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Il Ministro Erika Stefani

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Qualcuno avvisi Erika Stefani, ministro per gli affari regionali e le autonomie, che è meglio lasciar perdere. L’assalto finale al bilancio pubblico italiano, quello più ardito di tutti, non è andato bene. Perché vuole trasformare in cassa delle Regioni ricche, come Lombardia e Veneto, ciò che appartiene alla comunità nazionale ed è stato per anni indebitamente sottratto alle popolazioni meridionali.

Questo assalto ha avuto l’effetto esattamente contrario per chi lo ha proposto. Non solo non darà quell’autonomia differenziata così palesemente incostituzionale, si vedano le argomentazioni da par suo di Cesare Mirabelli, ma ha finito con l’aprire gli occhi di chi non aveva capito bene come stavano le cose.

Ha messo a nudo le malefatte commesse di anno in anno sempre di più, e sempre di più ingiustificatamente, con l’arroganza di chi ti ruba qualcosa e ti dice che è colpa tua perché sei un incapace o, peggio, un incapace corrotto o, ancora di più, colluso con la criminalità organizzata. Quasi che i bambini di Reggio Calabria o di Casoria o di Altamura, per volontà Nordista, vengano al mondo con l’infamia per cui i loro Comuni di appartenenza non hanno diritto neppure a un euro per fare un asilo nido pubblico o una mensa scolastica e loro debbano, dunque, rinunciare per volontà Superiore ai loro diritti di cittadinanza. Vergogna.

Gentile Erika Stefani, la tabellina con cui ha ritenuto di pubblicizzare i trasferimenti pubblici alle singole Regioni è un esempio di destrezza da gioco delle tre carte di Forcella e dintorni.

Alla Ragioneria generale dello Stato ci sono i migliori tecnici d’Italia e hanno fatto come sempre benissimo il loro dovere. Il problema è lei e la sua ostinata volontà omissiva e occultatrice della verità, perché non può non sapere per la responsabilità che ricopre che una cosa sono le amministrazioni centrali e un’altra il settore pubblico allargato dove le amministrazioni centrali sono affiancate da regioni, province, comuni, comunità montane, soggetti pubblici economici che gestiscono previdenza, ferrovie, strade, e così via.

Qui casca l’asino, perché con il marchingegno inventato in terra veneta, della spesa storica su tutto, da asili nido a scuole, da ospedali ai trasporti, il ricco è sempre più ricco con i soldi dei poveri e il povero, per di più vilipeso, esplora di anno in anno soglie inimmaginabili di miseria. Questo circuito perverso, gentile ministro, volge al termine, ci penseranno i giudici a ristabilire la verità e le regole.

I ricorsi al TAR, al Consiglio di Stato e al Quirinale, dei Comuni espropriati dei loro diritti, sono destinati a crescere di giorno in giorno. Si profila l’effetto valanga e, molto presto, si aprirà il capitolo non irrilevante, ancorché penoso, della restituzione da parte dei ricchi ai poveri non solo per l’anno in corso ma anche per quelli che lo hanno preceduto. Ne vedremo delle belle.

La saggezza del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, dovrebbe essere tenuta in considerazione da lei e dai suoi dante causa politici, i bravissimi governatori di Veneto e Lombardia, Zaia e Fontana; se una persona prudente come Tria arriva a parlare di profili di non completa costituzionalità, sull’autonomia differenziata, vuol dire che le cose stanno messe davvero male. Bisogna tornare a parlare delle due Italie (per colpa di chi?) e dell’Italia unita da ricostruire, altro che pagliacciate tipo autonomia differenziata! Ci consegnano un Paese frammentato e rendono tutti, cittadini del Nord e del Sud, più poveri oltre che in guerra tra di loro. Si prenda atto di come stanno davvero le cose e si ponga fine a queste vergogne.

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