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C’erano una volta l’eroe e l’antieroe. C’erano l’epica, la fiaba, il romanzo. E c’eravamo noi lettori, destinatari impotenti del messaggio che ogni storia porta con sé. 

Poi arrivò la tecnologia. Il telecomando si trasformò in bacchetta magica e alla povera Fata Turchina non rimase che aspettare un comando dall’esterno. È lo spettatore a decidere quale incantesimo farle pronunciare. 

Ogni favola interattiva può così avere vari sviluppi: i bambini di oggi potrebbero far scappare Hansel e Gretel dalla casa di marzapane della strega cattiva, far cadere la penna con cui la Sirenetta vorrebbe firmare il patto con Ursula. 

E senza accorgercene diventeremmo genitori di figli che schivano le emozioni dolorose e che scelgono per autodifesa il lieto fine rinunciando inconsapevolmente all’insegnamento celato nel racconto.

La favola è un archetipo, nata con intento didattico e non ludico: la cicala di Esòpo rimane senza cibo per salvare i lettori dalla brutta esperienza di dover affrontare mal equipaggiati il metaforico inverno della vita.

I produttori delle serie tv interattive sono partiti proprio dai contenuti per l’infanzia per sperimentare questo nuovo prodotto, ma i bambini a differenza degli adulti non hanno ancora sviluppato una maturità tale da comprendere il significato catartico della sofferenza. 

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Per citare il filosofo John Locke, le menti dei più piccoli sono tabula rasa, un foglio bianco che l’esperienza riempie di contenuti. Posti davanti alla possibilità di scelta, in molti proteggerebbero il loro beniamino dalla morte o dalla sofferenza causata dalla perdita, ad esempio, di un genitore, affrontando così il lutto solo quando la vita li costringerà a farlo in prima persona, senza il filtro protettivo dell’esperienza vissuta attraverso un cartone. 

Altri trasformerebbero la morte in un esperimento sadico, svuotandola di significato, convinti di poterla annullare tornando indietro col telecomando. 

In entrambi i casi, si sentirebbero onnipotenti, capaci di risolvere tutto con un click per accorgersi da adulti che la vita, invece, spesso non dà possibilità di scelta. I creatori di queste serie tv costruiscono un percorso complesso di bivi e decisioni alternative, ma è importante tracciare un confine: lasciare nelle mani del piccolo spettatore solo scelte marginali che è psicologicamente in grado di compiere. 

Solo così l’interattività resta stimolante senza essere dannosa. E spetta a ​noi costruire ali solide per far volare le menti di questi piccoli Icaro ancora inconsapevoli di dover stare lontani dal sole.


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