alla fusione con Psa non si tocca. «È scolpito sulla pietra».

Difficile smentirlo. La società che prende il prestito è Fca Italia che non distribuisce dividendo da tre anni avendo conti in rosso. Quindi non ha difficoltà a proseguire l’astinenza. Viceversa il maxi dividendo da 5,5 miliardi viene distribuito da Fca Group che è una impresa di diritto olandese con sede fiscale a Londra. Dunque non ha nessun obbligo rispetto alla legge italiana. Viceversa il prestito garantito da 6,3 miliardi erogato dalla italianissima Banca Intesa con la garanzia del governo di Roma serve moltissimo. Senza questa opportunità niente dividendo straordinario. In questo senso le clausole del matrimonio italo-francese sembrano scritte in un’altra era geologica. La previsione di assegnare 5,5 miliardi ai soci era ardita anche allora. Ora è semplicemente impraticabile. Il mercato dell’auto è scomparso di colpo e anche le casse di Exor sono meno ricche di prima. La vendita per nove miliardi della società di riassicurazione Partner Re ai francesi è saltata. Dunque la holding ha qualche difficoltà in più a fare un prestito alla casa automobilistica per pagare il dividendo (compreso 1,4 miliardi di sua spettanza). Il prestito da 6,3 miliardi risolve il problema. C’è la liquidità per rispettare i patti scritti “sulla pietra”.


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