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Di Maio, Conte e Salvini

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La realtà dell’Italia, speriamo che non disturbi, è la seguente.

Primo. Gli investitori internazionali hanno comprato titoli di Stato quinquennali di Atene con tassi più bassi di quelli di pari scadenza italiani (1,78 contro 1,82) per cui alla palma d’oro del Paese con la minore crescita europea aggiungiamo quella del Paese con il peggiore credito reputazionale sul mercato dei capitali; le tensioni sullo spread e le incertezze sulla domanda hanno consigliato al Tesoro di rinviare all’autunno l’asta del BTp Italia (grave).

Tutto è successo perché i superdazi minacciati a sorpresa da Trump al Messico hanno reso nervosi i mercati e li hanno spinti a liberarsi dei titoli rischiosi. Incrociando l’Italia di oggi dei “due governi” giallo e verde l’uno contro l’altro armato. Da giorni il vice-premier leghista, Salvini, parla con tono padronale di flat tax da almeno 30 miliardi e ignora che bisogna recuperarne 11 per il 2018 e 32 per il 2019 di modo che il conto, per un Paese con il terzo debito pubblico al mondo, arriva a 73 miliardi (impossibile!).

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Venerdì scorso, il vicepremier grillino, Luigi Di Maio, è riuscito a trasformare un passaggio burocratico (la lettera di risposta del Tesoro agli ordinarissimi rilievi della Commissione europea) in uno psicodramma collettivo, fuori misura e fuori regola, e ha indebolito la credibilità e il ruolo del nostro negoziatore ufficiale che è il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, (capolavoro!).

Morale: si è rafforzata la convinzione generale che oggi nel mondo i titoli rischiosi sono quelli italiani, per l’inadeguatezza della sua classe di governo, e tutti se ne sono liberati in massa. Per cui, i rendimenti dei decennali tedeschi, francesi, spagnoli, portoghesi, irlandesi e greci sono diminuiti, gli unici a risalire sono quelli italiani grazie al nostro lungimirante vaniloquio.

Secondo. L’Istituto centrale di statistica, ISTAT, che non è una succursale di poteri forti europei o globali, ma organo tecnico dello Stato della Repubblica italiana, ha messo nero su bianco che il prodotto interno lordo italiano viaggia nel 2019 verso un risultato sotto zero, -0,1%, a causa del calo della domanda interna e della debolezza dell’export. Quelli fin qui esposti sono i fatti. Se volete continuare a credere alle balle pericolose da 73 miliardi che sono il frutto di un modo velleitario di fare politica, siete liberi di farlo.

Noi sommessamente facciamo presente a Salvini che Ferrara e Forlì non possono valere il default dell’Italia, questo Paese non è nelle condizioni di sopravvivere a altri giorni di campagna elettorale. A Di Maio ricordiamo che non si può cambiare abito ogni giorno. Se si continua così, c’è un solo epilogo possibile. Il commissariamento dell’Italia e la sua progressiva colonizzazione. Questa volta, a cominciare dal Nord. Noi vorremmo evitarlo.


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