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IERI la voce del governo ha definito «di emergenza» la situazione economica del Paese, tale da meritare «una cura da cavallo». Ci si sveglia oggi per constatare quanto è noto da sempre ma di cui non è politicamente corretto parlare nei termini appropriati, tali da mettere impietosamente a nudo scomode verità e inquietanti prospettive per il Paese In breve, dal 2000 al 2007 (prima della crisi), la variazione cumulata del prodotto interno lordo è stata del 4,5% nel Sud e del 9,7% nel Centro-Nord. Misera cosa a fronte di quella della Ue-27 pari al 17%. Poi, dal 2008 al 2014, il Sud ha segnato un -13,2% e il Centro-Nord -7,2% una flessione enorme che dal 2015 a oggi non è ancora stata colmata (rimangono ancora circa 10 punti da recuperare al Sud e più di 2 punti al Centro-Nord; la Ue, intanto, segna un saldo positivo di oltre il 7%). Poco consolante è la prospettiva di un -0,3% al Sud e un +0,3% al Centro Nord per il 2019 e a dir poco ottimistiche paiono oggi le stime per il 2020 di un +0.2% al Sud e di un +0,7% al Centro-Nord.

LA DESERTIFICAZIONE

Questi andamenti segnalano o, meglio, dipendono da una serie di fenomenti correlati che hanno fatto parlare di “desertificazione” al Sud e che più in generale determina il rarefarsi delle strutture produttive, incide sull’occupazione, alimenta la precarietà e il degrado delle condizioni occupazionali e salariali dei lavoratori. Del “deserto” italiano si è finora quasi esclusivamente parlato guardando alla parte più debole del Paese. Un aspetto – non casualmente – molto enfatizzato che ha evitato di mettere a fuoco la parimenti, se non più allarmante, deriva che investe da oltre venti anni la “parte forte” centro-settentrionale dalle quali emerge un’ evoluzione tale da rendere insostenibile la morfologia attuale del “Sistema Italia”.

Al momento l’ unica reazione che accompagna questo lunghissimo sonno rimane il rituale lamento della palla al piede del Sud che “frena i forti”, i quali pertanto invocano l’ autonomia rafforzata, il regionalismo a geometria variabile codificato come punto assolutamente prioritario nel “contratto” del defunto governo Giallo-Verde. Quella autonomia di fatto rappresentava la richiesta di quei territori di farsi Stato e, in questa nuova posizione, recuperare le risorse indebitamente sottratte che tarpa loro le ali. Una strada che coltiva pericolose illusioni, la cui fondatezza è stata clamorosamente smentita dalla “Operazione verità” acquisita anche agli atti delle commissioni parlamentari che illustra e quantifica invece l’impropria assegnazione di risorse pubbliche a favore delle locomotive del Nord.

SMOTTAMENTO STRUTTURALE

È pertanto ormai assolutamente necessario considerare nel dettaglio la qualità e l’articolazione del nostro declino che, già evidente nel decennio che precede la crisi del 2007-2008, divene poi dirompente nel decennio successivo. La deriva iniziata nei primi anni ’90 non ha risparmiato nessuna regione ed è macroscopicamente continuata fino al 2017 (ultimo anno disponibile a livello di Unione europea). Lo smottamento strutturale è già evidente prima della crisi finanziaria del 2007, ma per percepirne a fondo il senso e i rischi è bene guardare una volta tanto non alle pessime performance meridionali, bensì a quelle sempre più pallide del Centro-Nord. Guardando alla graduatoria stilata in base al reddito pro-capite regionale rispetto a quello della Ue, emerge già prima della crisi che dal 2000 al 2007 la nostra punta di diamante – la Lombardia – scivola dal 17° al 29° posto e lì la troviamo nel 2010, per retrocedere poi al 42° posto nel 2017; l’Emilia Romagna che passa dal 25° posto del 2000 al 41° posto del 2007, arriva al 54° nel 2017, e similmente il Veneto passa dal 36° al 54° del 2007, e al 70° nel 2017). Il Piemonte sprofonda dal 40° al 60°, per fermarsi al 98° posto nel 2017. Alla caduta libera delle “regioni forti” (che segna quel divario Nord -Ue del quale non è politicamente corretto parlare) corrisponde secondo copione l’ulteriore deterioramento delle regioni meridionali (divario Nord-Sud sempre commentato). A ben vedere la sua patologica dinamica è relativamente più contenuta del divario Centro-Nord – Ue anche per il fatto che le sette sorelle del Sud partono già quasi ultime ai nastri di partenza nel 2000.

NORD MERIDIONALIZZATO

È da sottolineare la novità del cedimento di Marche e Umbria, il cui reddito pro-capite che, fatto 100 quello medio dell’Unione, nel 2017 è sceso rispettivamente a 91% e 83%, con il conseguente aggancio del drappello delle consorelle meridionali, che sono state protagoniste finora esclusive delle politiche di coesione. Ma c’è di più a documentare il progredire verso Nord della “meridionalizzazione”. Infatti dati assoluti e tendenze in atto candidano come prossimi ingressi tra le regioni della coesione anche il Piemonte, il cui reddito pro-capite è sceso a 102% nel 2017 dal 131% del 2000, seguito a ruota dalla Toscana con un 103% del 2017 rispetto al 127% del 2000. Un pari destino in agguato lambisce il Friuli Venezia Giulia, che è rimasto fermo nel 2017 al 105%. Ovviamente alla dinamica di questa graduatoria corrisponde una dinamica simile del livello del reddito procapite regionale come percentuale del valore medio del reddito pro capite dell’ Unione.

IL MITO EVAPORATO

Evapora così il mito di un Nord tra le macroregioni più dinamiche d’Europa, e con esso l’appellativo di “locomotiva” del Paese. Una presa d’atto del fatto che si è sottovalutato, pericolosamente, quanto le economie di Nord e Sud fossero fortemente integrate. Il crollo della domanda interna legato al collasso che la “austerità estrattiva” somministrata all’economia meridionale documentata dall’Operazione verità condiziona infatti in misura evidente il Centro-Nord al quale viene progressivamente a mancare il principale mercato di riferimento. Il pur soddisfacente andamento delle esportazioni non riesce a compensare questo scollamento strutturale commisurato al divario interno e alle pratiche estrattive che lo caratterizzano. Che sia opportuno, anzi urgente far fronte all’emergenza con un “piano Sud per l’ Italia” è evidente e soprattutto urgente.


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