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Sono rimasto impressionato dal numero di chilometri che è riuscito a fare nel suo tour elettorale in Umbria Matteo Salvini. Seguendo Piazzapulita su La7 mi sono imbattuto in venti tappe, 961 chilometri, selfie e strette di mano a getto continuo. Ci sono gli animali, i cani tutti chiamati per nome, il gatto, paesino dopo paesino, sempre in mezzo alla gente. Bar, piazze, la torta fatta in casa per lui, il regalo di porcellana, la bottiglia d’olio, il vino rosso, le cipolle, donne e uomini, anziani e giovani. Questo racconto non appartiene alla bestia digitale ma al capo politico che parla al suo popolo, anche in terra rossa. Mi viene in mente una frase di qualche settimana fa a Avellino – nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte ricorda la figura di Fiorentino Sullo – dell’ex Presidente del Senato, Nicola Mancino. Mentre usciamo dal teatro, gli dico: hanno abolito il Mezzogiorno. E luisubito d’istinto: sono spariti i partiti. Come dire: la questione meridionale è morta insieme con la morte dei partiti.

Non ci sono più le case del Popolo del PCI, i circoli della sinistra, le parrocchie militanti e le sezioni scudocrociate della Dc. Dove si dibatteva, si litigava, si giocava a tressette, ma ci si guardava sempre in faccia, si cresceva a pane e politica, si toccava la vita. Salvini e Meloni preservano quella ragione identitaria che appartiene al passato popolare dei partiti e che la sinistra sembra avere smarrito. Hanno ancora i militanti, ci sono il partito e la gente, che va a sentire qualcuno perché vuole sapere che cosa pensa, desideraun contatto umano con il leader. Non essere al governo in questo aiuta, ma il tema richiama l’origine dei partiti moderni. Nel 1886 William Gladstone, leader dei liberali, batte piazza dopo piazza tutta l’Inghilterra, fa i comizi senza microfoni, con gli ombrelli aperti e la pioggia battente.

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