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Rita Dalla Chiesa

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di MARCO CASTORO

Io ho una figlia di 19 anni. Ha portato a casa una buona maturità e quest’anno frequenta l’università con un’ottima media negli esami che ha dato. L’altro giorno mentre stava facendo un cruciverba mi chiede: «Chi sono Bartàli e Coppi?».

Io sgrano gli occhi e le rispondo: Bartàli? Ma che dici! Non conosci Bàrtali e Coppi? Fanno parte della storia d’Italia. Gli italiani si sono divisi per anni sui due campioni di ciclismo. Poi un giorno si sono scambiati la famosa borraccia….

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«La borraccia? – ribatte lei – E che cosa vuol dire?».

Ma a scuola possibile che nessun professore vi abbia mai parlato di Bartali e Coppi.

«No. Dovevano?». Certo. Tu hai detto Bartàli, è come se avessi pronunciato Garìbaldi. Ti rendi conto di cosa hai detto?

«Garibaldi so bene come si pronuncia e chi è. Si studia alle elementari, alle medie e alle superiori».

E la guerra fredda cos’è? L’hai studiata?

«No. Comunque quando la Russia e gli americani…». Fermati prima di arrampicarti sugli specchi: non era la Russia ma l’Unione Sovietica. E sai che cosa sono gli anni di piombo? E Mani pulite?

«Ma che ne so! Chi li ha mai studiati!»

Ebbene questa è la triste realtà. I nostri figli sono molto più emancipati di quanto lo fossimo noi alla loro età, sono scaltri, preparati a tutto, competenti, più tecnologici e multitasking. Tuttavia non sanno nulla della mafia, del terrorismo, della guerra fredda, della Prima Repubblica, di Mani Pulite. Non conoscono queste pagine di storia perché non le studiano sui libri e noi genitori – così come i professori – non ne parliamo con loro. E i programmi che il ministero confeziona si fermano alla Seconda Guerra mondiale, con a limite qualche lettura di approfondimento sul muro di Berlino, se non altro perché ha ridisegnato la geografia dei Paesi dell’Est.

Quest’anno il ricordo delle vittime di mafia ha fatto il suo ingresso nelle tracce dei temi della maturità. Si è parlato anche del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalle cosche. Una svolta per la scuola italiana.

«Direi proprio così – sottolinea Rita Dalla Chiesa, scrittrice, conduttrice Tv e figlia del generale – Un’apertura importante sui programmi scolastici. Bisognerebbe che anche il ministero aiutasse gli insegnanti perché nella scuola italiana manca un pezzo della storia d’Italia».

Mia figlia mi ha detto Bartàli e Coppi… «E mio nipote mi ha chiesto chi fossero Sandra e Raimondo che io nomino spesso. Per me è normale dire Sandra e Raimondo perché fa parte della mia storia. Non dico che i giovani debbano conoscere tutte le persone che abbiamo conosciuto noi, ma almeno dovrebbero avere un tappeto di conoscenze, anche superficiale, ma necessario per il loro cammino».

Ma il ministero non li aiuta. I programmi di storia sono sempre i soliti da decenni e si continuano a studiare sempre gli stessi fatti.

«Vero. Così è più facile per i professori. Loro seguono il percorso già stabilito. È come l’argine di un fiume. Se tu crei un laghetto artificiale dove far entrare i ragazzi, diventa tutto più complicato. È questo che è sbagliato. Mi piacciono quei professori di strada, che come i preti di strada insegnano ai ragazzi la vita».

Sui libri di storia delle superiori non c’è un capitolo sul terrorismo, Mani Pulite, la mafia…

«Il terrorismo non viene raccontato perché non fa comodo. Non si studia che cos’è la mafia, chi era il padrino: i ragazzi non lo sanno. Sono dei limiti fortissimi che hanno gli studenti per colpa della scuola. Dovrebbe essere il ministero dell’Istruzione a dire ai professori di allargare il campo visivo dei ragazzi. Devono cambiare le regole scolastiche. Basta con le guerre puniche. Le stiamo studiando da 50 anni e sappiamo già come sono andate a finire… E i finali delle storie non si possono cambiare. Io vorrei tanto che Giuseppe Verdi cambiasse il finale della Traviata perché piango sempre ogni volta che la vedo. Ho abbracciato la sua statua a Parma chiedendo di non far morire Violetta. Ma niente, continua a morire».

Com’è andata con il tema su suo padre?

«Bene. Ho scoperto che un sacco di figli e nipoti di famiglie che hanno combattuto la mafia hanno scelto il tema su papà, intanto perché sono stati toccati da vicino dalla mafia, e poi al sud ci sono tanti ragazzi che vogliono cambiare la situazione».


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