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SPENDETE, spendete, spendete. Fatelo bene e presto. Il debito pubblico italiano non esiste. Il castello di carta della finanza sta cadendo. L’Italia ha oggi un solo dovere assoluto. Smetterla con le liti da galli nel pollaio tra Stato e Regioni e spendere tutto quello che può spendere. Per fare nuovi ospedali da campo, fabbricare, acquistare e requisire nuove attrezzature sanitarie, dai respiratori ai camici. Per garantire un reddito a tutti quelli che sono stati costretti a sospendere le loro attività economiche e non interrompere il sistema dei trasporti vitale per garantire la catena del cibo e delle medicine. Lottiamo sui minuti, occorre fare le cose prima che il flagello si sposti da un territorio all’altro, dal Nord al Sud. Bisogna fermarlo in Lombardia e attrezzarsi per contenerlo nelle regioni meridionali.

Non si può chiudere giustamente in casa un Paese intero per l’emergenza sanitaria e esitare nel dare tutte le risposte economiche che consentono di affrontarla a famiglie e imprese. Oggi non esiste più il Patto di Stabilità (sempre troppo) e di Crescita (sempre poco) europeo. Oggi è chiaro a tutti che l’isteria dei mercati e la gravità assoluta del momento assicureranno all’Italia il pieno sostegno della Banca Centrale Europea: la clamorosa gaffe della Lagarde rende lei un’anatra zoppa e impedisce perfino di pensare di potersi allontanare dalla rotta espansiva scelta provvidenzialmente dal suo predecessore, Mario Draghi.

Oggi non esistono vincoli di sorta. Oggi non si devono chiedere autorizzazioni e nemmeno ipotizzare che ci possa essere qualcuno che ce ne chieda conto. L’orgoglio italiano di questi giorni merita una risposta in misura adeguata dalla spesa pubblica che è, peraltro, la sola arma di cui dispone il Governo di uno Stato in queste condizioni. È chiaro a tutti che questa Terza Grande Crisi Globale da Pandemia Coronavirus di origine cinese è infinitamente più grave di quella dei debiti sovrani del 2011 perché tutto il mondo, non una sola parte, chi prima e chi dopo, è destinato a fermarsi. Proprio per questo il Governo italiano si sottragga anche alle discussioni di principio sui parametri europei – alimentano solo ventate sovraniste che sono invece spazzate via dall’incendio globale dei focolai epidemiologici – e eviti gli errori da eccesso di austerità (2011/2012) che segnarono quella stagione in cui l’Italia riuscì a evitare il default sovrano stile Argentina. Un Paese più ricco di noi che da quella prima crisi è fallito tante altre volte e non si è mai ripreso. Questo è bene ricordarselo.

Oggi dobbiamo fare tesoro di quella lezione e calarla nelle realtà italiana e europea di oggi che sono le nostre anguste finestre sul mondo. In casa subito un decreto da 25 miliardi per l’emergenza sanitaria e l’emergenza economica da essa determinata. Se serve di più, si spenda di più. Senza problemi e senza limiti. Chiaro? Poi un decreto che vari investimenti per il prevedibile utilizzo di 100 miliardi con modalità Genova e che partono appena riapriamo la saracinesca del Paese.

Questione di settimane o di mesi a seconda di quanto sarà pronta e efficace la prima risposta emergenziale. Si utilizzino le banche con la garanzia dello Stato. Lo impegniamo per garanzia non per utilizzo nell’ambito del garantito. Non facciamo saltare il banco, ma salviamo il Paese. Dobbiamo arrivare all’economia reale e, in questo modo, ci arriviamo con una perdita reale per il bilancio pubblico di appena cinque miliardi. A maggior ragione si può. Anzi, si deve fare. Dobbiamo vedercela da soli perché la finestra europea non promette nulla di buono. Si affaccia su un calo di competenze spaventoso. Siamo finiti nel prototipo delle figurine europee con due donne, una debole alla guida della Commissione europea e una arrogante alla guida della Bce, che non sono in grado di affrontare di petto un problema gigantesco e lasciano che gli altri lo affrontino secondo i loro punti di vista. Che vuol dire la morte dell’Europa. Spiace moltissimo, sia chiaro, doverlo constatare. La Lagarde pensa di essere ancora la funzionaria elegante di prima del Fondo Monetario Internazionale o il ministro dell’Economia di Sarkozy, cioè tutto meno che un banchiere centrale e per di più sempre schierata contro l’Italia.

L’altra, la Von der Leyen, ha un passato politico alle spalle di profilo più basso, in compenso ha commesso meno errori, ma il messaggio d’insieme resta sotto tono. Né l’una né l’altra, per motivi diversi, esercitano la funzione politica di dare stabilità al sistema europeo. Per capirci, dove è finita la capacità di visione della classe dirigente europea dei Fondatori? Noi saremo i primi a uscire dal contagio, gli altri ci usciranno uno alla volta senza avere imparato nulla dalla lezione italiana? Usciremo allora dal contagio dello spread uno alla volta? Teniamo bloccato il traffico europeo fino a che l’ultimo non è uscito dalla crisi in modo da allungare i tempi a dismisura e annullare i sacrifici di chi è partito prima? Questa Europa deve cambiare in fretta, ma di sicuro non ci può dire nulla. Noi, per una volta, facciamo il nostro. Alla grande e prima degli altri.

Auguri a Bertolaso che farà di sicuro bene e basta liti su “carta igienica” e dintorni. Ripartiamo dall’orgoglio italiano e dalla forza ritrovata dello Stato. Che hanno un solo, condiviso, obiettivo. Riunire il Paese. Abbiamo venti anni di ritardo. Dobbiamo correre.


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