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Il presidente Giuseppe Conte a Palazzo Chigi prima della dichiarazione sulla crisi di Governo

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Diciamo le cose come stanno. Il peggiore governo della storia repubblicana recente, nonostante la serietà istituzionale e la dignità dei comportamenti di chi lo presiede che è Giuseppe Conte, precipita sotto il peso delle sue contraddizioni costitutive e la gravità dei danni arrecati a questo Paese con un vaniloquio permanente da campagna elettorale, inazione interrotta solo da scelte di compromesso pasticciate e frutto di una insuperabile litigiosità.

La diarchia populista-sovranista Di Maio-Salvini ha condotto l’Italia alla crescita zero, ha portato la reputazione del Paese al suo minimo storico scavalcando in termini relativi addirittura la situazione del novembre del 2011 con i nostri tassi nettamente superiori a quelli di Spagna e Portogallo (mai successo prima) e in alcuni momenti addirittura competitivi con quelli greci nelle scadenze a breve termine. Si è arrivati all’assurdo di volere trasformare un assegno di sostegno ai poveri in un’occasione di lavoro non facendo bene né l’una né l’altra cosa e bruciando nel calderone del più bieco assistenzialismo, fuori dalla storia e dalla realtà, risorse pubbliche preziose per la spesa sociale e produttiva di cui proprio il Mezzogiorno ha assoluto bisogno alla voce investimenti nell’interesse dell’Italia prima ancora che suo.

Si è fatto credere al Paese di cambiare l’Europa e di avere vinto le elezioni europee quando è l’esatto contrario perché la Lega ha vinto in Italia ma è l’ultima in Europa tenuta a debita distanza da tutti (proprio tutti) come un male contagioso e questo isolamento mette a rischio per la prima volta lo storico patrimonio di credibilità dell’Italia come Paese fondatore e ci condanna senza segni chiari di resipiscenza a una progressiva marginalità.

Se si vuole continuare a governare per bissare l’errore fatale del reddito di cittadinanza non più con l’altro errore fatale di quota 100 per andare in pensione (entrambi i provvedimenti non hanno centrato gli obiettivi) ma addirittura con l’errore atomico di spaccare per sempre il Paese con la bomba dell’autonomia differenziata immolando il futuro dei nostri giovani sull’altare di un egoismo etico, culturale, rozzo nei modi e truffaldino nei comportamenti, allora è di sicuro un bene per tutti che questa esperienza si chiuda al più presto.

È veramente difficile anche solo immaginare che ci sia chi possa fare peggio di loro. Il Paese ha bisogno di abolire le Regioni non di perseverare nell’errore aumentando il saccheggio di Stato del Nord a spese del Sud e di chiudere per sempre la stagione dell’esorbitante privilegio della spesa storica che con una delle sue consuete felici intuizioni Fabrizio Galimberti cita oggi in questo giornale riprendendola dall’esorbitante privilegio del dollaro come moneta di riserva di cui aveva lucidamente parlato Valery Giscard d’Estaing. Questo Paese ha bisogno di un progetto credibile di politica economica che ponga al centro gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno e tutto ciò che favorisce ricerca, innovazione, penetrazione sui mercati esteri, sostegno di mercato a quel che è sopravvissuto di manifattura italiana che deve assolutamente tornare a ragionare in grande unendo le due Italie in casa e recuperando forza e dimensione nazionali per tornare a misurarsi sull’arena globale non solo da contoterzisti o da subfornitori.

Se no succede e continuerà a succedere che la guerra dei dazi di Trump alla Cina e quella commerciale alla Germania la continuiamo a pagare noi, anzi potremmo dire che il primo alleato di Salvini fa pagare ai primi elettori di Salvini, le imprese del Nord Est e del Nord Ovest, il conto più salato senza che i pagatori possano neppure profferire parola. Devono pagare e stare zitti. Devono pagare e basta. Mandino a quel paese gli estrattori di risorse dal bilancio pubblico quali sono i loro Governatori regionali e li esortino a ragionare per una volta da Paese, tuteleranno almeno il mercato interno che nelle regioni meridionali è messo a durissima prova dalla caduta del reddito pro capite dovuto proprio all’esorbitante privilegio della spesa storica e alla miopia di chi lo difende come lo statista di Varese, Attilio Fontana. L’Italia non si può permettere un esercizio provvisorio, né correre dietro a fantomatiche chimere di tagli di tasse sempre più cospicui tutti in deficit, lasciamo che la propaganda torni a essere propaganda e il governo del Paese una cosa seria. Abbiamo fiducia come sempre nell’esperienza e nella integrità del Presidente Mattarella. Siamo certi che saprà fare la scelta giusta. Di lui noi ci fidiamo.


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