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Matteo Salvini al Papeete beach

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Volere tutto e subito è cosa poco saggia e spesso controproducente, in quanto la smania di raggiungere il tanto desiderato risultato, insieme alla convinzione che nessuno possa frapporsi fra sé e il proprio obiettivo, spesso porta a commettere degli errori che possono risultare fatali. Lo sapevano bene gli antichi greci, difatti tra i topòs più ricorrenti nella mitologia e letteratura ellenistica riveste un ruolo primario la cosiddetta “Hybris”, nota anche come tracotanza. Cercando il significato del termine nell’enciclopedia Treccani il risultato è il seguente: “La tracotanza nella letteratura classica è la personificazione della prevaricazione dell’uomo contro il volere divino: è l’orgoglio che, derivato dalla propria potenza o fortuna, si manifesta con un atteggiamento di ostinata sopravvalutazione delle proprie forze, e come tale viene punito dagli dei”.

Peccare di hybris comporta quindi come conseguenza la “nemesi”, ovvero la vendetta degli dei. Potrei fare tantissimi esempi, ma mi limiterò a due, uno tratto dalle letteratura e un altro tratto dalla mitologia. Il drammaturgo Eschilo nella tragedia “I Persiani” racconta la disfatta dell’esercito persiano a Salamina ad opera degli ateniesi guidati dal valoroso e astuto Temistocle: la sconfitta della flotta persiana è la giusta punizione per la hybris del re Serse, il quale, oltre a considerarsi un semidio e perciò invincibile, era pervaso dalla smania di ingrandire sempre più il suo impero e di sottomettere l’Ellade. Proprio a causa di ciò gli Dei decisero di punirlo –ecco la nemesi- e così l’esercito persiano, seppur molto più numeroso e attrezzato, fu costretto a soccombere e a mettere una volta per tutte fine alle proprie mire espansionistiche.

Troviamo un altro esempio di hybris nel mito di Icaro: Minosse, re di Creta, dopo aver chiesto all’inventore Dedalo di costruire il labirinto per il Minotauro, per paura che ne svelasse i segreti, rinchiuse lo stesso e suo figlio Icaro al suo interno. Per scappare l’inventore realizzò delle ali utilizzando delle piume e le incollò ai loro corpi con della cera. Nonostante gli avvertimenti del padre che gli raccomandò di non ergersi troppo in alto, Icaro, preso dall’ebbrezza del volo –cosa di per sé impossibile all’uomo- volò sempre più in alto e si avvicinò così tanto al sole che l’eccessivo calore sciolse la cera e ne causò la caduta.

Anche in questo caso il protagonista ha peccato di hybris e pertanto è stato punito. Tornando ai giorni nostri, e nello specifico alla “crisi di ferragosto”, vi è un’altra figura che ha peccato di tracotanza e superbia e la cui evoluzione potrebbe tranquillamente sembrare la trama di una tragedia di eschiliana immaginazione: il leader della Lega, meglio noto come il Capitano, Matteo Salvini. Egli, grazie soprattutto alla propria capacità di ascoltare i cittadini e comprenderne i bisogni, di creare nemici immaginari e fomentare le folle creando un clima di odio, di colpire la “pancia” degli elettori e convertire i loro malumori e la loro sfiducia nella politica in consensi, è riuscito in poco tempo a portare il proprio partito da un misero 4% al 17% delle ultime elezioni politiche del 2018, il che gli ha consentito di sedere al governo insieme ai Cinquestelle e di ottenere un tanto importante quanto strategico ministero, nonché la carica di Vice-premier.

Non entro nel merito delle misure attuate dal governo giallo-verde, ma mi preme fare una considerazione: i primi 14 mesi di governo sono stati caratterizzati da una continua campagna elettorale a spese dello Stato, in cui sono stati molti di più i comizi e le presenze nei vari programmi televisivi che i giorni effettivi di lavoro al Viminale. Proprio grazie a ciò, in aggiunta alle sopraelencate capacità e alla politica antimmigrazione, i consensi sono costantemente aumentati fino ad arrivare allo straordinario quanto imprevedibile -fino ad appena un paio di anni fa- risultato delle europee dello scorso marzo: il 34% degli italiani ha riposto la sua fiducia nella Lega.

Ed è proprio questo risultato che ha radicato in Salvini la convinzione di essere invincibile: non sopportando più i “no” dei suoi alleati e accecato dal proprio ego e dalla propria smania di ottenere tutto e subito ha aperto un’insolita crisi di governo, convinto che in caso di elezioni anticipate avrebbe potuto capitalizzare al meglio tale consenso e ottenere così i tanto agognati “pieni poteri”. Come nella tragedia di Eschilo vi è stata la disfatta della flotta persiana, anche qui la hybris del nostro protagonista è stata punita: salvo clamorosi colpi di scena -in realtà anch’essi tipici della letteratura classica- dopo aver lapidato in appena venti giorni quanto di buono realizzato negli ultimi anni, Salvini nel prossimo governo si troverà ad occupare i banchi dell’opposizione. Il leader leghista ha voluto sfidare tutto e tutti ed è tornato a casa a mani vuote.

Negli ultimi giorni ha provato in qualunque modo a rimediare al proprio errore, arrivando perfino a proporre a Luigi Di Maio la carica di Presidente del Consiglio pur di ricucire lo strappo e tornare al governo, ma la risposta, come prevedibile, non è stata affatto positiva. I Greci lo sapevano bene: mai macchiarsi di hybris, altrimenti la naturale conseguenza sarà la nemesi. Salvini lo ha fatto e i suoi poteri sono improvvisamente svaniti, proprio come le ali fatte di piume e cera che permettevano ad Icaro di volare e fuggire dal labirinto, ma che, a causa della sua voglia di ergersi sempre più un alto, si sono sciolte di fronte all’eccessivo calore dei raggi del sole.

Adesso non gli resta che sperare in un mancato accordo tra il PD ed i Cinquestelle che comporterebbe un ritorno alle urne, in caso contrario per i prossimi anni sarà costretto a rivestire un ruolo marginale nella scena politica del nostro Paese. Nonostante si sia diplomato al Liceo Classico probabilmente il greco non sarà stata la sua materia preferita o quanto meno non avrà prestato molta attenzione alle lezioni della sua insegnante, altrimenti non avrebbe peccato di hybris! L’uomo accecato dal proprio ego e che si sopravvaluta.


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