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Carla Ruocco, presidente della Commissione Finanze della Camera

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L’ARRETRATEZZA del Mezzogiorno è il risultato di un lungo portato storico, leggasi La Questione meridionale, l’arcinota inchiesta di Giustino Fortunato, denigrato dai suoi detrattori come “l’apostolo del nulla”. Ma se si guarda agli ultimi dieci anni il ritardo cronico è anche il frutto di un trucco contabile che ha distorto la distribuzione delle risorse. È quanto sta emergendo dall’indagine conoscitiva avviata dalla Commissione finanze della Camera. L’audizione di Adriano Giannola, presidente della Svimez, e di Mariella Volpe, membro della Commissione sviluppo sul federalismo e già direttrice generale dei Conti pubblici territoriali (Cpt), ha disvelato il meccanismo che ha favorito una parte del Paese a discapito di un’altra. La distribuzione in percentuale della spesa pubblica calcolata in base alle erogazioni di un solo operatore pubblico, la Ragioneria generale dello Stato, cancellando con un colpo di spugna tutti gli altri soggetti erogatori di spesa pubblica, con effetti tangibili sul territorio. Un danno che, tradotto in soldoni, vuol dire meno investimenti, meno sviluppo, meno servizi. Mentre il governo tampona ogni giorno una nuova falla che si apre all’interno dell’alleanza giallo-rossa, il lavoro della Commissione finanze, presieduta da Carla Ruocco, esponente del M5S, va avanti. Siamo al 30 per cento delle audizioni programmate ma si potrebbe già fare un bilancio parziale.

Presidente Ruocco, è bastato sollevare il tappeto per trovare la polvere. Possibile che in tutti questi anni nessuno si sia reso conto che il Mezzogiorno stava subendo uno scippo?

«I dati parlano da soli. È stato smascherato il “trucco” che ha creato un buco tecnico e finanziario che ha messo in ginocchio il Mezzogiorno».

E ora?

«Ora bisogna fare chiarezza. Perché è di tutta evidenza che non ci sono le risorse per riparare e rimettere in sesto il Paese».

Il Federalismo, come era stato pensato con la legge 42 del 2009, è un lusso che forse non possiamo permetterci.

«Gettiamo la maschera, c’è un problema tecnico o c’è un problema finanziario? Lo chiedo e vorrei che qualcuno rispondesse Questo assetto, così come è stato concepito, sta prosciugando l’Italia, c’è una emorragia continua».

L’audizione della Corte dei conti ha confermato il quadro di estrema incertezza e il nodo irrisolto della perequazione infrastrutturale. La distribuzione delle risorse in base alla spesa storica non ha garantito equità. Chi ha di più, prende di più, chi non ha niente continua a non prendere niente.

«Torno a dirlo e non mi stancherò di ripeterlo, c’è bisogno di una immediata applicazione di un criterio unico, un criterio nazionale che sia valido in tutte le regioni. È inconcepibile che un bambino costi di più o di meno a seconda del territorio in cui vive».

Il rischio che si torni a parlare di spesa storica non è scongiurato, però.

«Posso dirlo?».

Prego

«Il costo storico è un obbrobrio, non so chi lo ha inventato. Mi piacerebbe saperlo…».

Nelle audizioni si è fatto spesso riferimento al disegno di legge quadro sottoscritto dai governatori delle regioni.

«Mi sembra che il testo proposto dal ministro agli Affari regionali Boccia sia condivisibile, stando attenti, però, che le distorsioni non si ripropongano».

Il ministro per il Mezzogiorno Beppe Provenzano ancora oggi (ieri per chi legge, ndr) ha invitato il ministro Boccia a rendere il processo di definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, più coerenti con il dettato costituzionale. Provenzano chiede di definirli prima di siglare le pre-intese con le regioni che hanno fatto richiesta di autonomia differenziata in base all’articolo 116 terzo comma e non dopo.

«Sono pienamente d’accordo con il ministro Provenzano. I Lep sono imprescindibili, senza non si arriva a nulla».

Se ne parla dal 2001. Farli in 12 mesi, come prevede il Ddl Boccia, non sarà facile.

«Serve una exit strategy. Credo che la strada indicata dalla dottoressa Mariella Volpe sia percorribile: individuare la spesa media di lungo termine per definire i fabbisogni in attesa dei Lep».


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