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Tutte le strade portano a Parigi. Ai tempi del coronavirus la debolezza strutturale del Paese emerge con tutta evidenza. Già adesso, in base ad uno studio di Kpmg, c’è uno squilibrio evidente: tra il 2000 e il 2018 sono state 364 le aziende italiane passate sotto il controllo di gruppi transalpini. Il valore complessivo è stato 73 miliardi.

Nello stesso arco di tempo l’Italia ha acquisito 231 imprese d’Oltralpe, per 41 miliardi di euro. Adesso il fenomeno si è accentuato e il traffico, ai tempi del coronavirus, è diventato a senso unico: partenza Milano destinazione Parigi. Uno scambio che non sempre è ispirato al principio di reciprocità: basterà ricordare l’iniziativa di Fincantieri che, dal 2017 aspetta l’autorizzazione ad acquisire i Cantieri Stx di Saint Nazaire. Prima il presidente Macron e poi l’Antitrust Ue sono intervenuti ritardando i tempi dell’acquisizione.

Gli scambi con Parigi sono ancora più intensi di quelli verso Berlino.. Un po’ per la debolezza del sistema finanziario tedesco, a cominciare dalle grandi banche come Commerzbank e Deutsche e un po’ perché ormai una parte non trascurabile del nostro apparato industriale (soprattutto auto e chimica) fa parte della catena del valore che ha origine in Germania. Il legame è quindi d’affari prima ancora che finanziario.

Se il calendario verrà rispettato nel giro dei prossimi dodici mesi anche il controllo di Borsa Spa finirà all’ombra della Tour Eiffel. Si aggiungerà a Fca con il completamento del matrimonio con Psa e, con tutta probabilità con il trasferimento del blocco Generali-Mediobanca nonostante le smentite che arrivano dal Leonardo Del Vecchio. Si tratta di operazioni, è bene dirlo, su cui l’eventuale golden power non avrebbe alcuna possibilità di applicazione. Non a caso le indiscrezioni che arrivano dal governo parlano di semplici riflessioni al riguardo. Molto più avanti di questo sarà difficile andare. Borsa Spa è già di proprietà estera in quanto fa parte del London Stock Exchange. Sarebbe molto difficile opporsi al passaggio di proprietà a Euronext, il grande circuito che unisce alcuni dei principali listini europei.

Ancora più difficile fermare l’operazione di Leonardo Del Vecchio. Il fondatore di Luxottica è cittadino italiano e Delfin è una holding lussemburghese. La sede in un paese Ue e questo rende veramente impervia qualunque ipotesi di un blocco da parte del governo italiano. Il potere di veto può essere esercitato nei confronti di un investitore basato fuori dai confini Ue. Impossibile fermare un’operazione che si svolge all’interno dell’Unione. Aggiungiamo che in quest’affare tutte le strade portano a Parigi. Come dimenticare l’alleanza storica che legava Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca, ad Andrè Meyer, storico patron di Lazard. Negli anni ’90 quando Romano Prodi, presidente dell’Iri cercò di estromettere Cuccia dal consiglio d’amministrazione di Mediobanca dovette fermarsi proprio per l’opposizione della “maison” parigina. Cuccia venne candidato da Lazard restando di fatto alla guida della sua creatura. E come dimenticare il ruolo nell’azionariato di Generali della Euralux la più misteriosa fiduciaria che abbia calcato il parterre di piazza Affari. Era il secondo azionista di Generali dopo la stessa Mediobanca e della sua carta d’identità era noto solo che apparteneva alla galassia Lazard. Nient’altro.

Volendo ancora ripercorrere il cammino dei ricordi non si può dimenticare il ruolo centrale di Antoine Bernheim partner di primo piano della maison francese, per anni vice presidente di Mediobanca e poi presidente di Generali. L’iniziativa di Del Vecchio sembra una sorta di richiamo a queste lontane origini. I sui rapporti con la Francia sono solidi e di antica data. La fusione tra Luxottica ed Essilor è una delle più grandi operazioni mai effettuate a cavallo tra Italia e Francia (25,6 miliardi di valore) . Prima ancora c’era stato il matrimonio nel mattone. Beni Stabili e Foncières des Règiones si sono fuse per formare Covivio. A questo possiamo aggiungere i rapporti molto forti esistenti fra Del Vecchio e Unicredit oggi guidato da Jean Pierre Mustier. Si tratta di un legame di antichissima data. Dai tempi in cui c’era ancora il Credito Italiano e alla guida stava Lucio Rondelli. Del Vecchio, come azionista era stato uno dei grandi elettori di Alessandro Profumo e successivamente ebbe un ruolo di primo piano nel licenziamento del successore Federico Ghizzoni. Ha cominciato la scalata a Mediobanca approfittando anche del fatto che, quasi all’improvviso Mustier ha deciso di cedere la partecipazione di Unicredit in Mediobanca. Non è da escludere che un po’ di quelle azioni siano finite a Del Vecchio che le ha acquistate dal consorzio internazionale incaricato del collocamento.


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