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Mi chiamo Osvaldo Vetere e sto iniziando a prender gusto ad accettare le sfide propostemi dal Direttore Roberto Napoletano: oggi dirò la mia sul razzismo e sull’immigrazione.

Ho la fortuna di essere cresciuto in una famiglia benestante e ciò mi ha consentito, nonostante la mia giovane età, di viaggiare molto. Ed è proprio viaggiando, conoscendo persone provenienti da altre realtà ed aprendomi a nuove culture che ho superato la paura del “diverso”. Forse ha ragione mia sorella: il razzismo si cura viaggiando.

Se ci fermiamo a riflettere, ci sono una serie di motivi per cui gli italiani, ma soprattutto noi meridionali, non possiamo essere razzisti e contrari all’accoglienza.

Innanzitutto, oggi l’Italia è il punto di approdo per tantissime persone in fuga dalla propria terra d’origine, ma non dimentichiamoci che meno di un secolo fa anche noi eravamo un popolo di emigranti: scappavamo dalla guerra, dalla fame, speravamo di trovare un futuro migliore in America o altrove, proprio come gli immigrati che oggi giungono in Italia. Come possiamo, ora, lasciar annegare queste persone in mare e, una volta arrivati nel nostro paese, provare rancore ed odio nei loro confronti? Molti sostengono che ci rubino il lavoro, ma noi non facevamo forse la stessa cosa? Non continuano a fare la stessa cosa migliaia di ragazzi che fuggono dall’Italia per avere migliori possibilità lavorative?

Penso che accogliere queste persone e provvedere – se necessario – ad operazioni di salvataggio in mare, sia un dovere morale prima che civile. Con questo non penso che l’Italia debba ospitarli tutti: è giusto che gli altri Stati membri dell’UE si facciano carico di una loro quota di immigrati, ma come pensiamo di poter prendere accordi in tal senso se il nostro Ministro degli Interni non partecipa alle riunioni con i suoi colleghi europei per discutere della modifica della Convenzione di Dublino e della distribuzione degli immigrati?

Se tutte queste persone vengono in Italia è per via della posizione strategica occupata dalla nostra penisola nel Mediterraneo: è proprio grazie a tale posizione che nel corso dei secoli vi è stato, in particolar modo al Sud, un incontro e una fusione tra diverse culture e mondi che ha portato la nostra penisola ad essere per molti secoli la culla della civiltà. Più che un problema dovremmo considerala una risorsa. Se non fosse stato per questo continuo flusso di popoli, l’Italia non sarebbe mai diventata una delle nazioni più potenti al mondo e l’impero più grande della storia non sarebbe mai esistito.

Non si tratta, pertanto, di un fenomeno esclusivamente moderno e frutto della globalizzazione, ma è un qualcosa che avviene da sempre. Quando si parla di melting pot si fa generalmente riferimento agli Stati Uniti, ma in realtà, a mio avviso, il primo vero esempio di melting pot è l’Italia meridionale. Greci, arabi, bizantini, spagnoli, normanni e non solo sono passati di qui, influenzando la nostra cultura e assumendo un ruolo determinante per lo sviluppo della nostra attuale identità.

L’Italia- e specialmente il Meridione- ha perciò storicamente avuto una naturale propensione all’apertura verso il nuovo e il diverso: com’è possibile che siamo diventati un popolo di razzisti? Come fanno milioni di italiani ad invocare la chiusura dei porti e urlare slogan quali “Prima gli italiani” o “Aiutiamoli a casa loro”? Non dimentichiamo mai la nostra storia, perché un popolo senza memoria è un popolo senza futuro. E la nostra storia è fatta di apertura, accoglienza, umanità e civiltà. È fatta di emigrazione, di valigie piene di sogni e di speranza.

Non voltiamo mai le spalle a chi ha bisogno di noi, perché- soprattutto per la situazione in cui versa oggi il nostro paese- può darsi che un giorno saremo noi ad avere di nuovo bisogno di aiuto, di una terra che ci accolga e ci dia un lavoro. Se continuiamo a perseguire questa politica dell’odio ci sarà mai qualcuno disposto a venire in nostro soccorso?


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