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Eccesso di reddito a discapito del servizio. Eccesso di finanziarizzazione, bramosia di cassa e di utili da rendita senza capire che cosa si ha in mano. Mancanza di una visione industriale e di sistema infrastrutturale. Queste sono le colpe capitali di chi ha gestito Autostrade per l’Italia che vengono cronologicamente prima di quelle imperdonabili, se confermate, per coprire ancora le falle nella sicurezza dopo due tragedie, Avellino e Ponte Morandi, che non permettono più di sottovalutare alcunché. La rabbia civile e un sentimento diffuso di vergogna che accompagnano simili comportamenti non hanno bisogno di ulteriori sottolineature.

Qui preme mettere in evidenza che il management scelto dalla famiglia Benetton, Castellucci in prima battuta, rivela le crepe evidenti di un’impostazione troppo finanziaria nella gestione del più antico polmone infrastrutturale del Paese, distrugge in casa il patrimonio di credibilità costruito all’estero. Condanna senza neppure la complicità della famiglia Benetton – spariti volontariamente grazie a una delega totale perché venivano da una storia industriale (maglieria e dintorni) tutta diversa – il nostro capitalismo e il suo management di fiducia a fare i conti con i troppi egoismi e le mille ipocrisie che li rendono inadeguati. Sono spariti anche da tutte le partecipazioni, al Nord come al Sud, che richiedevano continuità di investimenti per monetizzare. Hanno messo in vendita tutto il vendibile, rivelando un’allergia a quella cultura industriale dell’Iri che resta un punto di intelligenza mai più raggiunto in questo Paese. Oggi il capitalismo italiano paga il conto umiliante della visione ragionieristica degli uomini a cui ha affidato la storica arteria di comunicazioni del Paese. Paga questo conto senza neppure essersi mai davvero informato di come veniva gestito questo bene generosamente ricevuto in gestione dallo Stato italiano. Paga il conto degli egoismi peggiori, quelli dei propri sottoposti figli della finanza e non dell’impresa, di cui però si apprezzavano i generosissimi dividendi. Che tristezza!


Succede che si riunisce il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea composto da 25 membri, i sei del comitato esecutivo e i 19 Governatori delle banche centrali nazionali. Succede che a stragrande maggioranza si approva di fare ripartire da novembre l’acquisto di titoli di Stato (nuovo Quantitative Easing) e che le voci di cauto dissenso sono cinque o sei su 25.

Anche le voci di cauto dissenso condividono la necessità che i Paesi del Nord tornino a spendere, e lo facciano alla grande, perché non basta la politica monetaria; il principio generalmente condiviso è che il rischio di deflazione (prezzi e crescita negativi) è reale perché la crisi tedesca è seria, molto seria, e non potrà non toccare ancora di più l’Olanda che vive di servizi assicurativi e di trading sull’import-export di prodotti tedeschi e italiani. Che fanno i Governatori della Bundesbank e della Banca d’Olanda, violando il codice etico? Il giorno dopo protestano, in pubblico, con intervista e inusuale comunicato. L’egoismo dei ricchi fa davvero paura. Sul giovane Governatore tedesco pesano i conflitti di interesse con l’avanzata nazionalista in casa e il calcolo meschino di far vedere che lui protesta contro Draghi che sta salvando anche loro, ma deve apparire come colui che succhia ai risparmiatori tedeschi per proteggere i risparmiatori italiani. Il Governatore olandese vuole continuare a tuonare contro il debito pubblico italiano nascondendo che il suo Paese ha un debito privato da far tremare vene e polsi e, poi, gratta gratta, c’è sempre l’interesse dei ricchi. Come facciamo con le pensioni a tassi così in basso? Come facciamo a portarle in equilibrio? A chi facciamo pagare il conto?


Ho lasciato, per ultimo, il solito egoismo dei ricchi in casa. Sapete chi fa crescere il rosso dei conti della sanità? Sono le Regioni del Nord, Piemonte, Liguria, Toscana in testa, ma tutte fanno il loro. Sapete dove aumenta la spesa per il personale? Sempre al Nord. Basta leggere il rapporto della Corte dei Conti 2019 sul coordinamento della finanza pubblica. Sul Sud, a bolletta fissa, e i suoi cittadini non di serie b ma zeta, stendiamo un velo pietoso. Ultima dal Fondo di Sviluppo e Coesione che, come dice la parola, ha la mission di sostenere il Mezzogiorno. Apprendiamo dal monitoraggio prezioso della Ragioneria generale dello Stato che, a giugno 2019, sono stati prelevati più di 5 miliardi e sono stati destinati a “oneri diversi’. Non solo non si danno le risorse ordinarie dovute ma si sottraggono anche quelle speciali. Come troppo spesso è accaduto con il cofinanziamento dei fondi strutturali. Ovviamente è colpa della classe dirigente del Sud che è incapace di spendere, non è vero ma va bene. Suona giusto e la grancassa televisiva diffonde e inculca il pensiero dominante.

Egoismi pericolosi.


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