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NON VOGLIAMO vedere più nessuno dell’Istituto superiore di sanità in televisione. Non perdano nemmeno un secondo a favore di telecamera e impieghino tutto il loro tempo a mettere il sigillo a respiratori, mascherine, camici e a tutto ciò che serve a salvare vite umane. Vogliamo ripetere l’ecatombe di Bergamo e Brescia anche in Puglia o in Calabria? Vogliamo tornare a intasare i pronto soccorso degli ospedali senza posti letto di terapia intensiva? È ammissibile che si spediscano ai medici di base mascherine che non servono a niente e che non si dica nemmeno quando saranno pronte quelle buone? Verranno consegnate il giorno che l’epidemia finirà perché ci sarà anche il vaccino? Tredicimila e passa morti contati malissimo non ci bastano?

Ma davvero possiamo tollerare che si nomini un commissario per l’emergenza sanitaria che passa il tempo a elencare quello che non può fare e a chiarire ciò che non è di sua competenza? Che ne dite dello spettacolo orripilante di venti ras che guidano le Regioni italiane e alzano ogni giorno la voce contro uno Stato impotente perché da almeno venti anni è stato svuotato di risorse e di poteri e non ha, quindi, potuto allevare una squadra di uomini all’altezza dei loro predecessori?

Ma quanta strada crediamo di potere ancora fare con questa storia dei “granducati” regionali che non hanno visto niente, non hanno capito niente, hanno finanziato la rendita sanitaria privata, e alzano voce e sopracciglia perché il ministro dell’interno fa un’ordinanza che autorizza un padre a uscire per una passeggiata a distanza con un figlio piccolo, disabile, ma non si accorgono che nella loro Lombardia il 30/40% della popolazione continua a muoversi indisturbata? Esiste qualche tipo di condanna ancestrale che obbliga il primo ente previdenziale d’Europa, il bilancio pubblico più grande d’Italia escluso il bilancio dello Stato, che si chiama Inps, a andare cialtronescamente in tilt al primo scontatissimo appuntamento di lavoro e, cioè, nel primo giorno in cui partite Iva, professionisti, autonomi possono chiedere l’annunciatissimo bonus? Chi ci ha costretti a dividere la Protezione Civile in tre con quello buono che fa dall’ospedale l’ospedale nuovo a Milano e un consulente aziendale catapultato a fianco di una persona perbene che si trova a fare fronte a un’emergenza senza precedenti e deve anche perdere tempo con l’ultimo arrivato che non sa di che cosa parla?

Noi abbiamo stima del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo abbiamo detto e scritto tante volte, siamo anche convinti che abbia fatto un buon lavoro in casa e in Europa. Gliene diamo atto pubblicamente. A questo punto, però, abbiamo il dovere di avvertirlo che tutti i consiglieri plaudenti che lo circondano lo portano dritto dritto al disastro. Siamo contenti che il gabinetto di guerra lanciato da questo giornale per affrontare tempi di guerra e rimettere in moto la macchina pubblica, trovi proseliti. La Pandemia globale ha dimostrato che il Re è nudo. Non è sopportabile il teatrino di ogni ministero che si fa la sua task forse. Servono uomini di guerra che eroghino i bonus e facciano arrivare la liquidità alle imprese. Quelli che ha intorno, presidente Conte, troveranno sempre qualche cavillo perché anche la garanzia statale alle banche vale e non vale mentre serve un meccanismo di tutela (penale, civile, amministrativa, tombale) tipo Ponte Morandi per cui le banche non sembrino neppure più le banche. Devono diventare un’altra cosa stanotte se no domani strangolano tutto.

Poi Presidente Conte si chiami il ministro del Tesoro Gualtieri e gli dica che non c’è un’occasione migliore per collocare sul mercato una maxi emissione di titoli pubblici trentennali a un tasso favorevole per finanziare un piano di lavoro vero. Nei mesi futuri sarà meno facile strappare queste condizioni, ma da questa provvista straordinaria passa la ricostruzione economica italiana. Avrà bisogno di società di capitale pubblico di mercato e di uomini che sanno che cosa è l’industria, quali sono i primati da difendere, quanto vale l’unificazione infrastrutturale e economica del Paese. Siamo in guerra e abbiamo bisogno di uomini di guerra. In Europa sta facendo molto bene e i risultati in un modo o nell’altro arriveranno, siamo orgogliosi delle posizioni assunte dal nostro premier, ma prima dobbiamo dimostrare al mondo che la macchina italiana funziona e che siamo capaci di mobilitare il nostro risparmio privato sui titoli sovrani della Repubblica italiana.

La Banca Centrale Europea sta comprando alla grande, Banca d’Italia e le principali istituzioni finanziarie faranno la loro parte. Dobbiamo avere fiducia in noi stessi. Non abbiamo tanti amici nel mondo. Quando ci sono le tempeste non è mai troppo bello presentarsi con il cappello in mano. Qui siamo addirittura all’apocalisse.


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