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La delicata situazione epidemiologica in cui ci troviamo lega lo stato di emergenza sanitaria a questioni di tipo tecnologico. Il Governo ha infatti chiesto l’adozione di misure straordinarie di monitoraggio dello scenario sociale, includendo tra queste anche una app di tracciamento nazionale, i cui dati raccolti saranno utili per identificare eventuali contatti in una più ampia catena di contagio. Il codice sorgente dell’applicazione dovrebbe essere fornito dalla società Bending Spoons, mentre i server che raccoglieranno i dati saranno gestiti da soggetti pubblici (probabilmente da Sogei, la società di Information Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze). “Immuni”, nome che non dovrebbe generare un eccesso di aspettative, è un sistema di cui si è parlato molto, ma con assai poca chiarezza e sottovalutando l’importanza di una corretta informazione in merito. 

Innanzitutto, va precisato che non si parla di uno strumento sanitario o di diagnosi, ma piuttosto di contact tracing a fini epidemiologici; non si tratta di un’attività inedita, ma che ottimizza i tempi delle raccolte dati manuali, che il medico già svolge quando è necessario ricostruire la traccia degli spostamenti di un paziente. Piuttosto che domandare ai pazienti circa i loro recenti contatti, questa attività verrà svolta col supporto dello smartphone, in grado di segnalare che l’applicazione “a” è stata vicina all’applicazione “b”. Non è un requisito necessario conoscere dove questo sia avvenuto, l’applicazione non è un geo-localizzatore, ma funziona tramite tecnologia Bluetooth, che segnala che è avvenuto un contatto tra due identificativi anonimi generati dall’app. Importante ai fini di tutela della privacy è la scelta di utilizzare un protocollo “decentralizzato” per la conservazione dei dati.

Nei modelli “centralizzati”, infatti, i codici identificativi sono generati direttamente da un server centrale e non dal dispositivo. Differenza importante perché significa che dati così ottenuti sono potenzialmente identificabili, rischio a cui è esposto non solo l’individuo singolo, ma pure  il cittadino in quanto campione sensibile appartenente ad una certa società (così che terzi potrebbero fare uso improprio dei dati per ottenere informazioni su una realtà collettiva di utenti).

Con la scelta di un modello decentralizzato, i dati personali saranno invece conservati sui dispositivi che generano il codice e raccolti poi sul server quando necessari ad informare gli utenti che rientrano tra i contatti stretti di altri utilizzatori dell’app accertati positivi. Il modello decentralizzato prevede quindi altresì un server ma – essendo direttamente l’app a notificare alla persona eventuali contatti tramite codici anonimi – il proprietario dello smartphone è l’unico a sapere di avere interagito con un soggetto positivo al Covid-19, senza comunque conoscere la sua identità. Questi dati verranno cancellati – a quanto annunciato – non oltre il 31 dicembre 2020 e l’app è stata presentata come open source (ciascuno potrà visualizzare il codice sorgente) e soprattutto volontaria.

Con queste premesse, non sembrerebbero esserci problemi, ma vanno considerati  attentamente altri aspetti. Uno di questi è di natura più prettamente tecnologica e riguarda il bluetooth. Affinchè l’app possa funzionare, questo deve essere costantemente attivo ed in modalità “discovery”, cioè in ricerca di altri dispositivi. Il problema è non solo relativo all’elevato consumo della batteria – che se sembra trascurabile potrebbe essere determinante nel dissuadere le persone dall’utilizzo di Immuni – ma anche rispetto agli iPhone, giacché gli smartphone Apple non consentono di accedere ai dati della connessione bluetooth. Vi è poi da considerare che, perché possa essere garantita l’efficacia della mappatura, è necessario che vi aderisca una grande fetta degli italiani, ed è dunque fondamentale che si instauri un rapporto di fiducia tra i cittadini e le Istituzioni.

Il tema della privacy è un argomento già di per sé molto delicato e soprattutto in una situazione difficile necessita di garanzie e trasparenza. Il comportamento del Ministero durante la gestione dell’epidemia è stato nel complesso poco soddisfacente su questo piano (basti pensare all’imbarazzante data-breach di cui è stata vittima l’Inps poco tempo fa) mostrando, anche nel caso di Immuni, poca chiarezza e mantenendosi eccessivamente confidenziale sull’argomento. Ad esempio, il fatto che il modello sia decentralizzato non esclude comunque totalmente il rischio che questi dati sanitari possano essere appetibili, ragion per cui ci sarebbe bisogno di chiarire quanto concerne la privacy policy del servizio, soprattutto rispetto alla norma sul riuso dei dati a scopo statistico o di ricerca scientifica (che supera il termine di cancellazione del 31.12.2020). Non può essere consentita vaghezza su temi così delicati.

I problemi che riguardano il digitale aprono dunque a tutta una serie di problematiche di tipo etico, introducendo questioni che si estendono a diversi campi della vita dell’umano, che dovrà fronteggiare sfide non solo a livello di rimodulazione dei tempi ed abitudini di vita, ma pure di tipo morale.

La fiducia richiesta ai cittadini dalle Istituzioni tocca dunque tematiche che rischiano di erodere i fondamenti della democrazia e che richiamano lo Stato ad una fortissima responsabilità rispetto a chi sceglierà, o meno, di affidare al Governo la propria riservatezza.


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