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«È un disastro, Venezia è stata letteralmente messa in ginocchio. I danni supereranno il miliardo di euro». Così parlò Luca Zaia, il governatore del Veneto, pochi giorni dopo la grande acqua alta del 12 novembre scorso, 187 centimetri sul medio mare, praticamente tutta la città allagata. E il sindaco Luigi Brugnaro confermò: «Ci sono danni per almeno un miliardo. Le case sono state colpite tutte, ovviamente non i piani alti… ci sono situazioni incredibili, danni incredibili…».

LE LAMENTELE

Dovere degli amministratori pubblici segnalare la gravità dei disastri ambientali, ci mancherebbe. Infatti, dopo pochi giorni il premier Giuseppe Conte aveva convocato il Comitatone per prendere provvedimenti e stanziare fondi, sia per riparare i danni che per consentire il completamente del Mose, la grande incompiuta costata quasi 6 miliardi di euro che dovrebbe mettere Venezia al riparo dalle acqua alte. Il governo aveva messo sul tavolo 325 milioni di euro (in Finanziaria), oltre a una ventina di miliardi per i primi interventi. Non c’è da stupirsi che gli effetti della risonanza di un evento catastrofico si propaghino, soprattutto quando questo interferisce con l’attività economica più florida di una città, il turismo. A quei lamenti istituzionali si sono aggiunte, un mese e mezzo dopo, le denunce degli albergatori per il crollo delle presenze turistiche. Vittorio Bonacini, presidente dell’Associazione Veneziana Albergatori, prima di Natale ha convocato una conferenza stampa. Anche perché si annunciava il ritorno dell’acqua alta, il che è puntualmente avvenuto all’antivigilia, con una punta di 144 centimetri sul medio mare raggiunta alle 9.30 del mattino nella centralina di segnalazione alla Punta della Salute, sul lato Canal Grande. È durata mezz’ora prima che cominciasse la discesa. Bonacini aveva detto: «C’è stato un calo di prenotazioni senza precedenti, una flessione che non si è avuta nemmeno in seguito all’attentato alle Torri gemelle. Il picco delle disdette ha raggiunto il 45%, si continuano a cancellare eventi, convegni e altri importanti appuntamenti programmati in città fino alla prossima primavera. Un dato eclatante è quello di Capodanno: se l’anno scorso l’occupazione era al 100 per cento, quest’anno è sotto il 50 per cento».

RISONANZA MEDIATICA

Tutti si lamentano in Veneto, anche se l’alta marea è stata eccezionale, avendo raggiunto il secondo livello-record dagli anni Venti del secolo scorso. La colpa è delle acque? No, delle televisioni o dei giornali, anche se hanno ripreso una situazioni oggettiva, stando ai commenti degli operatori economici. Secondo il Centro Maree del Comune, che vive in uno stato di allerta ormai permanente, dal 12 novembre a oggi l’acqua è salita oltre gli 80 centimetri per 45 volte, con l’effetto di mostrare al mondo piazza San Marco allagata. Per 16 volte si sono registrate acque alte al di sopra dei 110 centimetri e in 10 occasioni oltre i 120. Di queste, tre hanno superato il metro e mezzo. La più drammatica è stata quella di 187 centimetri. Eppure gli albergatori, in evidente crisi di nervi da disdette, hanno commentato: «L’evento straordinario del 12 novembre è durato un’ora e mezza, la marea è scesa e nel giro di poche ore la situazione è tornata nella norma. I cittadini di Venezia, gli imprenditori e i loro collaboratori hanno fatto un lavoro incredibile e per chi visita la città non c’è alcun disagio né pericolo. Ma le televisioni hanno mandato le immagini ovunque». Mentre Venezia andava sott’acqua, il maltempo si abbatteva anche su altre realtà italiane. Ad esempio su Matera. Ma la risonanza mediatica è stata sicuramente maggiore per il capoluogo veneto, come anche l’attenzione governativa. La parola magica per salvare Venezia dall’allagamento è il Mose, il complesso sistema di barriere mobili alle bocche di porto che è in costruzione da 16 anni e che ha già ingoiato più di cinque miliardi di euro, oltre ad essere diventato il tesoro che ha originato una rete di corruzioni e abusi senza precedenti.

IL DIETROFRONT

Proprio alla vigilia di Natale, il commissario straordinario Elisabetta Spitz (nominato dopo il 12 novembre dal governo Conte) e il procuratore interregionale alle opere pubbliche in pectore, Cinzia Zincone, avevano valutato la possibilità di alzare le paratoie del Mose alla bocca di Treporti. Si trattava di una soluzione che a novembre era stata sconsigliata perché l’opera non è ancora completata e i rischi potrebbero essere maggiori dei benefici. Questa volta era pronto l’ordine di alzare le barriere. Ma poi è stato annullato. Una relazione del Consorzio Venezia Nuova ha chiarito che con una sola paratoia si avrebbe avuto un effetto modestissimo, uno-due centimetri al massimo di riduzione dell’allagamento di Venezia. Così, alle 23.45 di lunedì 23 dicembre, quando una squadra di una trentina di tecnici e operai, sotto la direzione dell’ingegner Alberto Scotti, era pronta, è arrivato anche il contrordine. Niente sollevamento delle barriere. La messa in salvo di Venezia è stata per l’ennesima volta rinviata.


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