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Luca Zaia e Attilio Fontana

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I pifferi di montagna che erano andati per suonare e furono suonati, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana e del Veneto Luca Zaia, si sono messi a cantare come fringuelli all’arrivo della primavera.

“È uno schiaffo violento al nostro popolo. Ora ci devono delle spiegazioni” tuona Fontana. “La pazienza dei veneti ha un limite. Se i Cinque stelle coccolano l’idea di governare bypassando l’autonomia sappiano che è una pura utopia. L’autonomia sta al governo come il reddito di cittadinanza” sibila minaccioso Zaia. 

Chiedono, pretendono, i depositari pro tempore della “banda del buco” del Grande Partito del Nord. Sono pronti a scendere in piazza, ma evitano accuratamente di parlare di fondo di perequazione e, con la consueta destrezza lombardo-veneta, si tengono ben stretta la moneta che ha il cambio della refurtiva incorporato (si chiama Spesa Storica) e vanno ogni anno al bancomat dello Stato che li soddisfa in tutto e per tutto. 

Assumono sempre più gente, buttano soldi qua e là, aumentano la spesa storica e, poi, Pantalone paga in contanti per ogni loro desiderio. Si sono inventati il gioco delle tre carte di Pontida e Varese – fa apparire dei dilettanti i colleghi di Forcella – sfruttando il varco normativo aperto dal trio Bossi, Tremonti, Calderoli con la legge 42 del 2009. In essa è scritto che per trasporti, scuola e sanità tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e, quindi, vanno fissati i livelli essenziali di prestazione (Lep) e i fabbisogni standard, ma siccome ci vuole un po’ di tempo per definirli si adotterà, nel frattempo, il criterio della spesa storica.

Il frattempo è durato dieci anni e continua ancora. Arriva fino agli attuali Fontana e Zaia che non solo hanno buttato nel cestino le due carte – Lep e fabbisogni – che sono imposte dalla Costituzione e perfino dalle regole federali di Calderoli e hanno fatto vincere la carta dei ricchi (lady Spesa Storica), ma a differenza dei Comuni non hanno mai voluto varare neppure un Fondo di perequazione che sanasse le più macroscopiche ingiustizie. I Fontana, i Zaia hanno la pancia piena di una abbuffata di decine e decine di miliardi l’anno (62,3 come spesa lorda) indebitamente sottratti a asili nido, mense scolastiche, pronto soccorso, treni a alta velocità per le donne e gli uomini del Mezzogiorno.

Si sono macchiati, loro come i loro predecessori, del più clamoroso furto di spesa pubblica della storia economica recente della Repubblica italiana per assumere decine di migliaia di dipendenti pubblici in più nella sanità; mantenere in vita e accrescere il poltronificio lombardo-veneto con migliaia di micromunicipalizzate dove sistemare gli amici degli amici; alimentare flussi di spesa assistenziali che, in alcuni casi, hanno anche foraggiato gli affari della criminalità organizzata in combutta con la peggiore politica.

Dovrebbero chiudersi in uno sgabuzzino a meditare. Invece no. Hanno la faccia tosta di pretendere, oltre ogni limite, di avere restituito ciò che loro dovrebbero restituire con gli interessi e la recita di una decina di rosari ogni sera per un paio di mesi se non vogliono perdere la speranza che qualcuno possa pensare di assolverli un giorno dai loro peccati. No, fanno gli offesi, e continuano a barare. Sentite Fontana: “Gli stessi servizi prima assicurati dallo Stato sarebbero assicurati dalle Regioni e se una amministrazione efficiente riesce a risparmiare qualcosa trovo giusto che quelle risorse restino nel territorio”.

Punto primo, caro Governatore Fontana, Lei non ha soldi da trattenere perché riceve indebitamente, con il giochetto delle tre carte che vi siete inventati, molto, molto di più di quello che dà, quando inizieranno i lavori dell’indagine conoscitiva in Parlamento ne vedremo delle belle; ma ancora prima per un governatore di una Regione che si vuole fare Stato, qual è Lei, sarebbe bene che si andasse a rivedere l’atto costitutivo che tiene insieme diritti e doveri tra cittadini e Stato quando è unitario o federale (questo non altri è il caso nostro) e si renderebbe conto che non ha nulla a che vedere con il genetico (?) e generico diritto del mitizzato territorio del Nord. 

Questa è la realtà, questi sono i fatti. Li abbiamo scavati, li abbiamo documentati, abbiamo sfidato tutti i luoghi comuni possibili e immaginabili, siamo andati controcorrente e nessuno ci ha potuto smentire. Siamo comunque arrabbiatissimi perché dopo che abbiamo fatto saltare gli altarini, con i numeri non con le chiacchiere, e abbiamo spianato la strada perché l’operazione verità avviata da noi si completi nella sede più autorevole che è quella parlamentare, chi è che dice di volere andare in piazza? Nessuno. Il Governatore della Lombardia, Attilio Fontana, che non risponde della cassa “rubata”, parla di “offesa” da sanare, parla di “schiaffo violento” al nostro popolo. Per non parlare di Zaia ancora più minaccioso.

Dove è il Sud? Qual è il Governatore che parla per suo conto e che è pronto a sventolare la bandiera della verità? Nessuno, tutti zitti. Ce ne è uno solo che non parla, ma fa, e fa male.

Si chiama Vincenzo De Luca, Governatore della Campania, annuncia un bando di gara per diecimila assunzioni negli enti locali della Campania, perché lui non vuole dare ai campani il reddito di cittadinanza dei cinque stelle ma un posto di lavoro nei Comuni. No, questa è proprio la strada migliore per passare dalla ragione assoluta, totale, indiscutibile e certa, al torto mediatico sommersi dalla solita accusa di volere spesa pubblica per fare assistenzialismo e clientelismo elettorale.

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