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Luigi Di Maio e Matteo Salvini

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Il Paese sta affondando per colpa vostra, basta giocare con l’Italia, di balla in balla, siamo allegramente arrivati sull’orlo del precipizio. Che non è la procedura d’infrazione della commissione europea, ma la crisi finanziaria italiana.

Cari Salvini e Di Maio, finitela: non ne posso più di sentire le vostre stucchevoli declamazioni, smettetela di vendere sogni; uscite, per favore, dalla campagna elettorale e, se proprio non riuscite a stare zitti, almeno tenete a mente che siete pro tempore gli azionisti di maggioranza del governo di un Paese fondatore dell’Europa.

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La realtà, vi ricordo, è che di vaniloquio in vaniloquio siamo diventati gli ultimi, proprio gli ultimi, nel Vecchio Continente e che, nonostante le due Grandi Crisi globali, finanziaria e sovrana, questo in Italia non era mai successo. Dobbiamo prendere atto che abbiamo la minore crescita europea e la peggiore reputazione sul mercato dei capitali, non solo abbiamo aperto una voragine tra noi e spagnoli e portoghesi (anche questo mai accaduto) ma siamo riusciti a farci superare perfino dalla Grecia.

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Il Paese reale non merita questa umiliazione, io a questo gioco al massacro non ci sto più. Avremmo voluto sentire queste parole – poche, sentite, stringate – dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e magari che aggiungesse che a Palazzo Chigi il pallottoliere si è rotto (non esistono i 73 miliardi che servono per Flat tax, manovra correttiva, disinnescare clausole IVA e così via) e che lui personalmente non farà manovre di spesa allegra in deficit perché fanno il male nostro e dei nostri figli.

Avremmo voluto che dicesse anche che è ora che lo scippo del Nord a spese del Sud attraverso il bilancio pubblico (altro che autonomia differenziata) è destinato a finire. Non ha detto niente di tutto ciò, però, a differenza del Capitano e del capo dei grillini, il professor Conte ha parlato il linguaggio della verità e ha ricordato a tutti il valore dell’interesse nazionale. Ha detto che l’Italia è e vuole restare in Europa e nell’euro. Ha detto e ripetuto che le regole valgono per tutti e che il suo governo intende rispettarle. Ha mostrato consapevolezza della fragilità italiana. Gli rendiamo l’onore delle armi.

Avremmo preferito che lo facesse a brutto muso nelle sue stanze a Palazzo Chigi intimando a entrambi i vicepremier di non raccontare più balle. Perché, anche se fanno finta di non accorgersene, ogni starnuto nel mondo in Italia è una broncopolmonite. Evitiamo almeno che si trasformi in pleurite.


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